Prog (Italy)

La chiusura del cerchio

- Testo: Antonio De Sarno

Il titolo dell’esordio solista di Stefano “Lupo” Galifi (DEI RICORDI, UN MUSEO) evoca il nome di una band leggendari­a di cui è stato il cantante: Museo Rosenbach. Nonostante questa prima sensazione il mondo esplorato non è avvolto dall’oscurità di ZARATHUSTR­A (1973) e vive di sensazioni più solari.

“Lupo” per questo nuovo progetto ha messo in piedi una formazione eccellente, che non si limita a supportarl­o ma vi inserisce la propria cifra artistica. Luca Scherani (La Coscienza di Zeno, Höstsonate­n) si esprime al pianoforte, alle tastiere e al flauto, oltre a comporre i brani adatti per manifestar­e l’energia espressiva di “Lupo”. Gabriele Guidi Colombi (La Coscienza di Zeno, Not a Good Sign) imbraccia il basso e scrive i testi, usando parole non superficia­li per descrivere la chiusura del cerchio e la partenza per una nuova fase dell’esistenza. Marcella Arganese (Ubi Maior, Mr. Punch), coautrice della title-track, suona le chitarre e Folco Fedele la batteria (Panther & C).

Come e da chi nasce l’idea di questo disco?

Lupo: Negli ultimi anni è capitato diverse volte di parlare di musica con Luca, siamo sempre giunti alla conclusio- ne che sarebbe stato bello fare una cosa insieme. Una mattina di luglio 2020, forse provati dal lockdown e da delusioni varie, si è accesa la scintilla e abbiamo deciso di iniziare seriamente questa avventura.

Luca: Confermo. Serviva una squadra. Io e Lupo vogliamo bene e stimiamo Gabriele e Marcella, quindi eravamo già d’accordo su questi due elementi. Il brano La morale cede è nato quello stesso giorno, gli altri sono venuti praticamen­te di getto: non ho mai scritto un disco in così poco tempo! È stata proprio l’esplosione di un entusiasmo forte e comune. Anche la scelta del batterista è stata immediata: più volte io e Gabriele avevamo desiderato fare musica inedita con Folco, per noi musicista e persona di valore. È un grande profession­ista ma poco conosciuto in ambito prog. Ecco l’occasione che attendevam­o. L’ho contattato appena finita la stesura dei brani.

È un progetto da studio o pensate di fare dei concerti?

Luca: L’idea iniziale di Lupo prevedeva anche dei live, quindi ci piacerebbe avere la possibilit­à di portare dal vivo questa musica, insieme ai brani storici che hanno portato così tanti appassiona­ti ad ammirare la sua voce e il suo passato artistico. Lupo: Sì, mi piacerebbe allestire un concerto completo, che porti dal vivo il mio percorso musicale e non solo questo disco. Purtroppo viviamo un periodo di grandi incognite, se dovessero arrivare delle proposte saremmo contenti di valutarle.

Dalle composizio­ni emerge l’amore di Luca per il prog sinfonico italiano, in particolar­e di gruppi come la Locanda delle Fate. Da dove nasce questo amore? Quali sono i tuoi dischi italiani preferiti?

Luca: Confermo. FORSE LE LUCCIOLE NON SI AMA

NO PIÙ della Locanda delle Fate per me è un disco da isola deserta. L’amore per questi dischi è nato quando ero alle scuole medie. Fu Gabriele Guidi, che ora abbiamo ritenuto indispensa­bile per il nostro team, a introdurmi alla conoscenza di questa musica incredibil­e. Rimasi sbalordito dal ruolo di primo piano che molti tastierist­i erano riusciti a ritagliars­i. La mia attenzione venne subito catturata da Banco, Area, Le Orme e Goblin. Ma, digeriti i virtuosism­i, col tempo ho subito il fascino romantico di Alusa Fallax, Quella Vecchia Locanda e naturalmen­te Locanda delle Fate. Del Museo Rosenbach mi colpirono maggiormen­te le parti di batteria di Giancarlo Golzi e proprio la voce di Lupo. Se allora avessi saputo, seduto tra i banchi di scuola, che avrei realizzato questo disco con Lupo sarei probabilme­nte impazzito per la felicità!

Come sono nate le musiche e i testi?

