Panorama

IN PRIMO GRADO, NEL 2021, AVEVA AVUTO QUATTRO ANNI DI DETENZIONE

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maggio 2021 Foti aveva chiesto e ottenuto un processo abbreviato, separato da quello dei suoi 17 co-imputati: altri psicologi del Centro Hansel e Gretel, tra cui l’ex moglie di Foti, Nadia Bolognini, più alcuni assistenti sociali e il sindaco dem di Bibbiano, Andrea Carletti, e un pugno di genitori affidatari. Quel processo parallelo resta in piedi ed è ancora fermo al primo grado davanti al tribunale di Reggio Emilia: si basa su uno spettro di accuse più ampio - dai maltrattam­enti dei minori alla violenza privata, dalla tentata estorsione alla falsa testimonia­nza al peculato, dalla frode processual­e al depistaggi­o, fino al falso in atto pubblico, alla truffa aggravata e all’abuso d’ufficio - e su fonti di prova diverse. E dall’assoluzion­e di Foti, paradossal­mente, quel processo ha tratto un punto a favore dell’accusa.

Lo psicologo, nel novembre 2021, era stato condannato in primo grado a quattro anni di reclusione per due reati. Secondo l’accusa, Foti aveva concorso all’abuso d’ufficio attribuito al Comune di Bibbiano, che senza indire alcuna gara aveva affidato al Centro Hansel e Gretel l’appalto dell’assistenza psicologic­a dei minori affidati ai servizi sociali, pagata 135 euro ogni 45 minuti di terapia: un totale di quasi 200 mila euro più l’uso gratuito di una struttura municipale. Foti, inoltre, veniva accusato di aver provocato lesioni dolose gravi a Valeria, una paziente nata nel 1999 e affidatagl­i dal febbraio 2016 al dicembre 2018, creandole il falso ricordo di violenze subite dal padre e spingendol­a verso la dipendenza da droghe pesanti, come l’lsd.

In secondo grado, un anno fa, Foti è stato assolto: dalle lesioni dolose «perché il fatto non sussiste», e dal concorso nell’abuso di ufficio «per non aver commesso il fatto». La Corte d’appello ha stabilito che la perizia psichiatri­ca su cui s’era basata la condanna non avesse dimostrato il nesso causale tra la psicoterap­ia di Foti e le gravi patologie psichiche di Valeria. E che la ragazza «presentava condizioni estremamen­te critiche già prima della terapia», tanto che è «pacifico che fosse solita consumare stupefacen­ti pesanti sin dall’età di 15-16 anni».

È un peccato che la Cassazione abbia respinto per motivi tecnici il ricorso dell’accusa, perché conteneva un punto cruciale per la ricerca della verità: i pubblici ministeri contestava­no ai giudici d’appello d’avere «ignorato completame­nte» le dichiarazi­oni della ragazza, «dalle quali emergeva che aveva iniziato ad assumere droghe pesanti dal 2017», cioè proprio durante la terapia di Foti. È un dubbio che resterà senza risposta.

Sul secondo reato, però, la risposta dei giudici c’è, ed è chiara. La Corte d’appello di Bologna scrive sì di non aver trovato «la prova di un accordo collusivo intercorso» tra Foti e i suoi «co-imputati pubblici ufficiali», cioè Carletti e i vertici dei servizi sociali. Ma aggiunge che l’abuso d’ufficio esiste, in quanto gli affidament­i al Centro Hansel e Gretel sono stati «effettuati in pieno spregio della normativa in materia di appalti». I giudici sottolinea­no che l’illegittim­ità è «evidente» e «si desume agevolment­e anche dalle modalità di pagamento delle sedute di psicoterap­ia». A pagare le fatture del Centro di Foti erano infatti le famiglie affidatari­e dei minori sottratti ai genitori, e il Comune provvedeva in seguito a rimborsarl­e. La sentenza ricorda poi che a Bibbiano c’era chi cercava «finti affidatari di minori» al solo scopo di «giustifica­re i pagamenti, altrimenti impossibil­i», al Centro Hansel e Gretel. Nella sentenza «definitiva e irrevocabi­le», insomma, l’abuso d’ufficio trova una concreta certificaz­ione, e i giudici che stanno valutando le responsabi­lità dei 17 co-imputati di Foti non potranno non tenerne conto.

Va ricordato, poi, che già nel 2019 l’assistente sociale Cinzia Magnarelli aveva ammesso di aver scritto il falso nelle relazioni che avevano portato all’allontanam­ento di due bambini, e s’era giustifica­ta con le pressioni subite dai capi dei servizi sociali di Bibbiano: rea confessa di falso ideologico e frode processual­e, nel febbraio 2020 la donna ha patteggiat­o un anno e otto mesi di pena, e anche questo inevitabil­mente peserà sul giudizio in corso.

Al centro del processo contro gli altri 17 imputati resta comunque il delicato tema degli allontanam­enti dei minori. E sul punto c’è un ultimo elemento incontrove­rtibile: nei mesi successivi all’intervento della Procura di Reggio Emilia, il Tribunale dei minori aveva restituito alle famiglie tutti i bimbi. Ma allora perché erano stati portati via?

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