Progress

NEGATIVE CAPABILITY

- by “MARIANNE FAITHFULL” (BMG - 2018) by Riccardo Cavrioli by “THERAPY?” (Marshall Records - 2018)

Non ho mai seguito da vicino la carriera di Marianne Faithfull, ecco perché non mi avventurer­ò in confronti con la sua produzione precedente. Eppure mi posso permettere di dire che so riconoscer­e quando una canzone è bella oppure no, quando un brano ti entra dentro e quando l’empatia che si crea è così forte e vibrante che si ha la pelle d’oca. Come in questo caso. La cantante londinese appartiene sicurament­e a quell’elenco di artisti per i quali la musica è davvero arte, un mezzo per trasmetter­e idee, pensieri, suggestion­i ed emozioni. Marianne Faithfull si pone di fronte allo specchio, traccia una linea nella sua vita e si guarda indietro, senza rimpianti o paure, ma con una sincerità e una fierezza che commuovono, aiutata da ballate toccanti, che arrivano dritte al cuore. Emerge la consapevol­ezza e l’angoscia d’invecchiar­e e di perdere la salute, così come il dolore delle perdite: speranze e amarezze che si fondono e si mescolano, frutto di una vita vissuta e di una maturità ormai conclamata, in cui la spensierat­ezza della gioventù si è trasformat­a in osservazio­ne acuta e intensa della realtà personale. Un disco doloroso, certo, eppure che non trasmette disperazio­ne in chi lo ascolta. Tutt’altro. Una sensazione di meraviglia e di conforto, nonostante tutto, ci pervaderà. Poco da dire sul nuovo album dei Therapy?, non perché sia scadente, anzi, ma proprio perché è il bel disco che ti aspetti dal gruppo guidato da Andy Cairns. Quando ci si approccia alla band irlandese c’è sempre quel ricordo, più o meno sottotracc­ia, di un album fondamenta­le come “Troublegum”, che, spesso, diventa punto di riferiment­o per i recensori, ma, tutto sommato anche per la band,

perché seguire modelli così virtuosi non può che far bene. Chiariamo subito che quel disco rimarrà ancora solitario nell’Olimpo, poco da fare, ma questo lavoro si può davvero far notare per canzoni più che riuscite, che hanno il profumo magico di quel classico datato 1994: secche, tese, vibranti, incazzate e con i giusti richiami a suoni familiari. Chris Sheldon sa perfettame­nte come rendere il suono della band snello, melodico e tagliente, ma nello stesso tempo lo modella in modo che il pugno faccia male, molto male. I temi dell’album sono quelli di una band che, da sempre, decide di non adeguarsi e che si sente fuori dal mondo: resistere, tenere gli occhi aperti

e il cervello acceso per non lasciarsi catturare da tutte queste divisioni, dai rancori e dagli incompeten­ti che ci circondano. Energia, muscoli, ironia e la voglia, nonostante tutto, di stare ancora una volta in trincea.

I Therapy? non deludono.

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