LA TERZA GENERAZIONE
Le nuove tecnologie ci consentono di riascoltare gli album che già conosciamo in una chiave differente: ma si tratta di un ascolto migliore o semplicemente diverso? Nel caso del box THE CHARISMA YEARS dei Van der Graaf Generator la risposta è più complica
Era solo questione di tempo. Prima o poi, anche i Van der Graaf Generator dovevano avere il loro box super deluxe. Anche se in realtà di box ne avevano già avuto uno, nel novembre 2000, intitolato molto fantasiosamente… THE BOX: solo quattro Cd, in pratica un antipasto della rimasterizzazione dell’intero catalogo pubblicata nel 2005, in concomitanza con l’inaspettata reunion. THE CHARISMA YEARS è tutt’altra cosa: un’esaustiva raccolta della produzione e dell’attività del gruppo tra il 1970 e il 1978, quando i Van der Graaf Generator erano sotto contratto con la mitica Charisma Records. In ben diciassette Cd e tre dischi Blu-ray troviamo infatti tutti gli otto album pubblicati con l’etichetta di Tony Stratton-smith in varie versioni (mix originale rimasterizzato dai master tapes e, in quattro casi, anche remix stereo e mix in 5.1), al- ternate takes, Bbc Sessions, registrazioni live (tra cui spicca il concerto inedito alla Mutualité di Parigi del 6 dicembre 1976), single versions, apparizioni televisive e filmati promozionali. Il tutto accompagnato da un bel libro in formato vinile di 68 pagine, stampato su carta di ottima qualità.
Gli artefici
Chi sognava l’accoppiata costituita da Steven Wilson (parte tecnica) e Sid Smith (parte storica) sarà purtroppo rimasto deluso. La rimasterizzazione di tutti gli otto album a 24 bit dai master originali è stata infatti curata da Ben Wiseman ai Broadlake Studios, Hertfordshire, mentre l’opera di remix è stata affidata a Stephen W Tayler. I contenuti del librone sono stati invece redatti da Mark Powell, che si è occupato anche del coordinamento dell’intero progetto e di reperire il materiale audio negli archivi, come del resto aveva già fatto per le ristampe del 2005. Diciamo subito che Tayler è un personaggio di rilievo nella scena discografica inglese: la sua carriera inizia nel 1974 ai Trident Studios di Londra, dove nell’arco di sei mesi diventa assistente di studio e successivamente tecnico del suono a tutti gli effetti. Tra le sue collaborazioni più interessanti in chiave prog vanno ricordate quelle con Bill Bruford e UK, Genesis (A TRICK OF THE TAIL), Peter Gabriel (II), Brand X (MOROCCAN ROLL), Gong (GAZEUSE), Jethro Tull (CREST OF A KNAVE), Rush (PRESTO e ROLL THE BONES) e Kate Bush. Nel 2018 Stephen viene incaricato da Mark Powell, che dirige l’etichetta Esoteric Recordings, di realizzare il remix in stereo e 5.1 del catalogo Be-bop Deluxe, come ricorda lui stesso: “È stata la prima volta che mi sono occupato di un lavoro del genere, in precedenza avevo sempre registrato e mixato nuovo materiale. In realtà a partire dal 2002 avevo approfondito il surround mix, ma all’epoca non c’era un grande interesse. Le cose sono cambiate in questi ultimi anni, con la realizzazione dei vari box set e ristampe di lavori originariamente pubblicati negli anni Settanta. Mi ha fatto molto piacere quando Mark mi ha proposto di remixare quattro album dei Van der Graaf Generator, perché si tratta di materiale che ha fatto scuola sotto tutti i punti di vista: composizione, arrangiamenti, suoni, esecuzione. In più sia H TO HE WHO AM THE ONLY ONE che PAWN HEARTS sono stati registrati da John Anthony ai Trident Studios alcuni anni prima del mio arrivo”. Il processo di remixing è stato svolto da Tayler in completa solitudine: le bozze dei nuovi mix in stereo e 5.1 sono state inviate a Powell e poi a Hugh Banton, Peter Hammill e Guy Evans per avere un loro parere e raccogliere, da remoto, suggerimenti e indicazioni. Dopo un paio di passaggi, il lavoro è stato completato.
