Inside the box
Sulla scia delle riedizioni del catalogo marillico pubblicate a partire dal 2017 (MISPLACED CHILDHOOD, CLUTCHING AT STRAWS, AFRAID OF SUNLIGTH e SCRIPT FOR A JESTER’S TEAR), anche FUGAZI conferma il formato “libro” con book attaccato alla confezione e contenuti audio e video distribuiti su tre Cd e un disco Blu-ray. Nei Cd trovano posto ovviamente la nuova versione dell’album remixata (attenzione, non semplicemente rimasterizzata) da Andy Bradfield e Avril Mackintosh, e la registrazione integrale del concerto allo Spectrum di Montreal del 20 giugno 1984, da cui vennero estratti alcuni brani poi pubblicati lo stesso anno sul live REAL TO REEL. Nella parte audio del disco Blu-ray troviamo invece il remix in 5.1 di FUGAZI, le tracce in alta risoluzione sia dell’album che del live, vari demo e bonus (niente di inedito). Non presente il mix originale, che a questo punto deve considerarsi come archiviato definitivamente e rimpiazzato dal mix 2021. Per quanto riguarda invece la parte video, ecco le riprese del live per la tv svizzera del 1984 (50 minuti) e soprattutto il corposo documentario di oltre un’ora sul making of del disco e l’analisi traccia per traccia (altri 35 minuti) da parte dei componenti del gruppo. Peccato che entrambi i filmati siano sprovvisti di sottotitoli. Una nota collezionistica: i precedenti box, acquistabili all’epoca a circa 30 euro, ora ne valgono 150, dato
che sono andati tutti rapidamente esauriti.
FUGAZI venne pubblicato il 12 marzo del 1984, con almeno un mese di ritardo rispetto alla data di uscita prevista. Oltre alla classica edizione in Lp gatefold e in cassetta, venne realizzata anche la versione in vinile picture, ospitata da una custodia di plastica trasparente. Il termine “fugazi” veniva utilizzato dai soldati americani durante la guerra nel Vietnam per definire una situazione o un’operazione militare irrimediabilmente com- promessa. L’album raggiunse la quinta posizione delle classifiche britanniche, mentre i due singoli Punch And Judy e Assassing entrarono nella top 30. La copertina è firmata da Mark Wilkinson, già autore di quella di SCRIPT FOR A JESTER’S TEAR, di cui rappresenta una sorta di prosecuzione: il Jester che si esercitava al violino nel suo sudicio appartamento si è infatti trasformato in una rockstar alla mercé delle sue pulsioni, languidamente adagiata sul letto di una lussuosa camera d’albergo. “Il mio compito”, spiega Wilkinson, “era di illustrare il contrappasso faustiano dovuto al successo”. Sparsi nella stanza, rimandi alle tematiche e ai personaggi contenuti nei brani dell’album – il camaleonte, la scarpa con il tacco a spillo, la veste strappata (She Chameleon), il mostro che esce dalla tv (Incubus), il pezzo mancante del puzzle (Jigsaw), il walkman sparato nelle orecchie (Fugazi) – e alle tematiche future – il trenino giocattolo che introduce il bambino di MISPLACED CHILDHOOD. Sul pavimento della stanza trovano posto anche le copertine di due album di Peter Hammill (FOOL’S MATE e OVER), di cui Fish era un grande fan, insieme a quelle di THE WALL dei Pink Floyd e del 45 giri di Punch And Judy.
