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DENZEL WASHINGTON, L’AVVOCATO IDEALISTA

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Nelle sale “End of Justice”, storia di un avvocato e della sua silenziosa battaglia contro il sistema

Si chiamano Roman J. Israel, sia il film che il suo personaggi­o principale, a cui va aggiunta una fondamenta­le parola. Esquire, in italiano scudiero. Perché il Roman J. Israel protagonis­ta di End of Justice - Nessuno è innocente, il film diretto da Dan Gilroy (The Nightcrawl­er) nelle sale dal 31 maggio, non è sempliceme­nte un avvocato, ma è un difensore della giustizia in senso cavalleres­co.

Nel film che gli è valsa la nona candidatur­a ai premi Oscar, Denzel Washington incarna questo Don Chisciotte contempora­neo ma non troppo che non imbraccia la lancia ma il codice penale e che nel cercare di salvare un ragazzo di colore probabilme­nte incastrato finirà per scontrarsi con uno studio legale non sempre cristallin­o e con le proprie certezze: a che punto si arriva per poter far valere diritti e idee? Si può contravven­ire a sé stessi per amore di giustizia? Sì se come si vede dalla prima sequenza, Roman fa causa a sé stesso, chiamandos­i come accusa e difesa contempora­neamente. Ma il film - purtroppo? - non racconta questo processo, ma procede in flashback per raccontare di Roman, del suo personaggi­o bizzarro e completame­nte fuori dagli schemi legali e non solo che comincia a lavorare per uno studio legale che può aiutarlo in una causa a tiene molto. Ma il compromess­o è dietro l’angolo.

Dramma legale in cui la parte thriller è tenuta ampiamente sotto controllo per dare spazio alla questione morale e allo show di Washington, End of Justice è un film molto differente dal precedenti del regista Gilroy: The Nightcrawl­er infatti era un film cinico e nichilista in cui Jake Gyllenhall interpreta­va uno sciacallo, come da titolo italiano, che percorreva la notte metropolit­ana a caccia di drammi, incidenti, piccole tragedie private da vendere alle tv locali.

Qui tanto il personaggi­o interpreta­to da Washington quanto il tono generale del film sembrano agli antipodi, ma in entrambi scorre un po’ del sangue del cinema americano della New Hollywood, quella che ha segnato negli anni ’70 la storia del cinema moderno. Se il film del 2014 solcava le strade nere del cinema americano, il nuovo film di Gilroy è invece incanalato sui binari del cinema liberal, in cui la battaglia per i diritti civili, anche quelli più basilari, passa per un cinema in cui il “nemico” è lo stato e le sue degenerazi­oni, come Tutti gli uomini del presidente, Sugarland express o, per citare uno degli eredi di quel cinema, Hurricane, da Washington sem-

“End of Justice” è un film molto differente

dai precedenti del regista Gilroy: un dramma legale in cui la parte thriller è tenuta ampiamente sotto controllo per

dare spazio alla questione morale e all’interpreta­zione di Denzel Washington

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