Sliding doors 1976-2021
Andy Tillison, anima dei Tangent, nell’estate 1976 era in Italia per una vacanza. In un campeggio romano ascoltò suonare gli Allium, gruppo albanese con un cantante italiano, che gli regalarono il demo del loro album in preparazione, mai uscito. Lui conservò gelosamente la cassetta, che gli fu rubata negli anni 80, e oggi ha deciso di realizzare quell’album in base ai suoi ricordi e alla sua sensibilità. ALLIUM: UNA STORIA è il risultato di questa operazione inusuale, completata con la collaborazione di Jonas Reingold (Flower Kings, Karmakanic) al basso e alla chitarra e Roberto Tiranti (Labyrinth, Vittorio De Scalzi) alla voce: TRT.
Andy ci racconta tante cose sul quel gruppo, dimenticato da tutti tranne che da lui, sulla forza della musica in generale, sul prog italiano, sull’italia di quel turbolento periodo, grazie ai testi in italiano di Antonio De Sarno. È anche un atto d’amore verso il nostro Paese. Nel prossimo numero ci sarà la seconda parte dell’intervista ai TRT con i contributi di Jonas, Roberto e Antonio. Tagliare le parole di Andy ci dispiaceva, perché non è mai banale nelle risposte. Spesso si parla di album realizzati negli anni settanta mentre ora parliamo di un disco contemporaneo, suonato e ambientato negli anni settanta… in modo dichiarato, non come tanti lavori ispirati a quel periodo ma suonati con strumenti e stili espressivi odierni. È una operazione unica, anche se un po’ contorta, che mi stimola ad ascoltarlo attentamente. ALLIUM: UNA STORIA ha tre lunghi brani, cantati in italiano, e due diversi missaggi, uno legato al 1976 e uno al 2021. Io preferisco il primo perché lo trovo più adatto all’ambientazione sonora dei pezzi. Il risultato è molto interessante e credo che possa essere l’inizio di una bella esperienza, anche perché è riuscito a evitare la rigidità di troppe operazioni costruite a tavolino. Andy ha voluto realizzare un sogno e lo ha fatto nel modo passionale che lo con- traddistingue…
Inside album
1– Mai tornare
È la prima composizione a cui ho lavorato, un po’ il catalizzatore per il resto del materiale. Stavo parlando da tempo con un amico del disco degli Allium e a un certo punto mi è venuta voglia di cercare di ricrearlo. Alla fine degli anni 80 avevo fatto più o meno la stessa cosa con Arrow dei Van der Graaf Generator (GODBLUFF), dato che anche in quel caso avevo perso la cassetta! Curiosamente in seguito collaborai con due VDGG, ovvero con David Jackson (THE MUSIC THAT DIED ALONE, 2003, primo album dei Tangent) e con Hugh Banton [dal vivo e su NO MORE TRAVELLING CHESS dei Parallel or 90 Degrees, tributo a Peter Hammill/vdgg, 1999, dove c’è anche Arrow, ndr]. Le mie sensazioni delle composizioni degli Allium erano un po’ sfumate dal tempo trascorso senza ascoltarle, però ricordavo molti momenti in 7/8 sulla falsariga di The Cinema Show dei Genesis e un graduale crescendo. C’erano anche dei momenti più jazzati, che evocavano Frank Zappa e qualche parte di sassofono, che esprimeva in qualche modo lo spirito dei VDGG. Sicuramente c’era una sezione acustica molto PFM, il Clavinet all’unisono con il basso e il Solina String Machine dal vivo al posto del Mellotron, invece presente nella registrazione in studio. Il basso era un vecchio Hofner (come quello usato da Lee Jackson dei Nice) e la batteria era particolarmente secca, come nei primi dischi dei King Crimson. Sapevo che non avrei scritto i testi, ma in qualche modo volevo che la musica evocasse l’idea del gruppo di musicisti albanesi che arriva in Italia da
un mondo estremamente diverso. Desi- deravo che le parole fossero in sintonia con questa idea; fortunatamente Antonio e Roberto sono riusciti a dare significato e melodia al tutto. Jonas ha poi inserito la giusta ruvidezza con basso e chitarra. In sintesi, vorrebbe essere la ricostruzione ideale di quello che fu il lato A della cassetta che avevo… la suite epica degli Allium.