LATO A
❱ 1. Assassing – 7’03’’
L’album si apre con le atmosfere medio orientali di Assassing, frutto dei ripetuti ascolti da parte di Fish di una compilation di musica islamica regalatagli da Peter Hammill nel 1983. Per rendere più suggestiva la sezione introduttiva venne coinvolto anche il batterista e percussionista australiano di origini greche Kris Karan (e non Karen come viene spesso erroneamente riportato) alla tabla, mentre Steve Rothery sperimentò con una synth guitar Roland. Il titolo della canzone è di fatto un geniale neologismo coniato da Fish a partire dalla parola inglese “assassin” (assassino), declinata attraverso la forma in “ing” come se fosse un verbo (la versione corretta sarebbe “assassinating”). Il testo prende spunto dalle dinamiche interpersonali che avevano portato alla sostituzione del primo bas
della band, Diz Minnit, e poi del batterista Mick Pointer, evidenziando il potere persuasivo e distruttivo della parola, soprattutto quando viene utilizzata per destabilizzare la credibilità e la reputazione di una persona a sua insaputa. La frase conclusiva, “And what do you call assassins who accuse assassins anyway” è una citazione dal film Apocalypse Now di Francis Ford Coppola, in cui il colonnello Kurtz, interpretato magistralmente da Marlon Brando, commenta in questo modo le accuse che gli vengono mosse dai vertici dell’esercito americano: “And they call me an assassin… but what do you call it when the assassin accuses the assassin?”. Come detto, Assassing venne pubblicata come secondo singolo estratto da FUGAZI il 30 aprile del 1984 in una versione drasticamente ridotta a poco più di tre minuti di durata, con il lato B occupato da un brano inedito, la splendida Cinderella Search. Di Assassing venne anche realizzato un costosissimo e poco riuscito videoclip (a quanto pare il budget investito dalla EMI per la sua realizzazione fu pari a quello utilizzato per registrare l’intero SCRIPT FOR A JESTER’S TEAR) che ovviamente non ha niente a che fare con l’argomento trattato nel testo.
2. Punch And Judy – 3’22’’
Uno dei primi brani a emergere dalle sessioni di scrittura successive al tour di SCRIPT… e forse anche per questo pubblicata come singolo un mese e mezzo prima dell’uscita del nuovo album, completato dalle già citate nuove versioni di Market Square Heroes e Three Boats Down From The Candy come b-sides. Il testo, molto diretto, racconta il declino coniugale di una coppia visto dalla prospettiva maschile, spiegando come sono cambiate le cose con il passare del tempo e gli eventi che hanno contribuito a trasformare l’idillio iniziale in un vero e proprio inferno. La storia termina con l’eliminazione della moglie da parte del marito attraverso un overdose di pillole antidepressive. Ovviamente Punch (diminutivo di Punchinello) e Judy sono i due celebri personaggi del teatro di burattini inglese, mutuati dalle maschere di Pulsista
cinella e di sua moglie presenti nella Commedia dell’arte: non a caso la copertina del 45 giri, sempre a opera di Mark Wilkinson, ritrae il Jester seduto sul palco di un teatrino di burattini a forma di schermo televisivo, nell’atto di dare un pugno (to punch) con un guantone da box alla marionetta che raffigura Judy.
Punch And Judy è l’unico brano di FUGAZI in cui tra gli autori figura anche Jonathan Mover, il che è abparbastanza singolare dato che Fish si è sempre lamentato di come le titure di batteria concepite da Jonathan fossero eccessivamente complesse e molto distanti dall’atmosfera rock’n’roll che aveva in mente per quella traccia.
3. Jigsaw – 6’51’’
Una ballata dal testo lunghissimo e dal ritornello struggente, guidata dall’arpeggio di tastiera di Mark Kelly, ancora una volta dedicata all’analisi spietata delle dinamiche di coppia. “La canzone parla di quelle relazioni che si interrompono e ricominciano in continuazione. E ogni volta che ricominciano peggio, perché è come un puzzle (jigsaw) che continua a perdere pezzi, che non è più possibile recuperare” (Fish). Nei concerti del tour di FUGAZI, durante questo brano il cantante sul palco utilizza una gigantesca tessera di un rompicapo come elemento scenico, giocando con la sua superficie riflettente e con le luci di scena. Molto bello il lungo assolo di chitarra di Steve Rothery (quasi un minuto di durata), accompagnato con forza ed eleganza dalla batteria di Mosley, per quello che diventerà un vero e proprio marchio di fabbrica del gruppo negli album a venire.
