SOUND STORE by Riccardo Cavrioli
BIRDS OF AMERICA by “LAKE RUTH” (Feral Child - 2018)
È uno scrigno d’incantevoli segreti quello che ci troviamo fra le mani con il secondo album dei Lake Ruth. Hewson Chen, Matt Schulz e Allison Brice hanno una padronanza assoluta di una materia musicale cangiante e preziosa che, fra le loro mani, assume forme sublimi. Un pop retrò che esce dalla sezione “chamber” e guarda senza paura allo sperimentalismo e al futuro, come se i Cardigans se la spassassero con gli Stereolab, così, tanto per fare un accostamento tutt’altro che forzato. Allison è semplicemente magnifica, ha una voce così carezzevole che ci potremmo perdere dentro di lei senza nemmeno accorgercene, ma i suoi compagni di viaggio la mettono in grado di valorizzarla, poco ma sicuro. Ha una capacità più unica che rara questa band di tenerci inchiodati all’ascolto: impossibile resistere alle suggestioni che si aprono tanto agli anni
’60 e ai Saint Etienne, passando per morbida e melodica popedelia e impulsi ritmici quasi krautrock. “One Of Your Own” è caramella pop di una dolcezza assoluta, suggestioni noir per “Under The Waning Moon” e una camminata tre metri sopra il cielo per “VV” che ci tiene in sospensione. Tantissimi spunti, tantissimi colori (non solo tenui) e una vitalità che ci emoziona. Uno di quei dischi poco celebrati ma che, invece, merita profonde lodi.
SUNDAY BEST by “MARTHA FFION” (Turnstile Music - 2018)
I complimenti sono d’obbligo per la deliziosa Martha, fanciulla irlandese (ma ora stanziata a Glasgow) che ha sempre fatto le cose in modo ordinato e senza fretta. Ci
era piaciuto il suo EP “Trip” di un paio d’anni fa e ora eccola di nuovo qui, con un disco perfettamente in grado di bilanciare il moderno con il passato. Abile tessitrice di ricami anni ‘60, ecco che senza pensarci un attimo te la trovi armeggiare, con ottimo gusto melodico, con chitarre elettriche dalla veste più attuale, senza che la magia
precedente svanisca nel nulla. Il filo conduttore pare proprio essere la sensibilità e l’innocenza di Martha, che ti guarda con quello sguardo
furbo e malizioso, sia quando fa la “dura” sia quando si mostra più dolce, avventurandosi in un divertimento pop al piano (ci vengono in mente i primi Cardigans in “We Make Do”). Se poi dal cilindro estrae zucchero filato come nel caso di “Real Love” o “Beach”, che sono distillato purissimo di guitar-pop appiccicoso oltre ogni limite,
ecco che il nostro cuore è rapito per sempre. Equilibrio, cose fatte bene senza strafare, un buon gusto per la melodia e una buona versatilità: Martha Ffion ha fatto davvero un disco di facile presa e ben curato che, senza particolari voli pindarici nella ricerca sonora, merita comunque le
nostre lodi. Brava.