LE IMPRESE AI TEMPI DELLA FATTURAZIONE ELETTRONICA
È senza dubbio la novità fiscale che più preoccupa e fa discutere gli italiani, e non senza motivo. Perché all’alba dell’obbligo alla e-fattura restano ancora molti nodi da sciogliere
A partire dal 1° gennaio saranno circa 3 milioni i contribuenti alle prese con un cambiamento epocale come la fatturazione elettronica obbligatoria. Eppure, a più o meno trenta giorni dall’entrata in vigore di questo nuovo provvedimento, il cantiere è ancora aperto. E non mancano le richieste di aggiustamenti e proroghe.
Per dipanare la matassa abbiamo chiesto aiuto a Marco Cuchel, Presidente dell’Associazione Nazionale Commercialisti, da mesi impegnata a fare chiarezza sull’argomento con una serie di convegni e roadshow in giro per il Paese.
È il tema caldo di questa fine 2018: quale scenario si profila per l’introduzione dell’obbligo di fatturazione elettronica?
Bisogna sottolineare che se è vero che l’obbligo entra in vigore dal 1° gennaio è altrettanto vero che questa tipologia di emissione di fatture nel sistema fiscale è già stata introdotta da oltre un anno e fin da subito – direi anche in fase di ideazione – abbiamo segnalato non poche criticità.
La prima è sicuramente la mancanza di preparazione da parte delle micro e piccole aziende italiane, che sono l’80% delle partite Iva del nostro Paese, ditte individuali o con collaboratori familiari, insomma imprese non strutturate. Per loro l’introduzione obbligatoria fin da subito non crea di certo una semplificazione, tutt’altro, genera un ulteriore adempimento burocratico, un problema sia in termini di costi che di gestione almeno in fase di sturtup. Ecco che noi avevamo chiesto un’introduzione graduale, cioè facoltativa, quanto meno per le piccole e medie imprese, e magari l’introduzione di premi che la favorissero ma lasciassero liberi di arrivare a questo obiettivo in maniera progressiva. Ad oggi, però, l’unico esonero da quest’obbligo è per quei soggetti con un volume d’affari sotto i 65.000 euro che comunque dovranno prevederne la gestione per quanto riguarda gli acquisti.
Non sono mancate neanche le segnalazioni sul proliferare in questo momento di caos normativo di pratiche scorrette a danno della categoria. Come si può correre ai ripari?
Un’anomalia che abbiamo riscontrato è proprio lo sviluppo di pratiche scorrette da parte delle software house sia nei confronti dei commercialisti che delle imprese. Mi spiego: le software house che già gestiscono attraverso altri servizi i dati aziendali pretendono che le fatture elettroniche transitino sempre dalle loro piattaforme e non attraverso quelle indipendenti o dal canale dell’Agenzia delle Entrate che ha previsto un suo software gratuito. Se si parte dal presupposto che la fattura elettronica genera un file xml, quindi universale e intellegibile da qualsiasi tipo di sistema, per noi resta intesa la possibilità di importare questi file da qualunque fonte o gestionale. Le pratiche commerciali scorrette segnalate all’Antitrust sono proprio relative a questo traffico di dati spesso ostacolato o reso impossibile dalle software house, che prevedono un passaggio obbligato attraverso i loro hub e l’applicazione di prezzi consistenti che mettono in difficoltà imprese e studi che gestiscono contabilità e dichiarativi con queste software house. Trattandosi di un obbligo di legge i movimenti contabili devono poter essere importati nei nuovi gestionali senza problemi o costi esorbitanti. Per questo come ANC abbiamo sviluppato una piattaforma con numero di fatture illimitate sia in entrata
che in uscita a un costo minimo, un prodotto molto semplice nell’uso che supporta anche altri tipi di applicativi a corollario della fatturazione elettronica.
L’Associazione ha portato all’attenzione dell’Autorità garante per la protezione dei dati personali non poche perplessità in merito alla nuova procedura...
La nostra è una preoccupazione generale rispetto al tema della privacy, cui è seguita una denuncia al Garante. Banche, istituti di credito, soggetti economici forti e software house hanno ideato piattaforme per la gestione della fatturazione elettronica che darebbero loro accesso a forniture, acquisti, flussi finanziari e bancari, margini di redditività, segreti industriali e brevetti, miliardi di dati estremamente sensibili delle aziende italiane. Sul loro utilizzo per fini di profilazione al momento si registra un vuoto normativo che costituisce un rischio enorme per l’economia del nostro Paese. Va chiarito che l’obbligo di fatturazione elettronica è stato inserito con una richiesta specifica di deroga alla Comunità Europea -bocciata una prima volta e approvata in seconda istanza – esclusivamente come mezzo di prevenzione all’evasione e con questa sola finalità i dati devono essere trasmessi all’Agenzia dell’Entrate.
Ciò che noi chiediamo è che l’utilizzo di quei dati sia negato per legge, per arginare un rischio che potrebbe essere devastante per il Paese e che è passato sotto un disarmante silenzio, anche da parte delle associazioni di categoria.
Bisogna tutelare la segretezza dei propri dati per non perdere fette di mercato.
In molti credono che questa novità fiscale possa portare a uno svuotamento del ruolo del commercialista. È davvero così?
La semplificazione sembra che possa generare una minore necessità dei servizi professionali svolti, quanto meno di quelli base come tenuta della contabilità e dei servizi dichiarativi. Parlare in questi termini è certamente prematuro, soprattutto se si considera l’importanza di un rapporto confidenziale e di fiducia con il proprio commercialista. Il commercialista quale professionista iscritto ad un Ordine è sottoposto a precisi obblighi formativi, deontologici e di aggiornamento che costituiscono una garanzia per il cittadino. Inoltre, fino a che il fisco in Italia sarà complicato come è oggi – non a caso spesso lo definisco schizofrenico – con cambiamenti davvero repentini, credo che il nostro aiuto alle imprese rimarrà determinante. Certo è che stiamo assistendo a una trasformazione nelle relazioni con i nostri clienti e indubbiamente questo momento va gestito al meglio. Altro fatto innegabile è il calo di gradimento nei confronti della nostra professione, che l’opinione pubblica spesso associa al mero pagamento di tasse, o peggio, alla complicità con l’evasore. Sta alla categoria saper divulgare e informare in merito a un ruolo che è anche fatto di grandi soddisfazioni, come la partecipazione alla crescita delle imprese e che ci configura come veri e propri centri di legalità. Un ruolo determinante in un processo di digitalizzazione lungo oltre vent’anni sempre a fianco delle imprese. Le abbiamo aiutate a far fronte a una necessità di sviluppo tecnologico che si riflette su tutto il Paese e sull’efficienza della pubblica amministrazione. È una professione in evoluzione ma che rimane un ingranaggio determinante nel sistema Italia senza il quale s’incepperebbe tutto il meccanismo fiscale. Ci vorrebbe un riconoscimento da parte di tutte le forze in campo di quanto è stato fatto in questi anni e di quello che continueremo a fare.