4. Emerald Lies – 5’12’’
Il lato A si conclude con le prime avvisaglie del processo di dilatazione della forma canzone che caratterizzerà la seconda facciata del disco. Emerald Lies è una composizione che si apre con una figurazione ritmica molto originale da parte di Mosley, prima di lasciare il posto al monologo di Fish e Rothery che ricorda nelle atmosfere quello di Hammill in (On Tuesday She Used To Do) Yoga da OVER del 1977. L’alternanza tra le due parti prosegue fino all’esplosione centrale e alla maestosa e un po’ pomposa coda finale. Dal punto di vista testuale il tema affrontato è quello della gelosia e dell’impatto distruttivo delle bugie all’interno di una relazione. Per riprodurre il rumore di vetri rotti che si sente al minuto 3’23’’, i ragazzi delè
«FUGAZI NON AVEVA LA STESSA CONSISTENZA DI SCRIPT FOR A JESTER’S TEAR, NÉ DAL PUNTO DI VISTA TESTUALE NÉ DA QUELLO MUSICALE» (Steve Rothery)
la band trascorsero un intero pomeriggio a fracassare e registrare qualsiasi oggetto di vetro avessero a disposizione in studio, fino a che non furono soddisfatti del risultato.
LATO B 1. She Chameleon – 6’55’’
Alla disperata ricerca di materiale per completare l’album, la band decide di recuperare una vecchia idea di canzone e rielaborarla, adottando in fase di arrangiamento alcune soluzioni poco ortodosse: è il caso ad esempio dell’organo iniziale, la cui timbrica viene suggerita a Mark Kelly dal produttore Nick Tauber, che conferisce al brano una strana atmosfera mistica e sepolcrale. Il testo di Fish è ispirato a una storia vissuta in prima persona nel backstage del Friars di Aylesbury: “Ero in compagnia di Julian Cope ed eravamo tutti e due in acido nel camerino. Mentre parlavamo, lui firmava autografi. Ogni tanto entrava una ragazza, gli si sedeva addosso e iniziavano a pomiciare. Poi quando avevano finito riprendeva a parlare con me come se niente fosse”. Azioni vuote riconducibili al noto fenomeno delle groupies nella musica rock, una dinamica ormai consolidata che però spinge il cantante dei Marillion a una riflessione: in realtà, chi sta usando chi? È proprio in quell’occasione che Fish elabora la frase chiave del testo: “Was it just a fuck / Just another fuck, I said?”.
2. Incubus – 8’32’’
La traccia più lunga dell’album e uno dei brani preferiti dai componenti della band, nonché il preferito in assoluto da parte di Fish tra quelli incisi durante la sua militanza con i Marillion. Incubus è una minisuite che unisce cinque sezioni musicali differenti per raccontare una storia “da incubo” dal punto di vista del carnefice. Il cantante durante il tour di FUGAZI introduce il brano definendolo “la canzone delle Polaroid pornografiche”, spiegando quanto potesse essere pericolosa quella innovativa macchina fotografica in grado di sviluppare in maniera istantanea le fotografie scattate in contesti privati, come ad esempio la camera da letto. La storia narrata nel testo prende il via da dove si era conclusa quella raccontata in The Web nel disco precedente: la fine di una relazione e la depressione che colpisce il protagonista. Quando tutto sembra ormai archiviato, ecco spuntare fuori dal cassetto le Polaroid incriminate e montare la voglia di rivalsa: l’uomo è stato brutalmente scaricato dalla compagna e si ritrova inaspettatamente tra
FUGAZI: INSIDE THE BOX
le mani uno strumento di vendetta, in classico stile “revenge porn”. Splendida in particolare la sezione centrale del brano, in cui Fish racconta l’umiliazione e la sofferenza del protagonista accompagnato dal pianoforte di Kelly, prima di lasciare spazio allo struggente assolo di chitarra di Rothery su un inesorabile tempo in 6/4. L’inizio del pezzo, come era già accaduto con Assassing, adotta una figurazione ritmica particolare, mutuata dagli ascolti di musica islamica a cui si era dedicato il cantante in quel periodo.
