CONCERTO GROSSO PER I NEW TROLLS
Vittorio De Scalzi ripercorre le tappe del primo capitolo del CONCERTO GROSSO (1971), che ha segnato la storia del progressive rock italiano. Nella realizzazione è stato fondamentale l’apporto del M° Luis Bacalov, che ha aiutato la fusione tra la scrittura classico-barocca e il rock.
Vittorio De Scalzi, anima curiosa e senza preconcetti di questa nostra musica, ha sempre avuto un amore particolare per l’esperienza CONCERTO GROSSO, che ha esplorato in vari momenti della sua vita. Ce ne parla in questa occasione…
Una volta suonavo nei New Trolls non è soltanto il titolo del libro (accompagnato da due Cd e un Dvd), che Massimo Cotto ti ha recentemente dedicato, ma è anche l’introduzione ideale per parlare di un disco di 50 anni fa che ha fatto epoca: il CONCERTO GROSSO PER I NEW TROLLS.
50 anni fa. Come vola via il tempo. Ho il ricordo di un mondo in bianco e nero, dove c’era un grande fermento, soprattutto musicale. Da qualche anno anche la musica classica aveva cominciato a influenzare il rock che, attraversando il magico ponte che dal beat lo avrebbe portato al progressive, stava facendo gli esami per diventare grande. I Beatles, grazie a SGT. PEPPER’S LONELY
HEARTS CLUB BAND, avevano aperto gli argini di un fiume in grado di accogliere i Moody Blues, i Procol Harum, i Nice, i Deep Purple. Era il 1967. In quegli anni a colpirci maggiormente furono gli americani Vanilla Fudge, che nel settembre 1969 vinsero la Gondola d’oro di Venezia (manifestazione trasmessa da Rai Uno) con il singolo Some Velvet Morning, incluso nell’album NEAR THE BEGINNING. Un fatto inconcepibile ai giorni nostri. CONCERTO GROSSO PER I NEW TROLLS fu il disco che ci lanciò in un firmamento per noi impensabile, molto più aperto e libero di quello che, fino ad allora, era stato il nostro. Il merito maggiore di quel disco
fu certamente di Luis Bacalov, ma vorrei sottolineare anche la fondamentale importanza di un’altra persona davvero geniale: Sergio Bardotti, eccellente autore di testi e talentuoso produttore. Fu lui a coltivare quell’idea. Un Concerto Grosso che rispettasse e rispecchiasse la stessa imponente onda d’urto del motore che aveva generato le composizioni di Corelli, Stradella e Albinoni. Composizioni che si basavano su una “botta” da un lato e una “risposta” dall’altro. Una formula nata a cavallo tra il Seicento e il Settecento, dove un piccolo gruppo di solisti si alternava all’organico principale. E la cosa più curiosa era che, quei nuclei, venivano disposti su due palchi diversi, l’uno di fronte all’altro. L’idea del CONCERTO GROSSO PER I NEW TROLLS è stata quella di sostituirci a quel piccolo gruppo di solisti, però con strumenti elettrici e una musica più moderna, che fosse in grado di interagire con quell’illustre passato. Tutti i brani, a nostro modo di vedere, erano la simbiosi perfetta per spiegare i dialoghi fra band e orchestra, aggiungendoci qualche volta il flauto suonato un po’ alla Jethro Tull.
E pensare che tutto quanto era nato come colonna sonora di un film…
Infatti! È proprio così. Il progetto originale era stato pensato per la colonna sonora di un film di Maurizio Lucidi, La vittima designata. Una storia surreale interpretata da Tomas Milian e Pierre Clementi, ambientata nella magica fotografia di Venezia, dove il protagonista si faceva sparare da un killer da lui stesso assoldato. Ispirato dalla Venezia barocca, Bacalov iniziò a scriverne la colonna sonora. Fu Sergio Bardotti a fargli notare che la musica barocca andava benissimo per quel film ma che l’idea geniale di quel racconto – una sorta di omicidio/ suicidio su commissione – non poteva che essere rock. E allora perché non inserire anche i New Trolls? Con Bardotti ci eravamo conosciuti da poco tempo perché, scappati dalla Fonit Cetra di Milano, eravamo approdati alla RCA di Roma, dove abbiamo però navigato pochissimo, giusto il tempo per realizzare il 45 giri Autostrada / Il nulla e la luce (1970). Ho un ricordo vivo della sala A della Fonit Cetra: un enorme salone che poteva ospitare fino a 100 elementi d’orchestra. Oggi è raro trovare studi di registrazioni che abbiano spazi con quelle caratteristiche. Ce ne sono pochi e sono molto ricercati proprio per registrare le orchestre.