«Il nuovo mix in 5.1 è la cosa più importante, perché non era mai stato tentato in precedenza. Il mix stereo a mio avviso è solo un bonus o un sottoprodotto del mix multicanale» Stephen W Tayler
La rimasterizzazione
Almeno in linea teorica, il fulcro di THE CHARISMA YEARS è rappresentato dalle versioni rimasterizzate degli otto album pubblicati dai Van der Graaf Generator tra il 1970 e il 1978 – THE LEAST WE CAN DO IS WAVE TO EACH OTHER (1970), H TO HE
I Van der Graaf Generator nel marzo del 1975. Da sinistra: Hugh Banton, Peter Hammill, Guy Evans, David Jackson.
WHO AM THE ONLY ONE (1970), PAWN HEARTS (1971), GODBLUFF (1975), STILL LIFE (1976), WORLD RECORD (1976), THE QUIET ZONE THE PLEASURE DOME (1977), VITAL (1978) – che vanno a occupare dieci dei diciassette Cd presenti nel box. Ovviamente non si tratta della prima digitalizzazione a cui viene sottoposto questo materiale. Se teniamo conto anche delle prime uscite in formato Cd del 1986, si tratta della terza digitalizzazione e della seconda rimasterizzazione dopo quella del 2005 di cui si è occupato direttamente Peter Hammill. Quali sono le differenze tra le varie versioni? Secondo alcune comparazioni effettuate dai fan, la rimasterizzazione di Ben Wiseman per THE CHARISMA YEARS è quella che garantisce la migliore resa dinamica. Prendendo un brano a campione, ad esempio Pioneers Over C da H TO HE, la nuova versione copre un range dinamico decisamente più elevato rispetto a quella del 2005 e leggermente superiore rispetto a quella del 1986, sintomo che la compressione del suono è stata gestita in maniera più oculata. Personalmente mi sarei aspettato una differenza più tangibile anche dal punto di vista della definizione sonora: la resa è sicuramente gratificante ma non emergono nuovi dettagli all’ascolto.
Il remix stereo
Degli otto album presenti nel box, solo quattro – H TO HE WHO AM THE ONLY ONE, PAWN HEARTS, GODBLUFF e STILL LIFE – hanno goduto del trattamento di remix da parte di Stephen W Tayler. È forse superfluo ricordare che quando parliamo di remix facciamo riferimento alla possibilità, da parte dell’ingegnere del suono designato, di accedere ai nastri multitraccia originali e di ripartire praticamente da zero per dare vita al nuovo mix, che può distaccarsi in modo minore o maggiore da quello originario a seconda delle intenzioni di chi lo realizza. Steven Wilson, ad esempio, è un teorico della replica fedele del mix originale (quello per intenderci che è stato utilizzato per le pubblicazioni in vinile dell’epoca), a cui si limita ad aggiungere una maggiore definizione sonora. Ciò significa anche che qualora dall’analisi dei nastri originali emergessero delle tracce contenenti delle incisioni che non sono state utilizzate per il mix, queste tracce non verrebbero integrate nel nuovo mix per evitare di andare a modificare le scelte fatte in origine e consolidate nel tempo. È evidente come Tayler si sia mosso nella direzione opposta: l’ascolto è costellato da novità e rivelazioni (non necessariamente piacevoli) che ci proiettano all’interno di un mondo sonoro alternativo. Cos’è quel glockenspiel alla fine di Lemmings? E quei vocalizzi durante la coda di My Room? Quante tracce di sassofono ci sono in più nei vari brani? Perché su Man Erg Robert Fripp inizia a suonare la chitarra in anticipo? Insomma, l’ascolto dei remix nella versione stereofonica è istruttivo ma quantomeno straniante. Il consiglio, quindi, è di utilizzarlo solo per comprendere meglio le scelte che sono state fatte dalla band in fase di produzione: nel 99% dei casi si è trattato delle scelte giuste.
