#ONEYEARCHALLENGE
Esattamente un anno fa il Pd incassava la “sconfitta netta” delle politiche. Oggi, quando tutte le forze in campo si concentrano sulla campagna elettorale per le elezioni europee più importanti degli ultimi anni, il centro-sinistra cerca il riassetto con le primarie
Tra due novelli sposi si chiamerebbero nozze di carta. Ora, assimilare quest’immagine a un centro-sinistra così disgregato richiede uno sforzo d’immaginazione non da poco, eppure per molti versi è ciò che è accaduto un anno fa: non è stato celebrato alcun legame, ma il Pd è dovuto venire a patti con una realtà nuova, con un cambiamento epocale nei confronti del rapporto con il suo elettorato e con un panorama politico irrimediabilmente mutato. Niente a che fare con l’entusiasmo e la profusione di sorrisi da “grande giorno”, ma quello che ne è seguito è stato sicuramente un anno di “sperimentazione”, di ricerca. Una ricerca che ad oggi non ha ancora portato a nuovi equilibri e che, se siamo ancora qui a discutere di quelle primarie figlie di un’epoca maggioritaria, probabilmente ha imboccato una strada senza uscita. Nate insieme a un partito che voleva essere l’anima di centro-sinistra in un sistema sostanzialmente bipolare, traducevano l’elezione diretta della leadership nell’identificazione tra segretario e capo del governo.
Loro non sono cambiate, né lo sono i volti dei principali candidati, ma è sicuramente cambiata il ruolo del Pd nel dibattito nazionale. Ed è forse per questa ragione che, per la prima volta dal 2009, i candidati non si sfideranno in un confronto televisivo. E questo non gioca di certo a favore dell’affluenza. Una survey organizzata da C&LS in occasione delle primarie a partire dal 2012, infatti, con i dati relativi alle primarie 2012 del centro-sinistra e all’elezione del segretario del Pd nel 2013 e nel 2017, conferma la storica centralità della televisione come mezzo d’informazione prediletto da chi si reca a votare.
Inoltre, oggi nessun elettore si aspetta che il segretario possa anche occupare la posizione di capo del governo, sia per un ritorno al proporzionale, con tanto di governi postelettorali, sia perché il Pd è ormai lontano dall’essere considerato una voce autorevole.
A riaccendere un barlume di speranza è, però, arrivata la bruciante sconfitta per il M5S alle regionali in Abruzzo, con i consensi dimezzati rispetto alle politiche del 4 marzo e inferiori anche rispetto alle regionali del 2014. Nel frattempo il più recente sondaggio di SWG registra il M5S in calo, come dall’inizio dell’anno, e in leggero recupero il Pd (+1,1%) .
L’esperienza di governo ha logorato i grillini, aprendo un’opportunità che deve ancora essere colta, ma da chi?
Il Pd è dovuto venire a patti con una realtà nuova, con un cambiamento epocale nei confronti del rapporto con il suo elettorato e con un panorama politico irrimediabilmente mutato