3. Fugazi – 8’02’’
Paradossalmente, la title-track è l’ultimo brano a emergere dalle session ai Manor Studios. Il titolo, come già anticipato, era stato suggerito a Fish dalla lettura del libro del giornalista americano Michael Herr Dispatches (1977), dedicato al periodo trascorso come corrispondente dal Vietnam durante la guerra con gli Stati Uniti. Il cantante racconta la decadenza e l’abbrutimento suo personale e della gente intorno a lui, che osserva muoversi come topi lungo le linee della metropolitana mentre si spara nelle orecchie la musica attraverso il walkman, con l’obiettivo di evitare qualsiasi possibilità di contatto o comunicazione interpersonale. La situazione non può che condurre a una riflessione dai toni perentori: “Do you realise? Do you realise? Do you realise, this world is totally fugazi”. In un mondo ormai privo di “profeti, visionari e poeti”, la “mercificazione dei sentimenti” la fa da padrone, conducendoci inesorabilmente verso l’oblio. Come per Incubus, musicalmente la traccia si compone di frammenti differenti elaborati singolarmente e poi “incollati” tra loro dalla band, seguendo uno schema compositivo che Rothery, Kelly, Mosley e Trewavas continueranno ad applicare fino agli album più recenti: questa modalità “patchwork” sarà uno dei fattori che porteranno alla rottura tra Fish e il resto del gruppo alla fine degli anni Ottanta (nel documentario contenuto all’interno della nuova edizione di FUGAZI, l’artista scozzese racconta come in sala prove ci fosse sempre una grande lavagna su cui i musicisti elencavano i vari spezzoni identificandoli con titoli provvisori che facevano riferimento al loro stile musicale, per poi provare in qualche modo a collegarli tra loro e a costruire una canzone completa). L’ispirazione per la parte “pulsante” da 4’20’’ venne al gruppo guardando il film erotic horror del 1982 Cat People – in Italia uscito con il titolo Il bacio della pantera – per il quale Giorgio Moroder aveva realizzato la colonna sonora insieme a David Bowie. Con grande disappunto, la band scoprì solo nel momento in cui ascoltò il mix definitivo di Fugazi che la parte finale del brano era stata sfumata; proprio per questo motivo, la nuova versione remixata si chiude con il fade della musica che lascia in primo piano il rullante della batteria e le voci, che concludono il brano in modo netto e deciso come in un grido di protesta.
Bonus track: Cinderella Search – 5’24’’
Impossibile non spendere due parole anche sulla b-side del 45 giri di Assassing, la bellissima Cinderella Search. I Marillion compongono e registrano velocemente il brano dopo la pubblicazione di FUGAZI, praticamente autoproducendosi dopo aver interrotto la collaborazione con Nick Tauber. Nel testo Fish cita la favola di Cenerentola (Cinderella in inglese) per raccontare una storia di cui è stato protagonista in prima persona, ovvero il suo incontro con una ragazza di Blackheath addetta al merchandise del Marquee Club di Londra e il suo innamoramento non corrisposto, che lo costringe ad attendere invano all’appuntamento prefissato per la data successiva del tour a Canterbury. A questo punto non gli rimane altro da fare che ritirarsi nuovamente nel pub (“Welcome back to the circus”) e affogare le sue pene amorose nell’alcool. Musicalmente, grande protagonista Steve Rothery con due assoli di chitarra favolosi.
«SE FUGAZI FOSSE STATO PRODOTTO IN MODO PIÙ ACCURATO, AVREBBE GENERATO MOLTE PIÙ REAZIONI POSITIVE DI QUELLE CHE RICEVETTE ALL’EPOCA» (Fish)