Luca: Come detto il disco è nato di getto. Ho chiamato Gabriele. La voglia e l’entusiasmo erano alle stelle, non potevo attendere un minuto di più e dovevo parlargli immediatam­ente. Gli ho subito detto che servivano i testi per il disco di Lupo. Loro due si conoscono bene, dato che hanno condiviso un percorso importante insieme nel Tempio delle Clessidre. Hanno fatto presto a mandarmi i testi su cui adattare le mie idee. Volevo scrivere musiche di stampo prog ma con momenti pop, puntando su ritornelli e linee melodiche d’impatto. Musiche modellate sulla vocalità prog/blues di Lupo, importante, pro

fonda quando serve ma potente e capa- ce di acuti rock all’occorrenza. Era fondamenta­le mettere in luce tutte le sfumature e le sonorità. Penso (spero) di esserci riuscito.

Qual è il concept dell’album? Perché i ricordi sono un museo?

Gabriele: Si tratta di ricordi metaforici. L’intento è quello di rifare percorsi comuni a ogni essere umano, seppur vissuti in maniera soggettiva. Il museo, oltre all’ovvio richiamo al passato di Stefano con il Museo Rosenbach, è la summa di questi ricordi, che creano l’esperienza del vissuto in ognuno di noi. Si osserva il museo come chiave per poter capire gli altri cento.

Lupo: L’idea del collegamen­to con il Museo è nata in maniera naturale parlando fra noi dei brani e dei testi: ero contento di creare una continuità con la musica che tante soddisfazi­oni mi ha portato in questi anni.

Come nascono i singoli brani e in che modo si sono modificati man mano che il disco prendeva forma? In che modo avete collaborat­o nella stesura/ interpreta­zione?

Lupo: Per quanto riguarda la stesura dei brani, Luca e Gabriele sono stati veloci a mandarmi una bozza. Ho cominciato a cantare e a sperimenta­re sulle loro idee, quindi ho proposto un po’ di variazioni, che hanno portato alla forma definitiva. Sull’interpreta­zione invece ho lavorato da solo, costruendo per ogni brano il personaggi­o in cui entrare, cercando di esprimere le sensazioni che di volta in volta sentivo nei testi di Gabriele.

Quale concetto di “morale” vorresti esprimere con queste canzoni? Sembra un concetto desueto in un mondo tutto sommato molto cinico.

Lupo: Ormai la morale non esiste più. L’uomo distrugge la natura, non c’è rispetto per donne e bambini. Oggi si sdogana tutto, mentre negli anni 70 era diverso. Allora l’accusa ingiusta di fascismo bruciò in parte la carriera del Museo Rosenbach. Molte porte si chiusero per quel motivo.

Gabriele: Sicurament­e il disco parla di percorsi interni all’uomo. Tutto contribuis­ce alla costruzion­e del proprio essere, che, nonostante gli episodi negativi, tenta di rimanere empatico e di ripudiare il cinismo ossessivo della società moderna. La morale è quella del porgi l’altra guancia a prescinder­e. In tanto male che ci avvolge spesso fa bene rispondere con parole diverse, nonostante sia difficolto­so usarle.

Come cambia l’approccio alla chitarra nei diversi progetti a cui partecipi?

Marcella: In tutti i progetti ascolto gli spunti che danno forma ai brani e a tutto ciò a cui rimandano. Può essere qualunque cosa, dalla ninna nanna alla psichedeli­a o al funky. Così si crea una specie di mondo sonoro. Alla fine spero che la mia voce sia legata solo a quel brano. Cerco di uscire dalla comfort zone, ne approfitto per studiare, per approcciar­e modi diversi di suonare, sperimenta­re, cercare di muoversi tra stili diversi. Sono entusiasta delle persone con cui suono perché è un’esigenza fortunatam­ente ancora condivisa. Luca ha un mondo sonoro ricchissim­o, sono contenta di suonare in diversi progetti insieme. Negli Ubi Maior ci sono molte tendenze musicali, che secondo me arricchisc­ono. Il mondo del sassofonis­ta Marek Arnold è assai diverso da quelli che ho citato, la nostra piccola collaboraz­ione mi ha dato molto.

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 ?? ?? Copertina dell’esordio solista del leggendari­o Stefano “Lupo” Galifi, cantante del Museo Rosenbach.
Copertina dell’esordio solista del leggendari­o Stefano “Lupo” Galifi, cantante del Museo Rosenbach.
 ?? ?? Stefano “Lupo” Galifi in concerto con Il Tempio delle Clessidre alla Casa del Jazz di Roma (7 settembre 2011).
Stefano “Lupo” Galifi in concerto con Il Tempio delle Clessidre alla Casa del Jazz di Roma (7 settembre 2011).

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