SUL WEB LA VITA È IN VETRINA
La reputazione online come valore di business. Ne abbiamo parlato con Andrea Barchiesi, CEO e fondatore di Reputation Manager
Un recente successo sanremese del gruppo indie “Lo
Stato Sociale” ha auspicato, con una generosa spruzzata di ironia, lo scenario di una vita in vacanza, libera dai legacci della società capitalistica, votata esclusivamente al profitto, alla produttività e al successo a tutti i costi. Di certo, la prospettiva di una vita spensierata non può che titillare i più, ma, restando con i piedi per terra, la realtà dei fatti, nella nostra quotidianità di “web connessi”, corrisponde più che altro a quella di una esistenza perennemente in vetrina, in cui la nostra identità finisce per essere associata a ciò che pubblichiamo in rete. Per capire meglio come sta evolvendo l’orizzonte digitale in cui ormai abitiamo e in che misura influenza il vissuto di ognuno, abbiamo consultato l’ingegner Andrea Barchiesi, CEO e founder di Reputation Manager.
Un mondo in continua evoluzione porta con sé nuove dinamiche e la necessità di nuove professionalità: chi è oggi il web reputation manager?
Il web reputation manager è un ruolo che è diventato importante in questi ultimi anni, crescendo in maniera direttamente proporzionale alla digitalizzazione del mondo che abitiamo. Reputation Manager è stato registrato da noi come marchio prima ancora che il ruolo si configurasse come una professione vera e propria, perché avevamo intuito come sarebbero andate le cose. Oggi il reputation manager governa la percezione che un soggetto ha rispetto a un altro soggetto, brand o prodotto, a seguito di una ricerca online. Per essere pratici, questo professionista gestisce un insieme di contenuti online che riguardano una determinata persona, un oggetto, un’azienda. Qual è il peso dell’identità digitale per le persone e per i brand?
Ognuno di noi possiede una propria identità digitale, così, quando cerchiamo informazioni in rete su un’altra persona e viceversa, è come se ci si desse una specie di “stretta di mano digitale”: non è detto che ciò che troviamo corrisponda necessariamente alla verità, che sia completo o esaustivo, però, inevitabilmente, guiderà le nostre percezioni. Infatti, se cerchiamo un ristorante thailandese in cui andare a mangiare e ne troviamo uno con un mucchio di recensioni negative, non importa se vere o false, alla fine decideremo di scartarlo. Non ci interessa verificare o correre il rischio: opteremo per il locale ben recensito e amen. Il reputation manager entra appunto in questo eco-sistema digitale plasmandolo in maniera adeguata rispetto alle esigenze del soggetto interessato. Attenzione: questo tipo di intervento è differente dal curare una pagina Facebook o un sito. In quei casi non stiamo parlando di reputazione, ma di ciò che un soggetto dice di se stesso. È solo un pezzetto piccolo della partita, perché la reputazione è data da ciò che gli altri dicono di noi quando siamo “nell’altra stanza”. Di conseguenza, il wrm (web reputation manager) non deve governare gli asset aziendali o personali, ma deve occuparsi di tutto il resto dell’informazione che esiste. Si tratta di una massa enorme da gestire: la nostra è una forma di ingegneria buona che serve per progettare un’identità digitale in maniera adeguata. Progettare non significa falsificare: vuol dire semplicemente evidenziare gli elementi ritenuti di maggior valore e più rappresentativi dell’immagine che un soggetto vuol dare all’esterno. Si tratta di un’a-