2 – Ordine nuovo
Ricordo che il secondo pezzo, strumentale, iniziava con un quartetto di fiati e procedeva con il pianoforte, tra musica classica e jazz, prima di diventare ritmato con una breve sezione samba da qualche parte. Ho cercato di creare qualcosa che seguisse questa descrizione, così Jonas ha trovato una linea con la chitarra, poi doppiata dal sassofonista Raymond Aichinge, già presente su DOT dei Karmakanic (2016). Poi è arrivata la vera sorpresa perché Antonio ci sentiva dentro una parte cantata e affidò un breve testo a Roberto, che ha tirato fuori una grande melodia. Era perfetta e non si poteva eliminare, anche se non è più lo strumentale che ricordavo.
3 – Nel nome di Dio
A essere sincero, era il brano che apprezzavo meno del demo originale, e spesso lo saltavo. Infatti lo avevo meno memorizzato, quindi è il caso di dire che è ciò che avrei voluto suonassero gli Allium piuttosto che ciò che incisero realmente. C’era una fisarmonica, violino e mandolino… e io odio il fottuto mandolino! Era anche acustico. Non iniziava in modo molto diverso, ma è frutto di fantasia più degli altri pezzi. Quando vidi gli Allium stavano provando un’altra composizione a me più congeniale. Nel nome di Dio vorrebbe essere qualcosa che gli Allium di Mai tornare avrebbero potuto realizzare per sostituire l’unico pezzo che non mi piaceva.
Andy, nelle note di copertina menzioni PER UN AMICO della PFM. Come lo giudichi oggi?
Ho un amore smisurato per questo disco e per STORIA DI UN MINUTO. Sono pilastri del progressive rock a livello internazionale, almeno quanto SELLING ENGLAND BY THE POUND, CLOSE TO THE EDGE e BRAIN SALAD SURGERY. L’ho comprato in Italia nel 1976 e non mi ha mai stancato. Si possono avvertire le influenze (Yes, Genesis, ELP), ma il gruppo ha un
suo vocabolario particolare. L’utilizzo del violino fu una novità assoluta. Esecutivamente e compositivamente la PFM era ai massimi livelli. A differenza di gruppi derivativi, come Druid, Starcastle e Triumvirat, la PFM non assomigliava a nessuno. Era e rimane la PFM. L’utilizzo delle tastiere, in particolare in questo disco, è molto “colorato” e organizzato con un bel po’ di contrappunti, oltre a sonorità nuove per l’epoca. Questo approccio in particolare è stata una vera ispirazione per me. PER UN AMICO rimane uno di quei dischi a cui ritorno spesso.
Rock progressivo negli anni 70 e oggi. Perché è ancora in circolazione dopo oltre mezzo secolo?
Credo che sia qualcosa di cui la gente aveva e ha bisogno. Molti non si rendono conto di quanto possa donare alle nostre vite questo strano genere musicale. Intanto ha dato alla nostra generazione la possibilità di sentire musica complessa, estesa e narrativa, utilizzando una strumentazione moderna. L’arrivo della chitarra elettrica, tastiere e tutto il resto ha coinciso con la diffusione della classica canzone pop di tre minuti. Per molti le due cose coincidono, quindi la musica elettrica è quella pop, che deve sottostare ai limiti della programmazione radiofonica. Alcuni musicisti avevano invece voglia di una loro Scheherazade (Rim- sky-korsakov)o La sagra della primavera (Stravinskij). Proprio come Stravinskij utilizzava le melodie della musica folk della sua epoca, gli Yes citavano e plasmavano i Beatles, Gustav Holst e le sigle dei telefilm americani mentre costruivano il proprio universo sonoro. La nostra generazione voleva essere coinvolta nella musica come lo furono quegli artisti, e l’unico modo era fare come i vari PFM, Yes, Banco, Genesis e Museo Rosenbach, solo per citarne alcuni. Non è certo una moda il prog! È destinata a restare perché risponde a un preciso bisogno di coinvolgimento totale. Sì, ha avuto un breve periodo di successo popolare, quindi è stato un po’ di moda, ma adesso siamo lontanissimi da tutto ciò e possiamo letteralmente fare quello che vogliamo con la musica. Non farà più arricchire nessuno, ma c’è molta gente che ha bisogno di viaggiare con il prog. I TRT vivono con le nostre esperienze nei Tangent, Flower Kings, Karmakanic, New Trolls, Labyrinth. A tutti piace “viaggiare”, c’è poco da fare!
