IL CINEMA CHE VERRÀ
2018: THE YEAR AFTER
Dopo la rivolta di attori e registi neri e la nuova presa di coscienza femminista, il cinema di Hollywood e non solo si prepara (forse) a una nuova era. Partendo dalla stagione dei premi, ecco cosa ci aspetta dal nuovo anno cinematografico.
Un anno di crisi politica e ideologica profondissima è stato il 2017 per il cinema e il mondo dello spettacolo in generale e non solo a Hollywood. Quello appena finito sarà ricordato soprattutto per essere stato l’anno dello svelamento della cappa di molestie che gravavano sulla Mecca del Cinema - ma anche in Inghilterra, Italia e altrove, da Weinstein a Fausto Brizzi - con tutte le conseguenze del caso.
Fatti che paiono anche conseguenza della nuova battaglia per la consapevolezza femminile che parte da registe e attrici, che ha trovato in Wonder Woman il suo film cardine, e che segue le manifestazioni afroamericane (da Oscar So White a Black Lives Matter) che hanno portato al trionfo politico di un film come Moonlight.
Il cinema è quindi un mezzo privilegiato per guardare al mondo, alle scelte, alle conseguenze: che anno sarà quindi il prossimo, quello che segue due tempeste consecutive?
Un buon punto di partenza per rispondere è guardare alla Awards Season, la stagione dei premi cinematografici che dall’America suggeriscono quelli che saranno i film in uscita a breve dando un’indicazione del futuro prossimo: le prime indicazioni possiamo trarle dalle nomination ai Golden Globes che lanciano tre film davvero molto attesi nelle sale italiane.
In ordine di uscita, il primo è “Tre manifesti a Ebbing, Missouri” (11 gennaio), film diretto da Martin McDonagh che racconta la storia di una madre che cerca giustizia per la morte della figlia ingaggiando una lotta contro la polizia che la porterà troppo lontano: film di scrittura sopraffina, con un’umanità densissima che esplode in una serie di interpretazioni straordinarie e una capacità di narrazione da applausi; il secondo è “Chiamami col tuo nome” (25 gennaio), diretto da Luca Guadagnino e già tra i film più premiato dell’intera annata che si pone come outsider tra i grandi film delle major americane e i grandi autori: una storia di amore omosessuale di straordinaria misura e delicatezza - da un bestseller omonimo - che permette al regista di abbattere le diffidenze soprattutto italiane e di realizzare il suo film migliore; il terzo è “La forma dell’acqua” (15 febbraio), il film della definitiva consacrazione per Guillermo Del Toro che con questa personalissima, avvincente e commovente storia d’amore, avventura e libertà tra una donna delle pulizie muta e un mostro marino ha vinto il Leone d’oro a Venezia.
Tra gli autori maggiori, le grandi attese non sono poche: Steven Spielberg porta addirittura 2 film in poche settimane, “The Post” (1 febbraio), che racconta la spinosa vicenda giornalistica dei Pentagon Papers che segue il filo dei suoi film recenti da “Lincoln” a “Il ponte delle spie”, e” Ready Player One” (29 marzo) tratto dal romanzo di culto di Ernest Cline in cui tra realtà aumentata e lotta per la sopravvivenza torna lo Spielberg futuribile di “Minority Report”; Wes Anderson aprirà il festival di Berlino a febbraio con “L’isola dei cani”, film d’animazione ambientato in Giappone in un futuro in cui i cani vengono isolati
dalla popolazione; ma soprattutto sarà il quasi omonimo Paul Thomas Anderson ad alimentare le attese dei cinefili con “Il filo nascosto”, dramma ambientato nella moda londinese degli anni ’50 e che sarà, così dice, l’ultima interpretazione di Daniel Day Lewis. Gli echi di scandali e battaglie appaiono un po’ vaghi: il ribollire della questione razziale si può leggere nel lancio di “Black Panther” (14 febbraio), primo cine-comic quasi all black (tranne il cattivo, bianco) diretto dal Ryan Cogler di Creed (a proposito, sarà lo stesso Stallone a dare vita al seguito di quel film con Rocky e il figlio di Apollo); il potere femminile sta quasi solo in “Red Sparrow”, film d’azione con Jennifer Lawrence che cerca di ripetere le gesta di Charlize Theron in “Atomica bionda”; e gli scandali sessuali si ripercuotono su “Tutti i soldi del mondo” (4 gennaio) di Ridley Scott, che ha rigirato tutte le scene di Kevin Spacey con Christopher Plummer (beffardamente nominato al Globe), e su Quentin Tarantino che ha dovuto spostare la produzione del suo film su “Charles Manson” da Weinstein alla Sony.
Del cinema europeo è difficile dire, dato che la programmazione delle uscite e della lavorazione dei film è molto meno rigorosa e previdente del cinema USA e qualcosa in più si potrà sapere aspettando i primi rumors da Cannes, mentre più delineata la situazione del cinema italiano: se a Gennaio arriva subito
“Benedetta follia”, il nuovo film di Carlo Verdone, si attendono i cavalli di razza. Paolo Sorrentino che racconta Berlusconi in “Loro” andrà quasi sicuramente proprio al festival di Cannes; Matteo Garrone, dopo aver abbandonato il progetto su Pinocchio, tornerà con una storia a cui pensava da tempo, “Dogman” ispirato alla terrificante vicenda del Canaro, ma non è dato sapere quando; Nanni Moretti avrebbe finito un documentario sulla dittatura cilena; mentre Paolo Virzì ha una doppietta in serbo: “Ella & John”, il suo esordio americano con Donald Sutherland e Helen Mirren, in uscita il 18 gennaio, e “Notti magiche”, una commedia noir che probabilmente uscirà in autunno.
Dopo un 2017 di transizione, in cui le questioni politiche globali sembrano aver influenzato la produzione, il 2018 promette forti emozioni e grande cinema. Anche se poi, come sempre, le rivoluzioni si fanno in altri modi, ma almeno le immagini in movimento le rendono trasparenti.