Avanza una strana band…
E PENSA CHE MI MERAVIGLIO ANCORA È L’EMOZIONANTE ALBUM DI DEBUTTO DI UNO STRANO GRUPPO DALLO STRANO NOME: IL PORTO DI VENERE, NATO SULL’ONDA DELL’AMICIZIA DI MAURIZIO DI TOLLO E CRISTIANO ROVERSI.
EPENSA CHE MI MERAVIGLIO ANCORA è un grande album dalla spiccata sensibilità e, forse proprio per questo motivo, non è adatto a tutti. Sicuramente è perfetto per chi ha ancora voglia di riflettere senza intristirsi, perché le composizioni sono ricche di una vita che non ha voglia di arrendersi.
Abbiamo suonato e cantato le cose che avremmo voluto ascoltare alla radio, anche se questo mondo per ora sembra non poter esistere Cristiano Roversi
Prog? Un po’. Canzone d’autore? Fuochino. Altro? Sicuramente “tanto altro”. Quando la musica sposa testi che hanno ancora voglia di riflettere senza “scriversi” o “piangersi addosso”. A scanso di equivoci, l’album è musicalmente ricco e suonato bene.
In mirabile disequilibrio. Bravi ragazzi!
Come nasce il progetto?
Mau: Prova a immaginare due amici che discutono di musica al telefono. Si parla di un disco solista (il mio) e delle opinioni discordanti su come dovrebbe essere, si decide di soprassedere momentaneamente, fino a nuovo ordine. Dopodiché, esattamente un minuto dopo, uno dei due dice all’altro: “Perché non facciamo un disco insieme, da zero e come piace a noi?”. L’altro risponde: “Perché no?”. Ecco: il gruppo nasce così, da due persone che provano reciproca amicizia e stima, che la pensano alla stessa maniera a riguardo delle cose importanti della vita, di cosa dovrebbe essere la musica, di cosa significhi per noi. Avevamo voglia di creare qualcosa insieme, semplicemente, e vedere dove il nostro comune “sentire” ci avrebbe portato. Consapevoli delle nostre potenzialità e senza la necessità di dover dimostrare qualcosa a chissà chi, ma seguenesclusivamente i nostri parametri. E la nostra coscienza.
Parte della bellezza di un disco come il vostro è che dona grande dignità alle parole, al “famoso” messaggio, senza svilire la musica, anzi “senza aver paura delle parole”.
Cris: Maurizio non è soltanto un compositore di raro gusto ed equilibrio, ma è un talento naturale nel saper creare testi e linee melodiche di grande qualità e impatto emotivo. Non credo che per lui sia stato difficile inserire la sua scrittura sulle mie architetture musicali, per me è risultato del tutto spontaneo e stimolante mettere le mani sulle sue idee, “roversizzandole” a dovere! Siamo stati fortunati a “ritrovarci” dopo anni dalla collaborazione nei Moongarden, ancora in perfetta sintonia. Inoltre non nutriamo nessun timore nei confronti della “parola importante”, anzi, credo sia uno dei punti di forza del Porto di Venere, se non il principale. Personalmente avevo bisogno di un autore come Maurizio per sentirmi parte di un progetto, socialmente e politicamente impegnato, che avesse i piedi ben saldi nella realtà che ci circonda. C’è così tanto da dire, raccontare e denunciare…
Mau: Qualcuno diceva che le parole sono importanti. Mi viene da aggiungere che fare le cose per bene è ancor più importante. Qualsiasi musica tu abbia voglia di suonare, se prevede l’uso di un cantante, significa che, quest’ultimo, dovrà usare delle parole. E se una composizione prevede parole e musica, se sei uno che ci tiene a far bene, devi usare medesima attenzione nella scrittura di entrambe. Se la bilancia pende da un lato, invece che stare in perfetto equilibrio, significa che sei stato superficiale in un aspetto fondamentale del tuo lavoro. Nessuno ci obbliga a scrivere i testi, potremmo fare album esclusivamente strumentali, sarebbe meglio, in taluni casi. Una canzone è composta dall’unione di due linguaggi. In entrambi i casi, devi avere qualcosa da dire o sarebbe preferibile stare zitti. Per quanto mi riguarda, un testo è un’opportunità. Il mio tentativo è quello di raccontare, scavando nel profondo, e di comunicare qualcosa di onesto. Spero di riuscirci.