Artisti/gruppi di allora e di oggi che più ti stimolano?
Bene. Sono contento che non hai voluto specificare il genere. Sono stato ispirato da una vasta gamma di compositori, musicisti e parolieri a partire dall’era barocca di Bach, passando per quelle classiche e romantiche… i lavori meravigliosi degli impressionisti, Debussy, Satie, le meraviglie di Stravinsky, Holst ecc. Amo molto il jazz e la fusion, naturalmente i Return to Forever e il grandissimo Chick Corea, che non riesco a evitare di ascoltare. Baricentro, Brand X e Kaleidon sono nomi che potrei fare, ma a quel punto dovrei citare la scena di Canterbury e gli Egg, i National Health, i Caravan e tutti gli altri. Rimanendo dentro i confini del progressive rock, credo il mio amore principale sia la musica di Van der Graaf Generator, ELP e Yes. Loro mirarono davvero in alto e sembravano non conoscere limiti. Potrei aggiungere Genesis, Jethro Tull, PFM e centinaia di altri. Non vorrei dimenticare i Voivod, gruppo techno thrash metal, Rush,
Joni Mitchell e Nomeansno… tutti canadesi! Amo il punk anarchico di Chumbawamba, Civilised Society? e Flux. Adoro la musica elettronica, anche dance, per non parlare di funky, soul, Motown e molta musica pop. Forse gli Earth Wind and Fire sono il mio gruppo preferito. Abbiamo attraversato dei tempi straordinari, artisticamente parlando, con l’infrangersi di tante barriere temporali e culturali, grazie alla musica elettrica/elettronica. Inoltre abbiamo la possibilità di ascoltare registrazioni musicali effettuate prima che noi nascessimo. Siamo davvero fortunati. Tutto ciò rappresenta una fonte inesauribile di ispirazione, da cui ognuno può trarre qualcosa.
Qual è il senso della copertina?
La copertina è probabilmente la cosa più “fedele” all’album perduto degli Allium. Avevo un piccolo poster di cartoncino, che loro usavano per pubblicizzare la cassetta venduta ai concerti. Aveva proprio quel fiore dello stesso colore. Credo sia abbastanza vicina all’originale. Speravo di poter scovare quel poster a casa dei miei, dopo che sono venuti a mancare. Purtroppo non l’ho trovato.
Cosa vi ha creato più difficoltà nella registrazione dell’album?
Abbiamo sicuramente avuto diverse difficoltà, però trasformate tutte in situazioni divertenti alla fine. Abbiamo dovuto pensare a cosa si potesse fare 40 anni fa in termini di registrazione. Abbiamo dovuto adattarci alla limitazione del numero di tracce, nessuna quantizzazione ecc. In realtà abbiamo imparato tantissimo in termini di disciplina, quindi è stato tutt’altro che frustrante alla fine. Come tastierista a partire dal 1987 è stato possibile creare qualsiasi suono mi passasse per la testa. Nel 1976 avevi il sintetizzatore, rigorosamente monofonico, organo, pianoforte e qualche altra possibilità come Mellotron, Clavinet e string machine. Non potevamo certo pensare in termini di “quantità illimitata di tracce“come si fa oggi. Sedici canali dovevano bastarci. Cioè, decidere cosa sarebbe rimasto nel mix finale prima di arrivare alla fine del processo di registrazione, in modo da poter guadagnare qualche traccia. Registrare, per esempio, la batteria su dieci canali e poi ridurre il tutto a due prima di avere terminato il disco. Oggi si può fare di tutto in qualsiasi momento, mentre nel 1976 bisognava prendersi delle responsabilità e poi attenersi a quanto scelto. Naturalmente, se dobbiamo proprio parlare di problemi, la panscrivere
«L’album è l’omaggio a una sconosciuta band che ha stimolato il mio amore per la musica» Andy Tillison
demia occupa sicuramente il primo po- sto. Non abbiamo potuto incontrarci e, a oggi, non ho mai conosciuto Roberto, che ha contribuito enormemente al progetto. Antonio De Sarno ha risolto il nostro problema principale, ovvero scrivere i testi in italiano. È stato proprio quando lui ha deciso di “salire a bordo” che il progetto ha cominciato a prendere vita.
