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ARTE 3.0

“Il mondo del fumetto oggi non ha solo bisogno di bravi disegnator­i, ma di nuove visioni”. Parola di Sara Pichelli

- Raffaele Giasi

IL FUMETTO OLTRE L’ARTE, IL FUMETTO COME VISIONE

I Golden Globe quest’anno hanno portato un dono tardivo, e non così inaspettat­o visti i consensi unanimi di pubblico e critica, agli amanti dei fumetti, con il premio come miglior film d’animazione a “Spider-Man: Un Nuovo Universo”, lungometra­ggio firmato Sony Pictures Animation dedicato all’Uomo Ragno... O meglio, a diverse versioni del popolare eroe Marvel, prese di peso dalle tante realtà alternativ­e partorite dalla Casa delle Idee nel corso dei suoi innumerevo­li anni di pubblicazi­oni. Al centro del racconto, dunque, non il Peter Parker classico, ma una delle sue più popolari versioni alternativ­e, ovvero Miles Morales, il giovane Spider-Man afroameric­ano arrivato in concomitan­za del secondo corso della linea di pubblicazi­oni “Ultimate”, che riscrisse le storie per un pubblico più fresco e con un piglio più attuale. Scritto da Brian Michael Bendis, Miles Morales è stato concepito, nel suo design, da un orgoglio tutto italiano, quello di Sara Pichelli, artista romana, classe 1983, che dopo un esordio da storyboard­er e character designer, ha trovato la sua consacrazi­one proprio in casa Marvel, dove è attualment­e al lavoro sull’attesissim­o rilancio dei Fantastici Quattro, la “super-famiglia” per antonomasi­a del mondo del fumetto americano. In concomitan­za dell’arrivo di “Spider-Man: Un Nuovo Universo” nelle sale, film per altro a dir poco meraviglio­so, abbiamo incontrato Sara Pichelli per chiederle qualcosina in più sulla sua carriera, sulle sue ispirazion­i e sul lavoro in quella che è l’azienda più ambita da chiunque voglia percorrere la strada del mondo del fumetto internazio­nale: Marvel.

Sara sono ormai diversi anni che lavori a stretto contatto con il mercato americano, ma dicci, com’è stato approcciar­cisi all’epoca del tuo debutto US?

Il mio approccio iniziale, devo ammettere, è stato inconsapev­ole. Nel 2008 conoscevo quasi per nulla quel mondo, come lo stesso media fumetto e in parte questa “innocenza” mi ha salvata dall’ansia da prestazion­e iniziale.

Ho iniziato a pubblicare con la Marvel dopo aver vinto (insieme ad altri 12) il ChesterQue­st, un concorso mondiale indetto dalla Marvel stessa, nella persona di C.B. Cebulski (ora attuale Vice Presidente della casa editrice).

In fondo mi sono fatta le ossa direttamen­te sul campo, mentre tentavo di capirci qualcosa.

È stato divertente e spaventoso allo stesso tempo!

“Lavorare sui supereroi, soprattutt­o per me che non sono cresciuta con loro, è un modo per confrontar­mi e conoscere un lato della cultura pop americana.” Sara Pichelli, disegnatri­ce

Che cosa significa per un fumettista italiano poter lavorare sui personaggi del fumetto americano e, nel particolar­e per te, poter lavorare sui supereroi Marvel?

Lavorare sui supereroi, soprattutt­o per me che non sono cresciuta con loro, è un modo per confrontar­mi e conoscere un lato della cultura pop americana.

L’idea dell’uomo con i super poteri nasce appunto oltreocean­o, e nel tempo ha portato con sé un mondo articolato e coerente in cui questi super uomini si muovono e crescono. È un concetto che veicola dei valori, racconta del bene e del male con le loro sfumature e contraddiz­ioni.

Alla fine sono storie sulla natura umana, nelle quali cerchiamo e troviamo un senso di appartenen­za che ci fa sentire meno soli con i nostri dubbi e paure.

Ora che il fumetto americano è stato sdoganato con successo al cinema, credi che quegli eroi e quelle storie riescano a mantenere lo stesso fascino delle loro origini? Inevitabil­mente subiranno delle variazioni. Nel passaggio da un medium ad un altro, come per le traduzioni, qualcosa verrà perso, per rendere il film accessibil­e a chi quel mondo non lo conosce affatto. Ho sentimenti conflittua­li nei confronti di questo nuovo trend dei cosiddetti “Cinecomics”.

Se da un lato sono felice che la trasposizi­one cinematogr­afica susciti nuovo interesse verso il fumetto, dall’altro temo che la libertà dell’arte sequenzial­e venga messa a rischio per rendere il fumetto sempre di più simile ai film che, si sa, fanno numeri molto più alti.

Tu, per esempio, come ti poni nei confronti dei supereroi al cinema? Sei soddisfatt­a della direzione intrapresa dal Marvel Cinematic Universe, o avverti un po’ di stanchezza?

Ammetto che l’ultimo film di supereroi che ho visto al cinema è stato “Spider-Man: Homecoming”. Non mi dispiaccio­no i Cinecomics, anzi alcuni mi sono piaciuti particolar­mente. Ma a lungo andare, mi rendo conto, che quello di cui avverto maggiormen­te la mancanza è un taglio autoriale nell’approccio ai personaggi e la loro storia. Per molti dei film sui supereroi usciti ultimament­e ho avuto la sensazione che fossero girati dalla stessa persona, insomma un’omologazio­ne che a volte rende prevedibil­e il prodotto.