Oggi il mondo brucia tutto in un nanosecondo, spesso la musica viene usata come sottofondo perché altrimenti disturba. Ascoltando più volte le vostre canzoni mi sono sembrate poco in sintonia con la cultura imperante dell’eterno “skip”. A chi è diretto un album come questo, emozionale ed emozionante?
Cris: È nato per noi. Abbiamo suonato e cantato le cose che avremmo voluto ascoltare alla radio, anche se questo mondo per ora sembra non poter esistere. In questo modo ci siamo automaticamente rivolti a chi nutre il nostro stesso desiderio di tornare a una ricerca compositiva musicale e lirica di un certo spessore, ben consci che la nostra è una sfida contro muri di gomma senza fine. Abbiamo lavorato sodo a un grido di dolore e nel contempo a una grande dimostrazione di assoluta indipendenza e libertà… così per renderci felici e felici siamo.
Mau: Chiunque voglia unirsi, è bene accetto. Ci siamo presi la libertà di essere noi stessi, ce lo siamo guadagnado
dopo tanti anni. In effetti, non ab- biamo minimamente pensato a un target di riferimento, discorso inutile, in un periodo storico dove già non si vendono dischi… in più c’è la proverbiale pigrizia di coloro che ascoltano, che oltre certi standard di “verosimiglianza” con gli anni settanta non riescono ad andare. Non mi piace l’idea di fare i dischi che il pubblico si aspetta, significa porsi dei paletti e offrire meno di quanto sia possibile dare. Trovo più appagante il tentativo di prendere per mano l’ascoltatore e portarlo in un posto diverso, dalla sua personale “confort zone”.
Qual è il senso della copertina? Come è nata?
Cris: Scattai quella foto in pieno lockdown, quando tutti avevano paura del Covid 19 e si poteva andare a camminare solo in nuclei familiari ridotti, distanziati, con mascherina e soprattutto senza sapere se saremmo riusciti a sconfiggere il virus. Avevamo paura anche della polizia, che faceva continui controlli e con i megafoni invitava tutti a restare a casa. Fatto sta che per muoversi e fare attività fisica si poteva uscire quel tanto che basta per una passeggiata in campagna. Non c’era nessuno, silenzio, nessuna automobile o camion in giro e l’incrociarsi con altra gente a spasso ci metteva il disagio addosso, visto che non sapevamo come comportarci esattamente in quell’incubo. Allo squillare del mio cellulare mi fermai un secondo per rispondere, mentre mia moglie e mio figlio Demetrio proseguivano la loro passeggiata. Fu in quel momento che “vidi” la copertina del Porto di Venere sapendo che sarebbe stata lei, soprattutto che Mau mi avrebbe supportato in questa scelta. Presi il cellulare e scattai. Per me e per Maurizio la copertina ha molti significati, magari diversi tra noi ma entrambi siamo concordi che quell’immagine unisce i nostri intenti, racconta più che bene la musica e i testi del disco. È un immagine semplice tanto quanto verace, che mi meraviglia ancora oggi.
Mau: Lo so, avreste preferito uno scenario alla Roger Dean, qualcosa di favolistico, immaginifico, epico. La vita vera non ha nulla di tutto questo. Ma c’è poesia ovunque, se hai gli occhi per vederla. Troppo facile, quando ti viene sbattuta in faccia palesemente. L’insegna di un benzinaio, svettante nella nebbia, può struggerti di bellezza. Ci vogliono gli occhi giusti. In questa foto, in questa immagine non organizzata, negli occhi di chi scatta, ci vedo un mondo, lo stesso di cui parla il disco. E poesia, tanta poesia. La poesia della vita. Quella poesia che può puzzare di piscio e terra ma che possiede attimi memorabili. Come quello catturato dall’obbiettivo di Cristiano.
Siete soddisfatti del risultato, artistico e tecnico?
Cris: Mi ritengo fortunato sotto un punto di vista puramente artistico, dato che ultimamente mi stanno capitando situazioni e produzioni a mio avviso oneste e di alta qualità. Credo fermamente che questo disco sia una tra le cose più belle alle quali ho avuto l’onore di poter mettere mano. Abbiamo scelto di mettere in gioco il massimo che potevamo offrire come onestà intellettuale e puro artigianato, pur sapendo che questi non sono valori che oggi pagano nell’immediato.
