VITE DA CHEF
Da Riccione a New York, passando per Bologna: il viaggio culinario e creativo dello Chef Michele Casadei Massari
IL SAPORE DEL FUTURO NASCE DALLE RADICI
Il passato e le radici disegnano traiettorie in grado di portare un uomo davvero molto lontano dal suo punto di partenza, consentendogli però di rimanere sempre se stesso, preservando la sua unicità e il suo valore. L’avventura umana e creativa di Michele Casadei Massari, una delle firme culinarie più brillanti, inizia nel calore della Romagna più verace, a Riccione, attingendo alla passione, alla saggezza e al saper fare di Nonno Gigi, marchigiano, che gli rivela quel legame profondo tra cibo e viaggio. Questo connubio influenzerà profondamente il suo futuro e il suo percorso da vero e proprio artista, in grado di pensare un piatto come un’opera d’arte, usando gli occhi come lenti caleidoscopiche per restituire anche agli altri la visione di mondi nuovi. Fondatore ed Executive Chef di Piccolo Cafe a New York, che oggi conta quattro locali, Michele Massari ha recentemente inaugurato il ristorante Lucciola, di cui è sempre il dominus creativo come executive chef. Michele non smette mai di esercitare la sua inesauribile fantasia in progetti e collaborazioni innovative. In ogni nuovo tassello della sua vita c’è un pizzico di quella energia squisitamente romagnola, che lo ha forgiato e che lo spinge ogni giorno a regalare attraverso la sua interpretazione del food una gamma incredibile di emozioni, partendo da un sogno made in USA dal sapore italiano.
Nasci a Riccione, cresci a Bologna, apprendi nelle Marche, vivi a New York. Cosa rappresentano per te le città da cui sei partito?
Riccione rappresenta l’ospitalità e il coraggio. Quella città mi ha insegnato a non esitare, a osare, che non è incoscienza, ma è cogliere il momento migliore di un’idea. Molto spesso mi hanno dato del “vulcanico”, e in quell’aggettivo c’è tutta la mia personalità: covare un pensiero quanto basta per passare all’improvviso a dargli forma. Bologna invece è l’ottimismo, la città che mi ha offerto e insegnato la cultura, l’apertura mentale, la ricchezza
Fondatore ed executive chef di Piccolo Cafe a New York, che oggi conta quattro locali, Michele Massari ha recentemente inaugurato il ristorante Lucciola, di cui è sempre il dominus creativo come Executive Chef.
della diversità. Bologna è arte, letteratura e umorismo: di questa triade ne ho fatto tesoro ed ho imparato a vivere. Qui sono cresciuto all’ombra dei portici, imparando la bellezza del condividere. Da Bologna ho preso le sfumature, climatiche e cromatiche, quelle che hanno delineato in maniera armonica e completa la mia vita privata e professionale. Bologna mi ha formato, costruito, rimproverato e accudito: è in ogni mio aspetto, un po’ come le carezze di mio nonno Luigi, detto Gigi, marchigiano dal cuore grande.
Michele Casadei Massari di mestiere ufficialmente fa l’Executive Chef, ma in realtà è un artista a tutto tondo. Quanto ti aiuta nel tuo lavoro l’ispirazione che trai dalle altre tue passioni?
Moltissimo, sono il mio propulsore e la mia più grande risorsa per affrontare, vincere ed evolvere le paure e insicurezze e per avvicinarmi alle curiosità. La passione è per me la capacità di andare al di là delle fragilità, è ascoltare mondi diversi, trarne il meglio e creare combinazioni dalla forte personalità.
La fotografia, difatti, è uno dei tuoi maggiori interessi. Cosa guida la tua ispirazione e come la coniughi con la tua attività culinaria?
