ON THE BORDER
I MÖBIUS STRIP, QUARTETTO IN BILICO TRA JAZZ E PROG, PUBBLICANO TIME LAG, CHE REPLICA LA BUONA QUALITÀ DELL’ESORDIO OMONIMO DEL 2017.
Èdifficile ovunque proporre musica “diversa”, figuriamoci in Italia e in una cittadina (Sora, provincia di Frosinone). Lorenzo Cellupica (tastiere) Nico Fabrizi (sax), Eros Capoccitti (basso) e Davide Rufo (batteria) con il secondo album ribadiscono la convinzione con cui portano avanti le proprie idee, che nell’ottica dei migliori anni settanta mostrano orizzonti aperti e nessun preconcetto. Il suono è fresco, anche se professionale, mentre la decisione di limitare al massimo le sovraincisioni, registrando quasi tutti gli strumenti insieme come in concerto, dona il necessario calore a un disco per sua natura difficile. Con Lorenzo Cellupica facciamo il punto su TIME LAG, album che vi consiglio.
Nel 2017 è uscito il vostro primo album omonimo, che ha ottenuto recensioni positive. Cosa è cambiato in questo periodo e come è nato il secondo album?
In questi quattro anni abbiamo avuto il tempo di comporre nuova musica, anche incoraggiati dai riconoscimenti ottenuti dal primo album. Il processo con cui siamo arrivati a registrare TIME LAG è stato piuttosto graduale. Abbiamo provato a espandere i confini della nostra musica e del nostro stile, cercando comunque di conservare una certa attitudine a unire e rielaborare elementi provenienti da diversi generi musicali.
Quanto è difficile fare questo tipo di musica, non solo in Italia, soprattutto in provincia, visto che l’italia è già provincia a livello musicale?
Sono d’accordo. Purtroppo non è affatto facile esibirsi nel nostro Paese, visti gli ostacoli da superare per proporre una musica che non rientra in determinate categorie. È vero che in Italia abbiamo comunque avuto modo di esibirci in importanti club e festival (Casa di Alex a Milano, Pozzuoli Jazz Festival, Jazzit Fest a Pompei ecc.), oltre che nel 2018 al Progtoberfest Festival di Chicago (in cui abbiamo avuto il grande piacere di suonare come gruppo di apertura alla nuova formazione dei Soft Machine). Ci piacerebbe organizzare un vero tour e avere in generale una maggiore continuità nelle esibizioni dal vivo.
Similitudini e differenze tra i due album, anche dal punto di vista della registrazione?
Riteniamo che TIME LAG sia più eterogeneo rispetto a MÖBIUS STRIP, sia dal punto di vista compositivo che di sonorità. Infatti per la prima volta abbiamo invitato dei musicisti esterni a registrare delle parti di tromba, trombone, chitarra elettrica e voci, provando ad esplorare nuove direzioni pur conservando la nostra logica compositiva e performativa. Naturalmente senza penalizzare la nostra dimensione sonora con piano, tastiere, sax, basso e batteria. Per quanto riguarda la registrazione abbiamo proceduto come per l’altro album, riprendendo una nostra live session a cui abbiamo aggiunto le varie sovraincisioni. Alcuni strumenti sono stati registrati in presa diretta assieme a noi, vedi la tromba e il trombone in Iblis’s Hybris e Mateka’s Speech e la chitarra in Möbius
Cube. Preferiamo la ricerca della maggiore naturalezza ed espressività musicale possibile, che deriva da questo approccio rispetto alla registrazione con il click a tracce separate. Questa volta abbiamo scelto un diverso studio di registrazione, L’mstudio Center di Fabrizio Migliorelli (Pontecorvo, Frosinone).
Il cuore di TIME LAG…
I sei brani sono costituiti da più sezioni e si sviluppano come delle minisuite, che durano mediamente circa otto minuti. Chand Baori apre spaziando dalle atmosfere molto rarefatte, quasi da ballad, ad altre piuttosto incalzanti ritmicamente, con melodie cantabili e obbligati più complessi. È forse il momento più jazz dell’album. La successiva Iblis’s Hybris è una sorta di latin jazz in cui compaiono la tromba e il trombone in sezione con il sax tenore di Nico, oltre alle sovraincisioni di percussioni; include una sezione con tempo di valzer. Mateka’s Speech, che è un pezzo funk, inizia con una lenta introduzione di tromba, sax tenore e trombone per proseguire con il giro di basso sui cui poggia successivamente il tema di tromba e sax su cui è costruito il resto del brano. Old Tapestry è la composizione più lunga (circa 10 minuti), in cui sono presenti tempi dispari, influenze prog, jazz e folk, soli di sax, organo e batteria. Möbius Cube, come la precedente composizione, inizia con il pianoforte, sui cui arpeggi vengono aggiunti la melodia del basso, prima, e il tema del sax, poi, assieme al sostegno della batteria; nella parte centrale c’è una sezione in cui si uniscono elementi folk e jazz, mentre nella ripresa del tema principale si inserisce anche la chitarra elettrica. Infine A Theme For The End è il nostro primo brano a includere delle voci e un testo, oltre a presentare tromba e chitarra elettrica. È una composizione complessa per via delle metriche in 9/4 e 10/4 e dei vari incastri tra coro, fiati e gli altri strumenti.
Anche la copertina di questo secondo album ha un disegno come immagine, opera di Francesco Tersigni. C’è un discorso dietro a questa scelta, oltre alla bravura dell’artista che l’ha realizzato? Disegna ascoltando i vostri brani? Francesco è un nostro amico, per cui conoscevamo bene il suo stile e le sue capacità. Per entrambi gli album gli abbiamo semplicemente inviato le registrazioni senza dargli nessun suggerimento, affinché potesse esprimersi con la massima libertà. Ci è piaciuto da subito quello che aveva disegnato per l’album MÖBIUS STRIP, per cui non ci abbiamo pensato due volte prima di ricontattarlo per la copertina di TIME LAG. Pensiamo che i suoi disegni vivaci, surreali e divertenti siano perfettamente adatti a descrivere le atmosfere e le sensazioni della nostra musica.
Dimensione live. Esiste ancora una scena concertistica possibile per gruppi come voi?
Crediamo che sia molto difficile portare certa musica dal vivo, specialmente in un Paese poco aperto alle novità come l’italia. Tuttavia noi restiamo positivi, non bisogna scoraggiarsi ma adoperarsi nei limiti delle proprie capacità e possibilità perché le cose migliorino.
Nel numero 14 di «Prog Italia» affermavate: “Fare progressive rock significa partire da un particolare ambito musicale per poi sconfinare in un altro, anche molto diverso, abbattendo le barriere di genere”. È ancora valida questa frase?
Sì, è una frase ancora valida. Pensiamo che sia importante abbattere le barriere culturali, che sono di ostacolo all’evoluzione delle idee. Lo spirito progressive degli anni 70 resta la nostra principale fonte di ispirazione per fare musica.