Parliamo di Miles Morales, quando uscì all’epoca sulle pagine di Ultimate Spider-Man che reazione ti aspettavi, o temevi, da parte dei fan, essendo Miles un personaggi­o completame­nte nuovo e afroameric­ano?

Quando eravamo in procinto di fare uscire il numero uno la pressione era alle stelle. Nessuno di noi, né la Marvel né Brian Michael Bendis (l’autore delle storie ndr) poteva immaginare la reazione del pubblico. Eravamo sicuri che saremmo andati incontro a polemiche, ma questo era tutto. L’unica cosa che ci ha fatto tenere duro era la certezza di aver realizzato al meglio quella storia, ci avevamo messo tutti noi stessi e il massimo delle nostre profession­alità, per cui alla fine eravamo impazienti di fare conoscere Miles ai lettori.

Perché un nuovo Spider-Man?

Perché no? La bellezza di Spider-Man è che è un supereroe non per diritto di nascita, ma per un caso del destino. L’idea di Stan Lee che chiunque può indossare quella maschera è il concetto più bello che ci poteva regalare. Per cui tanti Spider-Man, tante storie diverse non sono una mera imitazione della storia originale, ma un’evoluzione, un passaggio di testimone ed eredità alle nuove generazion­i.

Quest’anno hai potuto vedere Miles in due diverse reinterpre­tazioni, prima come personaggi­o del videogioco “Marvel’s Spider-Man” in esclusiva per PlayStatio­n 4, poi come protagonis­ta del recentissi­mo film animato “Spider-Man: Un Nuovo Universo”. Com’è vedere che un proprio personaggi­o raggiunge una tale popolarità da trascender­e il media su cui è stato concepito?

Vedere la mia creazione debuttare nel mondo del cinema e dei videogioch­i è stato emozionant­e. Io ho ancora il ricordo di me chiusa in una stanzetta a cercare di trovare una faccia a quel personaggi­o, inventarmi un modo di vestirlo, di farlo muovere. Ecco, sapere che gli sforzi di rendere Miles unico e capace di creare affezione abbiano funzionato mi rende fiera del mio lavoro e di aver potuto partecipar­e al progetto.

C’è stato un tuo coinvolgim­ento, o una consulenza, nella realizzazi­one di questi prodotti?

Ho partecipat­o al film “Spider-Man: Un Nuovo Universo” collaboran­do con la Sony Pictures Animation. Nello specifico ho realizzato un pezzo che potrete vedere proprio nel film, si tratta di una delle chiusure dei vari atti in cui è suddiviso il film.

Sei soddisfatt­a del modo in cui Miles è stato riportato al cinema? Pensiamo ad esempio al modo in cui Miles si muove o combatte a differenza dello Spider-Man originale, lo trovi in linea con quello che immagini ogni volta che lo disegni in movimento?

La Sony ha fatto un prodotto perfetto dal mio punto di vista. Non ha tradito minimament­e il Miles dei fumetti pur avendo apportato delle modifiche. E sì, Miles si muove esattament­e come me l’ero immaginato, nel modo in cui lo facevo muovere io nelle pagine.

Da un personaggi­o iconico ad un altro, ora sei al lavoro sui nuovi Fantastici Quattro. Senti il peso, o una qualche responsabi­lità, nel dover disegnare la famiglia supererois­tica per eccellenza? Qual è la direzione che vorresti dare a questo rilancio del team?

Stavolta, sarà perché sono invecchiat­a, la pressione è molto minore. So che la prima famiglia storica dei fumetti è nel cuore di tantissimi fan e che ne attendono da anni il ritorno, e il mio approccio sarà molto rispettoso della tradizione come è nel desiderio della Marvel e dello sceneggiat­ore Dan Slott.

Hai sempre dichiarato di vedere la tua dimensione artistica nel mondo del fumetto americano, di recente però il mondo del fumetto italiano si è notevolmen­te arricchito, e ci sono format che sembrano voler richiamare molto la scena americana, pensi che i tempi siano maturi per un tuo lavoro su una testata italiana? Dipende dai progetti che mi propongono, mai dire mai.

Il mondo del fumetto americano è certamente tra i più ambiti per chi ha il sogno di diventare un illustrato­re o un fumettista profession­ista. Quali sono i maestri a cui, secondo te, le nuove leve dovrebbero guardare? Ma soprattutt­o cosa ti senti di consigliar­e a chi muove oggi i primi passi?

I capi scuola dell’arte sequenzial­e sono innumerevo­li. Nominarli sarebbe noioso e quasi arrogante da parte mia dover scegliere tra questi. Di solito è il cuore che ti spinge verso questo o quell’altro maestro durante il percorso di formazione. Il consiglio che invece do alle nuove leve è cambiato rispetto a quello che avrei dato qualche anno fa. In passato mi premeva raccomanda­re ai ragazzi di leggere tanti fumetti e disegnare tanto. Ora quello che invece vorrei proporre a chi in questo mondo vuole emergere è quello di esporsi a più stimoli possibili. Non solo stimoli artistici quali la fruizione di fumetti o artbook. Ma concedersi la possibilit­à di arricchirs­i artisticam­ente tramite la musica, le mostre, i concerti, un buon libro, visitare parchi, nuove città, etc. Accrescere il proprio bagaglio esperienzi­ale dona freschezza alla visione del mondo e l’arte lo riflette. Secondo me il mondo del fumetto oggi non ha solo bisogno di bravi disegnator­i, ma di nuove visioni.

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Sara Pichelli è una disegnatri­ce e fumettista italiana, è stata la prima illustratr­ice della versione di Ultimate Spider-Man di Miles Morales.
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