La fotografia è stata per me come indossare delle nuove lenti, che mi hanno permesso di andare al di là del visibile. La fotografia è nella mia vita come “Dippold, l’ottico” nell’Antologia di Spoon River: quando indossi quelle lenti riesci a creare un mondo diverso, non necessariamente migliore, ma pieno di quel significato che prima non riuscivi a intravedere. La fotografia ha curato quella punta di astigmatismo che rintracciavo nella mia vita. È stato il mio amico fraterno e socio Alberto Ghezzi a farmi scoprire questa passione, quando in Giappone mi ha portato a visitare mercatini di fotografi e fotografia. Mi ha consegnato questo mondo dicendomi
“questa è una fotocamera, studiala, è fatta per te!”. Nella mia fotografia c’è poca correzione e molto ricordo: fotografo per ricordare e fissare quelle immagini talvolta distorte, poco definite, ma nitidissime nella mia mente. Ad ogni scatto corrisponde una dedica, molto spesso è rivolta al fotografo emiliano Luigi Ghirri. Lui è stato un maestro, così come Gianfranco Rosi, che mi ha insegnato come scegliere la camera e la lente giusta, a compiere quell’atto e quella sintesi per immagini. E poi Ed Lachman, che mi ha fornito gli strumenti per rilassarmi nello scatto, per realizzare un’immagine che racconti tutto quello che vedo o vorrei vedere con i miei occhi un po’ “difettosi”… O ancora Annalisa Milella, che mi ha permesso di individuare il brutto oggettivo di un’immagine, a non mitizzare la macchina o la tecnica, lasciando più spazio alla spontaneità. Ho e ho avuto amici e maestri eccezionali che hanno dato una forma migliore alla mia fotografia. Una fortuna, un’onore.
Dalla passione e dalla fotografia è nato il progetto BolognaNY...
Sì, è nato in una serata tra amici, mentre raccontavo di cosa è New York per me e di cosa aveva rappresentato Bologna. Nello spiegare queste due dimensioni, mi sono accorto che ero sì a New York, ma in fondo non avevo mai abbandonato Bologna. Non mi ero distaccato da quella città nel modo di approcciarmi alla quotidianità, al ritmo del tempo, alle persone, al cibo. Di Bologna avevo ed ho ancora il guizzo, il modo di cogliere le opportunità e realizzare idee. L’unica differenza era la mancanza delle mura romane dell’amata “Felsina” (la latinizzazione del nome etrusco Velzna - o Felzna - dato dagli Etruschi alla città di Bologna, ndr), ma qui a New York ho ritrovato protezione nelle acque che circondano l’isola di Manhattan.
Cos’è BolognaNY?
È la sintesi della mia esistenza. È nata dalla voglia di creare un marchio che con immagini raccontasse il mio personale modo di collegare le due città, il mio passato e il mio presente. Volevo che lo facesse in maniera pop: da qui l’idea di creare delle t-shirt, con stampe che rappresentassero questo connubio. Le t-shirt sono diventate in qualche modo immagini in movimento, una sorta di galleria mobile per la città. Alcune di esse sono diventate davvero popolari. Che gioia! Oggi BolognaNY è lo spin off di tutte le mie manifestazioni artistiche e intellettuali. Sotto questo marchio ci sono tanti progetti: abbigliamento, libri, musica, film…
“La fotografia è nella mia vita come “Dippold, l’ottico” nell’Antologia di Spoon River: quando indossi quelle lenti riesci a creare un mondo diverso, non necessariamente migliore, ma pieno di quel significato che prima non riuscivi a intravedere.”
L’arte nel tuo locale entra anche con delle collaborazioni importanti, come quella con il cantautore italiano Luca Carboni. Come è nata?
Stimo e seguo Luca Carboni da sempre: è un uomo, un artista unico, sincero, silenzioso e riservato ma incisivo. Un giorno, pensando a come personalizzare le cups di carta dei miei locali – per eleggerle ad espressione artistica che si diffondesse a NY, stretta tra le mani dei newyorkesi – ho pensato di scrivergli. Luca disegna, dipinge e realizza oggetti di una bellezza unica e volevo che questa sua forma d’arte fosse visibile a tutti. Grazie al suo talento artistico e alla totale comprensione dell’idea, ha disegnato tre immagini stupende che hanno personalizzato le paper cups, dette PopCups, dei nostri Piccoli Cafe. Ne abbiamo prodotto 350.000 pezzi, ma la gente continuava a chiederle. Ad ogni cappuccino o caffè che veniva servito nelle PopCups la reazione era: “Wow! Who did this images?” E la risposta: “Luca Carboni, can I tell you more about Luca?”. “Yes please!”.
