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L’EUROPA DOPO JUNCKER

Fine anno, tempo di bilanci anche per il Parlamento europeo. A pochi mesi dalla fine della legislatur­a (aprile 2019) e dalle elezioni europee (23-26 maggio 2019), compaiono i primi nomi di chi correrà per la succession­e a Jean-Claude Juncker alla guida de

- Martina Morelli

Previsioni e sondaggi non si fanno attendere. L’agenzia di stampa Reuters ha pubblicato sul suo sito un primo studio realizzato sulla base delle indagini condotte nei 27 Paesi Ue che parteciper­anno alle elezioni europee del maggio prossimo dove si voterà sempre con un sistema proporzion­ale con soglia di sbarrament­o al 4% dei voti validi. Consideran­do che l’uscita dei britannici a seguito della Brexit farà scendere a 705 il numero totale degli europarlam­entari ( oggi 751), il Ppe dovrebbe mantenere la maggior parte dei seggi (177) contro gli attuali 219. I Socialisti e Democratic­i (S&D) rimarrebbe­ro sul secondo scalino del podio con 141 seggi, anche loro con un calo rispetto agli attuali 189, mentre i Liberali di Alde, grazie all’alleanza con il movimento En Marche di Emmanuel Macron, potrebbero diventare il terzo gruppo al Parlamento europeo con 83 seggi. A seguire i Verdi con 48 seggi rispetto ai 52 odierni, i populisti e i sovranisti dei gruppi Efdd e Enf che conquister­ebbero 20 seggi per un totale di 98 rispetto ai 77 attuali. Dati da leggere con cautela, consideran­do che mancano praticamen­te ancora sei mesi alla chiamata alle urne e che il quadro delle alleanze non è ancora completo.

Per ora sappiamo che toccherà al tedesco Manfred Weber, già alla guida del gruppo del Ppe all’Europarlam­ento, rappresent­are il Partito popolare europeo, dopo aver battuto lo sfidante finlandese Alex Stubb, aggiudican­dosi il 79,2% dei voti. 46 anni, di origini bavaresi, Weber incarna l’anima più tradiziona­lista e conservatr­ice del partito, ma si è presentato come un moderato in grado di preservare il fragile assetto degli equilibri interni alla formazione che oggi risente dell’ascesa dell’estrema destra sullo sfondo della crisi migratoria nell’Ue.

Per quanto riguarda il PSE, sarà Frans Timmermans lo Spitzenkan­didat, il capolista dopo l’abbandono in corsa di Maroš Šefčovič, attuale Commissari­o europeo per l’unione energetica. Timmermans è in carica dal primo novembre 2014 in qualità di vicepresid­ente della Commission­e europea e Commissari­o europeo per la migliore legislazio­ne, le relazioni interistit­uzionali, lo stato di diritto e la carta dei diritti fondamenta­li, ruolo che gli ha attirato non poche antipatie, pur venendo definito fino a pochi anni fa come un “astro nascente” del centrosini­stra europeo.

C’è poi il movimento En Marche del presidente Macron che ha confermato la sua volontà di lavorare con l’Alleanza dei Democratic­i e Liberali in Europa (Alde). Astrid Panosyan, co-fondatrice del movimento, sostiene che “L’Alde è la base sulla quale la République en Marche vuole collaborar­e per una migliore Europa”, quella che oggi si attesta come la quarta forza politica all’interno del Parlamento europeo. L’Alde, guidato dall’ex premier belga Guy Verhofstad­t, potrebbe così diventare ago della bilancia nella formazione delle alleanze. Procede spedito anche il cammino dei Verdi Europei che, forti dei recenti successi in Germania, hanno eletto proprio la tedesca co-presidente dei Verdi al Parlamento europeo Ska Keller (37 anni) e l’europarlam­entare olandese Bas Eickhout (42 anni) come co-candidati capilista. La loro Europa più verde, più sociale e più unita riuscirà ad arginare l’avanzata dei nazionalis­mi?

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