È COLPA MIA SE…
MARCELLO TODARO, CHITARRISTA DEI PRIMI DUE ALBUM DEL BANCO, PORTÒ FRANCESCO AL FATIDICO INCONTRO CON VITTORIO E GIANNI NOCENZI, CHE CERCAVANO UN CANTANTE PER LA BAND. “MI ASSUMO LA PIENA RESPONSABILITÀ PER AVER PORTATO FRANCESCO ‘CHECCO’ DI GIACOMO NEL LONTANO 1971 IN QUEL DI MARINO LAZIALE”.
Agli inizi degli anni 70, se la memoria mi assiste, visto che sono passati 50 anni, se scrivi mezzo secolo mette paura, a Roma c’erano assemblee/ jam session di gruppi e di musicisti, che cercavano di contrastare la disgraziata attitudine di andare a suonare sottopagati… cosa che non si è mai risolta. Proprio a una di queste riunioni, incontrai Francesco. Era seduto in disparte, vestito con la sua famosa tuta jeans e aveva in mano un flauto traverso, dal quale ogni tanto traeva qualche nota. Parlammo un po’ e ci lasciammo con l’intento di fare qualche cosa insieme. Mi trovavo come spettatore al Festival Pop di Caracalla del maggio 1971, dove, forse per destino, Vittorio Nocenzi mi scovò, nonostante la marea di gente intorno, chiamandomi per nome e dicendomi che stava cercando un chitarrista. Ero davvero al posto giusto nel momento giusto… Di lì a pochi giorni, iniziai ad andare a Marino per provare e vedere il da farsi. Parlando con Vittorio venne fuori la necessità di trovare un cantante “carino”, insomma di bella presenza… e io portai Francesco! Il resto, come si dice, è storia. Francesco era un istrione, una forza della natura, calmo ed esuberante, e la sua vena poetica nello scrivere i testi, è quella che lo rappresenta meglio. Durante i tour alle volte dormivamo assieme, letti matrimoniali e russate di quelle memorabili. Nella pausa pranzo delle registrazioni del SALVADANAIO andavamo a farci fare dei panini al negozio di alimentari, che era quasi di fronte allo studio della Ricordi in via dei Cinquecento (Milano). Piazzavamo gli ordini e la signora del negozio chiedeva sempre: “Come la vuole la michetta?”, con la classica pronuncia milanese. All’uscita Francesco prendeva in giro la signora, ripetendo michetta e sostituendola con ’na rosetta! D’estate, quando avevamo dei concerti nell’emilia-romagna, facevamo base presso l’albergo/ ristorante Al Gufo di Miramare (Rimini), anche perché era praticamente a due passi dall’altro Mondo, famoso locale dove quasi tutti i gruppi e artisti del momento suonavano. Durante la notte di Ferragosto, tornando verso l’albergo, ci imbattemmo in un traffico da ora di punta sull’autostrada e Francesco, sporgendosi dal finestrino, urlava a tutti: “Annatevene a casa!!!”. Nei giorni di day-off ci rilassavamo giocando a carte nel patio dell’albergo, poi ascoltavamo Francesco intonare, come solo lui sapeva fare, Margherita di Riccardo Cocciante. Ci siamo incontrati nel corso degli anni, anche se poche volte perché io poi sono andato a vivere negli Stati Uniti. Posso solo dire che con Checco non ci sono stati mai screzi, non si poteva. Mi sento ancora oggi privilegiato ed orgoglioso di avergli, materialmente, potuto allacciare le scarpe. P.S. Da quando Guido mi ha chiesto se volevo scrivere qualcosa su Francesco, mi è scesa una sorta di malinconia, tristezza e rimpianto, perché alla mia destra non c’è più nessuno e la ragione non si placa…
«Vittorio mi chiese di contattare un cantante carino per il BMS… e io portai Francesco!»