Tra le numerose collaborazioni, in ambito artistico e cinematografico, c’è il Biografilm Festival di Bologna, che ti riporta in Italia ogni anno. Un’altra passione o un grande legame con la tua terra? Assolutamente sì, per entrambe le opzioni. Anche questo progetto è nato da un incontro, da un’esplosione di idee. Tanti anni fa, quando vivevo a Bali, incontrai Andrea Romeo, fondatore e direttore artistico del Biografilm: parlammo notti e giorni interi, ci raccontammo tanto in quella casa senza porte e piena di gechi.
Mi spiegò cosa era il suo Biografilm, ma anche cosa sarebbe diventato. Io feci lo stesso, raccontai: di me e delle mie idee e le affidai alla memoria del caro Andrea. In quello scambio ci fu una sorta di “Manifesto” di intenti e promesse reciproche. Andrea mi propose di realizzare insieme una Biografilm Food Accademy, affinché il cibo e la tradizione del nostro territorio potessero incontrare chi ama il cinema. Oggi l’Accademy vanta forti collaborazioni in tutto il mondo, e anche qui… che gioia! Incontrare persone come Andrea arricchisce la vita e dalla nostra collaborazione è nata anche I Wonder Pictures, casa di produzione e distribuzione cinematografica. Il cinema è un altro importante tassello di questo mio personale mosaico chiamato vita.
La tua storia a New York nasce con Piccolo Cafe, che oggi conta quattro locali, e prosegue con La Lucciola, un progetto innovativo nato da un’ispirazione quasi poetica. Tutto iniziò una sera d’estate...
Tutto iniziò una sera d’estate a raccontare e raccontarsi su un veliero, dopo un catering complesso ma molto divertente, di quelli che ti accendono le idee e ti lasciano acceso per ore. In quel lasso di tempo nacque un’idea “unica ed eccezionale”, così come venne poi definita nella pratica per ottenere il visto.
Decisi di fare caffè e cappuccini - in seguito anche paste - per strada, a Union Square, durante il mercatino di Natale del 2009. Quella zona non aveva mai ospitato attività del genere, ma pensai di poterlo fare comunque: lo spiegai con un disegno allo stato di NY, sezione nuovi business, e lo feci.
Funzionò, eccome se funzionò. Nacque il Piccolo Cafe, che rimase lì per 30 giorni, il tempo necessario per cambiare la mia vita. In 1 metro quadrato di caffè, dolcetti, parole e coraggio, incontrammo idee, suggerimenti, consigli, manifestazioni d’affetto. E poi la sera del 24 dicembre, allo scadere del trentesimo giorno del mercatino natalizio, sotto una nevicata record, con una stretta di mano ci furono consegnate le chiavi del Piccolo Cafe. Era l’inizio di una nuova avventura. Cos’è per te la cucina? Sperimentare o preservare? Sperimentare e preservare, ma anche nutrire, proteggere, connettere, perdonare, sedurre, curare, comunicare, emozionare, toccare e osservare.
La cucina è mettere a nudo le mie vulnerabilità: è l’incontro tra l’insicurezza e lo studio costante, due matrici che si uniscono all’interno di un unico piatto, che sia esso tradizionale, innovativo o una replica aggiornata.
Il mio approccio alla cucina è come quello di Hilma af Klint alla pittura, spirituale, filosofico, votato all’interpretazione dell’esistenza umana.
Chi è Michele Casadei Massari? Uno chef, un imprenditore, un sognatore?
Un uomo, un papà felice, pieno di paure. Le paure per anni le ho confuse con i limiti, ma poi una sera d’estate ho capito che in realtà erano emozioni, idee che fremono e che temono di non trovare ascolto o riscontro.
E invece, eccomi qui! La paura è in fondo la ragione per trovare coraggio, per stimolare le idee.
Anche all’inizio di questa intervista potevo forse avere paura, ma ora invece ho solo un’altra idea!