LA PACE NON VA PIÙ DI MODA
Poco più di settant’anni fa il Giappone rinunciava alla guerra e lo affermava con forza nella sua costituzione. Oggi quell’articolo nove è messo in discussione dalla crisi missilistica nord-coreana e dalle riconferme alla guida del Paese
Shinzo Abe non è mai stato così forte. A premiarlo, a detta di molti, i toni duri usati contro Pyongyang, che negli ultimi due mesi per due volte ha fatto volare i suoi missili balistici sopra lo spazio aereo giapponese.
Ad aiutarlo, a detta di altri, un calcolo rapido e ben fatto, ottenuto dalla somma della crisi del Partito Democratico cominciata lo scorso luglio dopo le dimissioni di Renho Murata e continuata dopo la discussa scelta di Seiji Maehara come nuovo leader, e il ritorno di consensi grazie ai primi segnali di ripresa economica. Così, dopo aver anticipato di oltre un anno la chiamata alle urne e aver ottenenuto con il suo Partito Liberal Democratico una maggioranza di oltre i due terzi alle elezioni per la Camera Bassa (312 seggi su 465), il Primo Ministro è pronto a rilanciare: “è necessario battersi per formare un accordo di ampio spettro tra maggioranza e opposizione”, un accordo che porti alla revisione della Costituzione.
Raggiunta la maggiornaza necessaria per poter proporre modifiche alla costituzione, infatti, Abe vorrebbe abbandonare l’attitudine pacifista del Paese e legittimare l’esistenza delle Forze di Auto-Difesa. Ma per fare questo avrà bisogno anche della maggioranza (senza bisogno di raggiungere un quorum) in un referendum nazionale. Ed è qui che il piano del leader conservatore potrebbe incontrare non poche difficoltà, con l’opinione pubblica fortemente divisa al riguardo. Lo spettro dei tre milioni di morti in guerra e del bombardamento nucleare di Hiroshima e Nagasakiha da sempre portato i giapponesi a guardare come una rassicurazione quell’articolo che recita “il popolo giapponese rinuncia per sempre alla guerra come diritto sovrano della nazione e alla minaccia o all’uso della forza come strumento di soluzione delle dispute internazionali. Le forze terrestri, navali o aeree, così come altri potenziali strumenti di guerra, non saranno mai più mantenuti”. Un sondaggio diffuso dall’emittente televisiva Nhk, del resto, mostra che solo il 32% degli interpellati è a favore del cambiamento, il
21% è contrario, mentre il 39% è ancora insicuro. Sembra che al momento il successo di una politica monetaria ultraespansiva, l’acclamato Abenomics, e una schiacciante vittoria elettorale – sostenuta, a onor del vero, dalla potente élitegiapponese- non bastino a conquistare la fiducia della gente comune, che, nonostante la letterale corsa al voto, non ha dimenticato i recenti scandali scoppiati durante l’amministrazione Abe.