IL TEMPO CORRE…
FILIPPO MARCHEGGIANI INIZIA LA COLLABORAZIONE CON IL BANCO NEL 1994, DIVENTANDO IL CHITARRISTA “GIOVANE” AL FIANCO DI RODOLFO MALTESE.
Francesco, so’ passati già quasi otto anni. Sembra ieri, eppure pare un’eternità. Ti incontrai per la prima volta alla sala prove in campagna da Vittorio. Sei arrivato tardi, avevi l’oculista. Un’entrata delle tue, tra l’epico e il comico. Ti guardavo come fossi il Buddha. Subito c’hai fatto cappotta’ con una battuta delle tue; sembrava una scena di un film di Steno! M’hai studiato un bel po’, all’inizio, mentre Vittorio mi svezzava musicalmente con ore e ore di prove e io, da ragazzino del vivaio, facevo una gran fatica a stare al passo dei grandi. Così so’ passati i primi mesi, a studiare, sudare e ridere (quello sempre e tanto, grazie a Dio) e poi è cominciato il tour: le giornate e le nottate in viaggio su e giù per l’italia, le gomme scoppiate sulla A1 in pieno agosto… quella notte mi hai incoronato “Er Crema”, soprannome che ormai porto come un titolo nobiliare. E poi il palco: il soundcheck, con te che sparavi cazzate seduto sulla pedana della batteria mentre Vittorio dirigeva le prove. Poi il concerto, dove tutti aspettavamo che ti girassi con il tuo sorriso barbuto sul primo giro de Il ragno, una specie di segnale come a dire “Rega’ tutto a posto!”. Le improbabili presentazioni che mi dedicavi, anzi, che dedicavi alla mia folta chioma… che alla fine, hai visto, se n’è andata pure lei. Poi il rapporto con i fan, che per te erano amici di vecchia data o nuove conoscenze: ti piaceva stare in mezzo alla gente, e così m’hai insegnato che a fa’ le star so’ boni tutti, ma essere GRANDI è qualità per pochi. Poi il tour acustico, dove io e te abbiamo fatto equipaggio e lì m’hai voluto bene come dicevi te: “Come er fijo scemo che non c’ho mai avuto!”. Ore di macchina a parlare di tutto, mentre dispensavi consigli e saggezza senza farmi sentire mai un “pischello” senza esperienza, sempre incuriosito dal mio punto di vista così acerbo. Le camere d’albergo condivise, i caffè doppi in tazza grande, rigorosamente in camera alle sette del mattino, perché “Tocca torna’ a Roma” e poi lo sai, “col Banco non se dorme mai”. Il gilet “milletasche”, che portarvi come una divisa e dove ti perdevi sempre. Quando squillava il cellulare lo cercavi come se fosse una granata in procinto di esplodere. Gli autogrill, il caffè d’orzo per colpa della gastrite, la telefonata all’aci, le cene dopo i concerti, sempre indimenticabili. Le cene, è chiaro. Poi il Giappone, il Messico, Los Angeles, Rio, Panama. L’esperienza traumatica del sushi negli anni Novanta… addirittura da Mac Donald’s siamo andati! Lo shopping a Osaka, in quella via che sembrava Spaccanapoli tra Rolex tarocchi e boutique di Gucci con borse da 600.000 Lire. La gita alle Piramidi e le mille cianfrusaglie che ci siamo comprati a Città del Messico. La passeggiata tra le palme di Venice Beach, dove le persone e il resto erano così naif. Persi nel quartiere Flamengo a cercare i fantomatici francobolli per spedire le cartoline ai tuoi amici, mentre gli altri sorvolavano il Pan di Zucchero in elicottero. La musica era il motivo, ma la vita è il percorso straordinario che abbiamo fatto assieme, dietro a ogni viaggio, ogni concerto, prova, pranzi e cene e pause caffè. Attimi legati come perle a un filo, nessuno identico a se stesso, tutti belli e importanti. Come quando nel 2013, durante le prove per il tour estivo, m’hai detto: “A Crema so’ proprio str… perché in tanti anni non te l’ho mai detto, ma sei proprio un gran chitarrista!”. “Mejo tardi che mai, France’”. Quasi otto anni in cui è cambiato tutto, ma tu ci manchi sempre e molto. Scusa le tante parole, anche se per quelle sarò sempre io in debito con te. Anzi, sai che te dico: io il numero del telefonino tuo non l’ho mai cancellato… ’n sia mai te venisse voja de fa’ no squillo, come l’ultima volta…