Mau: Non c’è un solo aspetto di queto,
sto progetto che non mi veda entusiasta. Quando hai a che fare con artisti aventi palesi competenze, con un enorme spessore umano e morale e quando le idee sono chiare, di solito non s’intravedono brutte sorprese all’orizzonte. In primis Cristiano… e poi Elisa Minari, Stefano Zeni, Erik Montanari e Marco Remondini sono ulteriori, splendidi incontri di vita che hanno reso quest’esperienza incantevole. E c’è da fidarsi, specialmente se ve lo dice uno eternamente tormentato come me.
Mi è capitato di ascoltare i brani di questo album prima dal vivo a Veruno e poi in studio. Live sono meno precisi, anche perché in un festival non è che ci sia la possibilità di fare il check ideale, ma hanno forza espressiva notevole, che non manca neanche in studio. Come vivete questi due momenti? Quando strutturate un brano pensate anche a come deve essere proposto live?
Cris: Io e Mau abbiamo sempre avuto le idee chiare su come Il Porto si sarebbe dovuto presentare all’appuntamento live. Dalle due batterie alle sequenze pre-programmate, passando per l’approccio live di matrice prog 70, senza tralasciare l’improvvisazione che è un territorio importante per alcuni di noi. Il nostro desiderio sarebbe quello di catturare l’attenzione di chi si sente coinvolto dai testi di Maurizio, oltre a chi pone la propria attenzione alla composizione e all’esecuzione musicale. In fondo è un approccio “vecchio”, ma che fa sempre un certo effetto. Forma e Sostanza, Testi importanti, Musica importante, e attenzione alle dinamiche giuste… importante il piano quanto il forte. Insomma, ameremmo consegnare al pubblico un’esperienza live completa. Mau: Inevitabilmente, quando suoni in un festival, devi considerare la possibilità di non essere completamente in bolla, a livello tecnico, nonostante l’impegno profuso dall’organizzazione. Ma, personalmente, mi sono goduto ogni istante su quel palco, al punto da desiderarne altri dieci, cento, mille, a fianco di cotanti compagni di viaggio. Il nostro è un palco nudo, scevro da qualsiasi concessione all’immagine. Solo un gruppo di musicisti eccelsi e un caprone al microfono (ride) [molto]. A proposito, fammi citare Mattia Scolfaro, il nostro live drummer, con il quale sono felicissimo d’incrociare bacchette e grooves, professionista esemplare e bellissima anima. La nostra musica, le nostre storie da condividere e nessun fronzolo a gettare fumo negli occhi.
E ora cosa accadrà al Porto di Venere?
Cris: Purtroppo è difficile prevedere qualcosa di preciso in questo periodo storico, dove il mondo della musica live sembra riprendere il proprio corso naturale in un mare di diffidenza e regole difficili da seguire e far rispettare. Vorremmo essere “presenti” ed “esserci”, ma non dipende solo da noi. Un buon lavoro coordinato tra etichetta discografica, booking manager e ufficio stampa sarebbe il solito “buon proposito”, che ogni band affamata di lavoro spererebbe di vedere all’opera ma sappiamo che il mercato per questo genere musicale è saturo di offerta. In ogni caso le agenzie disposte a lavorarci si contano sulle dita di una mano e probabilmente sono già pieni di artisti. Il pubblico e gli appassionati potrebbero dare una grande mano a questo progetto con il passaparola e l’organizzazione di qualche evento indipendente, ma siamo tutti musicisti professionisti inseriti in altre realtà artistiche che sanno “come vanno le cose”. Noi ci siamo e ci saremo sicuramente con un altro album sul quale stiamo già lavorando. Speriamo che qualcuno si accorga di noi perché da soli non saremo in grado di fare granché.
Mau: Il Porto di Venere esiste ed esisterà per svariati motivi. È una barchetta che naviga felice, a convogliare i nostri pensieri e le musiche che maggiormente ci rappresentano. Stiamo già pensando al prossimo album, abbiamo acceso il forno e attendiamo che vada a temperatura. Con la medesima leggerezza, bimba, che tale deve rimanere. Mi piace la crudità di questo progetto, la sua onestà, il desiderio di fare le cose “alla vecchia” maniera, con dedizione e inalterata passione. È anche un bel mezzo chilo di autoironia, in un mondo che si prende terribilmente sul serio, talvolta, per celare il nulla dietro a dichiarazioni altisonanti. Considerateci gli artigiani della qualità! Altro che Poltrone e Sofà!
Mi piace la crudità di questo progetto, la sua onestà, il desiderio di fare le cose “alla vecchia maniera”, con dedizione e inalterata passione Maurizio Di Tollo