Il remix multicanale*
Anche il nuovo missaggio in multicanale è disponibile per i soli album H TO HE WHO AM THE ONLY ONE, PAWN HEARTS, GODBLUFF e STILL LIFE, raccolti in due Blu-ray all’interno del cofanetto, oppure in Dvd nelle edizioni singole degli album. E qui la prospettiva cambia radicalmente: ascoltando le canzoni in surround, ci si accorge bene di tutte le novità emerse dal lavoro di remix delle tracce originali, ma soprattutto si nota un dettaglio favoloso su tutte le parti che già conoscevamo. Non solo la voce di Peter Hammill (quasi sempre indirizzata al diffusore centrale), ma gli organi e i fiati si arricchiscono di sfumature entusiasmanti. Rispetto alla nuova versione stereofonica, lo spirito delle composizioni originali è meglio preservato, proprio perché protagonista della scena è sempre il sound originario, al quale si aggiungono alcune novità: mentre nella nuova versione stereo talvolta l’atmosfera risulta snaturata, nel missaggio in surround si nota una migliore attenzione nell’amalgama tra vecchio e nuovo. In Lemmings, soprattutto, questo aspetto è molto evidente: mentre la traccia 5.1 mantiene quegli sbalzi d’umore e vira
te sonore tipiche della versione originale, nel nuovo mix stereo il brano risulta ammorbidito e smussato. Non dobbiamo dimenticare che il missaggio originario di PAWN HEARTS ha qualcosa di leggendario: notte fonda, John Anthony che muove i cursori del gigantesco mixer analogico, aiutato dalle dita dei musicisti stessi, tutti in stato confusionale e in una specie di trance creativa, fino alle luci dell’alba, quando ascoltarono tutti insieme per la prima volta la resa finale di quel capolavoro. Il missaggio di PAWN HEARTS, insomma, è follia pura, è figlio sia della pianificazione sia del caos, è arte estrema, spregiudicatezza totale. Botti, rumori, graffi, urla e navi incagliate. Come si può rimettere mano a quella roba? Ripulendola e sistemandola? Siamo sicuri di non mortificarla in questo modo? Come dare un ordine a quel magnifico caos calcolato, creato da Hammill e Anthony? Semplicemente, non è possibile né opportuno. Ascoltando questo 5.1, coi suoi suoni ben distinti, che finalmente possono essere associati a uno strumento o più semplicemente a qualcosa di terreno, riusciamo a capire un po’ meglio quanto calcolo, in realtà, ci fosse dietro a quell’apparente caos; quanto fosse chiara la direzione artistica del gruppo in quel periodo e che grande acume ebbe John Anthony a lasciare (fino a un certo punto) la briglia sciolta a quei dotatissimi ragazzi. Insomma, il 5.1 è una goduria soprattutto per chi padroneggia il missaggio originale, che resta imprescindibile.
Case, stanze, donne e sonnambuli* In generale, se la sensazione che si prova ascoltando i nuovi missaggi stereo è che ogni tanto manchi qualcosa, col 5.1 invece si ha l’impressione che ci sia davvero qualcosa in più, ma non manchi niente dell’emozione originaria, che viene rispettata e valorizzata. Con sporadiche eccezioni: in House With No Door l’assolo centrale di flauto è stato completamente ritoccato, aggiungendo a quella originale una moltitudine di tracce che si sovrappongono alla melodia, di fatto coprendola. L’effetto è straniante, certamente pertinente col testo della canzone… tuttavia immagino che ognuno di noi sia affezionato a quel delizioso assolo di Jackson e che avrebbe preferito continuare a distinguerlo nitidamente. Ma si tratta di dettagli, che comunque testimoniano quanta attenzione sia stata usata per questo remix. Altre modifiche sembrano meglio riuscite: all’inizio di Childlike Faith In Childhood’s End, la voce di Peter passeggia intorno a noi, come un sussurro dietro l’orecchio destro, poi il sinistro e infine di fronte. È una scelta spiazzante, ma efficace e conferisce intimità al brano, predisponendoci al seguito. STILL LIFE è l’album che più gode del remix, forse perché era anche quello registrato meglio in origine. In tutti i suoi brani l’amalgama tra gli strumenti e l’onnipresente voce è perfetta. La Rossa è ancora più aggressiva, mentre My Room vira sul lisergico nella coda grazie a una nuova traccia vocale. GODBLUFF è un album ben più scarno nei suoni e giustamente il missaggio in multicanale non ne stravolge l’essenzialità e l’immediatezza. Sleepwalkers è più sommessa, più onirica, specialmente nell’intermezzo felliniano a metà brano.
Emozioni a 45 giri*
Oltre al contenuto dei quattro album, anche tre singoli sono stati remissati in multicanale, come bonus tracks di H TO HE e PAWN HEARTS: alcuni brividi si sollevano durante l’ascolto di Boat Of Million Of Years, con un astruso sax che, all’inizio del brano, ti coglie alle spalle manco fosse il sospiro gelido di Horus. Theme One, così ripulita e smistata in cinque canali, forse non mantiene la stessa grinta chiassosa dell’originale. In compenso W, con lugubri organi e flauti riverberati provenienti da Urano, offre cinque minuti da film horror e ti fa venire voglia di riaccendere la luce alla fine del disco. Divertente! O, come direbbe Hammill, “scary!”.