Questo album ha possibilità di essere suonato dal vivo, ovviamente con una band allargata?
Sarebbe bello e noi non ci tireremmo indietro. Chiaramente la formazione dovrebbe allargarsi con la presenza di un batterista. Servirebbe anche un flautista-sassofonista, per non parlare del violino! Sarebbe bello se fossero italiani, poi! Magari c’è qualche lettore di «Prog Italia» interessato?
Nelle note di copertina c’è scritto: “Abbiamo esaminato come utilizzavano il basso e la chitarra le band progressive italiane dell’epoca e abbiamo deciso di optare per un suono di chitarra vintage, un po’ sfocato”. Quali gruppi avete preso in esame?
Abbiamo scelto i gruppi meno famosi, almeno dalle mie parti. Ho ascoltato molto Volo (NON QUELLI ATTUALI!!!), TILT degli Arti e Mestieri, entrambi gli album del Baricentro e gli Alas, gruppo argentino un po’ jazz rock. È stato il loro terzo album, MÍMAME BANDONEÓN (2003) a farmi venire la voglia di usare un bandoneón in Nel nome di Dio. Poi ho ascoltato e studiato tanto Festa Mobile, Museo Rosenbach, Balletto di Bronzo e Metamorfosi.
Siete soddisfatti del risultato, artistico e tecnico? Siete riusciti a creare l’album che gli Allium avrebbero dovuto incidere allora?
Personalmente ne sono molto contento, ma non credo sia proprio il disco che gli Allium, quelli veri, avrebbero realizzato. Certo avevo sentito solo i demo, ma nonostante le canzoni siano diverse, la mia impressione è che questo sia comunque il sound che ricordo dall’ascolto della cassetta. Il primo album degli Starcastle, per esempio, sicuramente aveva lo spirito degli Yes. Spero di avere onorato i veri Allium.
C’è possibilità di un secondo capitolo?
Sì. Continueremo con il Gruppo. Non abbiamo messo esattamente a fuoco se sarà il seguito della “carriera” degli Allium o se sarà semplicemente quello che a noi piace fare, ma la verità è che abbiamo proprio goduto della nostra compagnia “virtuale” durante i primi mesi del 2021. Jonas, Antonio e Roberto sono stati i miei grandi “lockdown friends” e la realizzazione di questo disco ha creato una relazione speciale, che spero possa portare lontano. Tutti noi vogliamo farlo.
Andy, speri che qualcuno degli Allium ti contatti per farti sapere se questo disco gli è piaciuto? Se ti dovessero spedire una copia del loro demo non hai paura di rimanere deluso, dato che a volte i ricordi ingannano?
È un vaso di Pandora. Certo, è da quando esiste Internet che cerco loro tracce. In tutto questo tempo a me interessava solo trovare il disco. Adesso che l’album, in qualche modo, esiste, ci sono un sacco di possibilità. Per esempio, potrei scoprire che il vero disco era PEGGIO di quanto non lo ricordi, il che sarebbe una delusione, oppure potrebbe essere MEGLIO del nostro e, allora, sarebbe deprimente per noi. Anche se magari bello per tutti gli altri! Mi preoccupa anche il fatto che agli originali potrebbe non piacere affatto il nostro disco, infatti qualcuno si era già risentito quando cercai di farlo passare come un vero reperto di quegli anni… nonostante le mie intenzioni sincere. Di sicuro l’incontro con loro mi ha cambiato la vita e ha contribuito a farmi diventare un musicista con più di venti album all’attivo. Mi piacerebbe davvero incontrarli di nuovo ma la cosa mi riempie di ansia! Qualcuno mi ha anche chiesto se io abbia davvero incontrato il gruppo. Perché dovrei mentire? Il momento in cui decidi cosa fare “da grande” è irripetibile, non è proprio come scegliere una carriera a scuola. È qualcosa che ti succede e basta. A me è successo di voler realizzare questo disco solo come omaggio a una sconosciuta band che ha stimolato il mio amore per la musica… ma se qualcuno vuole credere a tutti i costi che sia una cinica operazione di marketing, pazienza. Non penso di essere particolarmente portato per il marketing e, anche questa cosa, alla fine, è sempre colpa degli Allium!