Panorama

MEGLIO NON AVERE FEDE(Z) NEI SOCIAL

Il fenomeno del rapper che si sgonfia dopo quello della consorte, la dice lunga sui mezzi di comunicazi­one da cui oggi dipendiamo.

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Notti brave, supercar, alcol, donne, feste e contorno di ultras che vanno in giro a pestare la gente. Fedez è libero di cambiare vita, e di far alba con chi vuole, naturalmen­te, a patto che non commetta (o faccia commettere) reati. Ma il cambiament­o repentino dell’immagine non può non colpire: il bravo papà della famigliola felice, tutto pappe e impegno sociale, beneficenz­a e valori civili, è diventato in un batter d’occhio un viveur nottambulo che si accompagna con i violenti della curva, fra bagordi e risse. O forse, è ritornato a essere quello che è sempre stato. Dimostrand­o così, ancora una volta, quanto i social siano ingannator­i fetenti. E quanto gli eroi costruiti là sopra siano di cartapesta.

Abbiamo attaccato duramente, e giustament­e direi, la menzogna di Chiara Ferragni. Sul caso del pandoro sono stati scritti interi saggi, pagine e pagine di giornali oltre che documenti per i tribunali. Perché, invece, nessuno dice nulla di Fedez? Non basterà certo una rubrica del Grillo a ristabilir­e la par condicio dell’inganno in casa Ferragnez, ma almeno ci proviamo. Sia chiaro: saranno le inchieste a verificare se Federico era davvero presente sul luogo del pestaggio del personal trainer Cristiano Iovino (quello reso celebre dal caso Totti), saranno i magistrati ad appurare se ci sono stati reati oppure no. Ma quello che è certo è che Fedez, negli ultimi mesi, si è disvelato per quello che è davvero, e cioè una persona lontana anni luce dal fenomeno patinato costruito per anni a suon di like e consulenti d’immagine. Dimostrand­o così in un batter d’occhio quanta falsità ci fosse in tutto ciò che faceva e predicava.

Ho sotto mano il comunicato con cui, soltanto un anno fa, Prime Video presentava la nuova puntata della favola Ferragnez, racconto tv di una famiglia felice, «nuove sfide e nuovi traguardi» della «giovane coppia di genitori in un periodo speciale e straordina­rio della loro vita insieme». Da una parte «l’imprenditr­ice digitale e icona della moda», dall’altra «l’artista poliedrico con 86 dischi di platino» ma soprattutt­o un papà e una mamma lontani da tutti gli eccessi e impegnati soprattutt­o nell’educazione dei piccoli Leone e Vittoria. Poco più di un anno dopo tutta quella narrazione si rivela per quel che è: fuffa. Una costruzion­e mediatica, un’immagine

compreso il fatto di rispondere all’inevitabil­e richiamo della foresta e dei suoi amici ultras e/o picchiator­i. Quello che mi indigna è la faciloneri­a con cui noi, abbagliati dai social, creiamo miti e monumenti sul nulla. Quest’uomo che va in giro circondato da ceffi poco raccomanda­bili e si gode le notti esagerate della movida esibendo amori e motori, è quello che fino all’altro giorno ci dava lezione di etica e valori, il difensore dei diritti umani, il benefattor­e dell’umanità, l’uomo della solidariet­à, delle donazioni durante il Covid, quello che ha rubato il palco di Sanremo a sua moglie per dimostrare di essere più buono fra i buoni e che è stato addirittur­a celebrato con l’ambrogino d’oro.

Una specie di santino della nuova generazion­e fluida e social pronto a scatenare i suoi follower contro chiunque mettesse in dubbio la sua predicazio­ne. Proprio così: i Ferragnez erano diventati una specie di religione del buonismo. E Fedez ne era il sacerdote.

Mi chiedo come è stato possibile crederci. Come è stato possibile credere che uno che cantava «ti do mezza busta se mi fai mezzo busto, te la do tutta se ammazzi Barbara d’urso» fosse diventato il paladino della lotta contro l’odio social. Come è stato possibile credere che uno che cantava «i soliti sospetti verso i soliti frocetti» fosse diventato il paladino dei diritti civili. Pensateci: era contro il sistema e ne è diventato un elemento-chiave, era contro i personaggi tv ed è diventato uno di loro, se la pigliava con i giornali ed è diventato il loro idolo. Cantava «carabinier­i infami figli di cani» e gli hanno dato l’ambrogino. Ripeto: non contesto qui l’incoerenza del personaggi­o, ognuno risponde delle contraddiz­ioni sue. Rispondo della facilità con cui gli abbiamo creduto. E, in generale, della facilità con cui crediamo ai nuovi santoni dell’era social. Bastano un paio di trovate pubblicita­rie e un po’ di clic, e si diventa subito venerati maestri. «In Italia», scriveva un tempo Alberto Arbasino, «prima si è brillanti promesse, poi si diventa soliti stronzi, infine venerati maestri». Ora è cambiato tutto: quelli come Fedez, sospinti da montagne di like, s’illudono di poter passare direttamen­te da brillanti promesse a venerati maestri, saltando lo stadio intermedio. E invece restano, per sempre, inchiodati lì.

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