Nel film non eravate però gli unici a suonare e a cantare. Nei titoli di testa c’è scritto “Musiche di Bacalov. Alla esecuzione hanno partecipato i New Trolls”. Neppure la voce iniziale sembrava la tua.
Dopo aver inciso quell’album abbiamo saputo che, oltre ai nostri, il regista aveva numerosi altri pezzi a disposizione. Ho sempre avuto l’impressione che la colonna sonora finale sia stata una sorta di “taglia e cuci” di tutto quel materiale, una scelta effettuata secondo i gusti personali della produzione. Ma quel che più conta è che quel disco fu accolto positivamente da tutto l’ambiente musicale, fino ad arrivare a superare 1.000.000 di copie vendute. Una cifra impensabile per un Lp in tempi in cui il 45 giri andava per la
maggiore e per un genere non propriamente commerciale. L’unico nostro rimpianto è stato quello di non poterlo portare in tour con un’orchestra vera perché avrebbe dovuto essere amplificata. E pensare che suonare questa opera dal vivo, supportati da una grande orchestra sinfonica, era il nostro sogno.
Il vostro modo di suonare con l’orchestra era totalmente diverso da quanto si era visto fino ad allora…
L’uso che abbiamo fatto dell’orchestra era una vera e propria interazione con la musica barocca, non la usavamo come un semplice accompagnamento. Due cose ben distinte tra di loro. Un’idea originale perché è pur vero che la fusione con la musica classica era già stata fatta, ma non con quella barocca. È stata questa valutazione a dare originalità al progetto. Una scelta quasi temeraria, che percorreva un’altra strada ri- spetto a quella seguita dai Beatles e dai Moody Blues. Nel nostro caso eravamo noi a interagire nelle strutture classiche e non come semplice accompagnamento. Il vero problema era che allora risultava assolutamente impossibile suonare con un’orchestra in modo continuo. Oltre all’aspetto economico il problema maggiore era costituito dagli enormi amplificatori, che ne avrebbero sovrastato il suono. Non c’era tecnicamente alcuna possibilità di poterlo fare se non con un grande dispendio di investimenti e di energie.
Ci sono molte altre curiosità nel disco come, ad esempio, le parole di William Shakespeare, la dedica a Jimi Hendrix e la seconda facciata con un solo brano, Nella sala vuota, improvvisazioni dei New Trolls registrate in diretta.
L’idea di utilizzare Shakespeare fu di Giorgio D’adamo, spalleggiato da Sergio Bardotti. Erano entrambi convinti che quella fusione avesse un profondo senso logico: la musica barocca con i testi del più eminente drammaturgo della cultura occidentale. Il brano dedicato a Jimi Hendrix è stato invece il nostro omaggio per ricordare uno dei più grandi artisti del nostro tempo. Tra l’altro eravamo appena rientrati da Bath (Inghilterra), ancora infatuati dal suo genio. La seconda facciata dell’album è composta dagli oltre venti minuti di Nella sala vuota, dove avevamo messo insieme tanti frammenti delle nostre esibizioni live. Visto che non potevamo andare in giro con l’orchestra, diventavamo noi l’orchestra.
L’album è stato anche l’apripista per Bacalov per entrare nell’universo del rock progressivo…
Abbiamo avuto la fortuna di essere stati prescelti per aprire quella strada, percorsa successivamente da altri due meravigliosi esempi: il PRELUDIO, TEMA, VARIAZIONI E CANZONA degli Osanna e CONTAMINAZIONE del Rovescio della Medaglia.
Lo scorso 23 ottobre, a coronamento di una straordinaria carriera, hai ricevuto il Premio Tenco a Sanremo. Il riconoscimento, più che meritato, premia il tuo impegno come musicista, cantautore e anche per aver rigenerato negli anni CONCERTO GROSSO DEI NEW TROLLS, portandolo in concerto con l’orchestra.
Non ho idea di quanti concerti ho fatto. Molti sono stati registrati e inclusi in un disco di buon successo (CONCERTO GROSSO, VITTORIO DE SCALZI, LA STORIA DEI NEW TROLLS, 2001). Riproporre quei brani nei maggiori teatri italiani è stato davvero impagabile. Una cosa è suonare in studio, l’altra è farlo di fronte agli appassionati, che non avevano mai perso la speranza di poterlo vedere. Ricordo anche un Concerto Grosso al Vigorelli di Milano, durante il Cantagiro. Fummo tra i pochi a suonare dal vivo, la differenza dei generi riuniti in quel contenitore aveva suscitato forti contestazioni verso i cantanti melodici. Era il 1971 e, in cartellone, c’erano anche i Led Zeppelin che, seduti sui nostri amplificatori, hanno seguito con attenzione e per intero la nostra esibizione.