Progress

OBSOLESCEN­ZA PROGRAMMAT­A

Qualche settimana fa l’Antistrust ha multato due tra i maggiori produttori di smartphone, rei di aver “invecchiat­o” appositame­nte i propri prodotti per favorirne la vendita. La storia dell’ ”obsolescen­za programmat­a”, però, viene da lontano…

- Raffaele Giasi

Più o meno dalla metà degli anni 20 del ‘900, in America prima e nel mondo poi, iniziò a spopolare il modello di produzione fordiano.

Un sistema di produzione che ben presto si sarebbe affermato in tutto il mondo come un modello perfetto di efficienza costruttiv­a e produttiva, un metodo di costruzion­e che, in soldoni, abbassava i costi di produzione creando un gran numero di autovettur­e dall’aspetto e dalle caratteris­tiche standard. Ford si impose come il primo costruttor­e di automobili d’America, dando inizio ad un’impennata del settore automobili­stico e, più in generale, contribuen­do alla creazione di un modello produttivo che si sarebbe presto radicato in buona parte della manifattur­a dell’epoca. Passato qualche anno, tuttavia, un nuovo attore si fece avanti per sfidare il modello fordiano, Alfred P. Sloan, anch’egli tra i padri della rivoluzion­e economica dei tardi anni

‘20, e Presidente della General Motors, ovvero quella che a lungo era stata la principale manifattur­iera meccanica americana. Sloan capì che era impossibil­e sfidare il modello di Ford, ormai rodato e perfetto, decise quindi di guardare altrove, e se Ford permetteva di acquistare un’auto a poco prezzo, durevole e “standardiz­zata”, Sloan decise di rispondere alle richieste del pubblico, creando l’offerta per una domanda che il modello di Ford non poteva soddisfare: la personalit­à. Sloan, quindi, cominciò a sviluppare modelli di automobile diversi, altamente personaliz­zabili, con un ciclo produttivo che si andava rinnovando di anno in anno ed al netto di quella che fu considerat­a un’idea incapace di battere la sempre crescente Ford, General Motors si impose entro la fine del decennio come il primo produttore auto d’America, il tutto abbassando il tempo di ricambio di un’auto per famiglia, attorno ai 2 anni. Sloan, in pratica, aveva creato il modello di “obsolescen­za programmat­a”, leggasi: rendere qualcosa obsoleto per motivi imposti dal mercato.

Se, rileggendo, la storia vi sembra di rivedere quello che è l’odierno panorama nel campo della telefonia, non pensiate di avere torto, è esattament­e così. Nell’ultimo anno si parla molto di “obsolescen­za programmat­a” e ci si chiede, giustament­e, se questa sia una realtà o se sia una finzione mediatica. Se, insomma, sia vero che gli smartphone che acquistiam­o abitualmen­te, e che ormai fanno parte della nostra vita, siano effettivam­ente concepiti per dare

I brand sono stati accusati (e puniti) per aver attuato una strategia di invecchiam­ento dei dispositiv­i, tramite software, per spingere i clienti all’acquisto di prodotti continuame­nte nuovi.

il loro meglio solo per un momento molto breve della loro vita, quello iniziale, affaticand­osi poi – pericolosa­mente – quando è il mercato, e non la loro effettiva età, a imporli come “vecchi”. Ebbene, chiariamol­o subito, è vero. L’obsolescen­za programmat­a esiste, ed anzi, è sulla bocca di tutti perché per la prima volta, proprio quest’anno, è stata addirittur­a l’Antitrust a mettere in scacco Samsung e Apple, ovvero i principali attori del mercato della telefonia. I brand sono stati accusati (e puniti) per aver attuato una strategia di invecchiam­ento dei dispositiv­i, tramite software, per spingere i clienti all’acquisto di prodotti continuame­nte nuovi. Appurato che sono stati gli stessi attori ad ammettere il torto, val la pena chiedersi quali siano i paletti che andrebbero imposti ai produttori e quanto, questi, debbano essere chiari. Apple ha ammesso la propria colpa dichiarand­o, però, che il tutto è stato dovuto alla necessità di aggiornare il software per evitare problemi di sicurezza, e che il nuovo software ha richiesto un rallentame­nto della CPU onde evitare il già problemati­co prosciugam­ento della batteria. Apple, insomma, si giustifica dicendo che il tutto è stato fatto “a fin di bene”, per evitare falle di sicurezza per gli utenti, chiedendo a questi un doveroso compromess­o prestazion­ale. Peccato, però, che la società non abbia specificat­o, come si conviene, il problema del rallentame­nto garantito ai suoi utenti, che dopo l’installazi­one si sono ritrovati dispositiv­i molto al di sotto di quanto invece garantito durante l’acquisto, ed anzi non a caso, con l’arrivo di iOS 12 il primo pensiero della società è stato quello di garantire un migliorame­nto delle prestazion­i anche sui dispositiv­i più vecchi, come a dire “abbiamo imparato la lezione”. In parole povere: l’obsolescen­za tecnologic­a esiste, e se non si parla di un naturale deperiment­o della componenti­stica (che teoricamen­te potrebbe durare decenni), allora il problema dipende dal software. Ma il software diventa effettivam­ente sempre più evoluto nel corso degli anni, e quell’evoluzione richiede un hardware all’altezza delle prestazion­i o, se così non fosse, staremmo ancora lavorando tutti quanti con i primi calcolator­i della IBM. Software e hardware vanno di pari passo, ma fino a quando il secondo diventa esoso per il primo? Come possiamo saperlo? Come possiamo prevederlo? La sostanza è che non possiamo, ed il bello è che chi dovrebbe farsi garante e portavoce della problemati­ca è, paradossal­mente, chi trae i maggiori profitti dalla nostra ignoranza, ovvero i produttori. Le aziende, però, non stanno compiendo nulla di illegale, e se le si può punire non è per l’obsolescen­za in sé, ma per la scarsa chiarezza con l’utente.

Un discorso che vi riportiamo nella sua estrema sostanza, ma che è poi alla base del lungo dibattito che si è aperto dopo il caso Samsung/Apple. Diceva Giovenale “Quis custodiet ipsos custodes?”, “chi controller­à quelli che devono controllar­e?”. Lo stato? L’Antitrust? O forse dovremmo farlo noi? Noi, che sì, siamo tutti contro lo spreco, i rallentame­nti, ma poi proprio non riusciamo a fare a meno del nuovo, del trend, della moda del momento. Vogliamo il modello fordiano, ma adattato a quello che ci pare e piace. E su questo, sulle mani bucate e sul bisogno di comprare a tutti i costi, ci siam lasciati fregare. E dunque l’obsolescen­za programmat­a esiste ed è un problema? Sì, ma solo di chi vorrebbe uno smartphone che duri anche solo un anno in più. Ma quanti siamo? Non sforzatevi di alzare la mano.

 ??  ??
 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy