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IL NUOVO CHE AVANZA

- Alessandro Creta

Giovane, ma con molta esperienza alle spalle, campano, ma cittadino del mondo: Salvatore Avallone è uno degli chef emergenti più interessan­ti del panorama italiano. Ci ha raccontato la sua storia, fatta di viaggi, ricette e piatti della tradizione campana ispirati da … sua nonna

“La mia è una cucina semplice, sana, profumata e colorata; segue la stagionali­tà ed è fatta di grande materia prima. ” Salvatore Avallone - Chef

Come più di una volta ci è capitato di raccontare in queste pagine, anche in questo caso l’ “illuminazi­one” culinaria è arrivata nel bel mezzo di un altro percorso profession­ale. Chef Salvatore Avallone, come altri suoi colleghi, è stato accolto dall’epifania gastronomi­ca quando sembrava che la sua vita dovesse prendere un’altra direzione. Campano, precisamen­te di Cetara, classe 1983, Salvatore ancora ragazzo studia Giurisprud­enza a Napoli e si trova coinvolto anche nel mondo giornalist­ico. Il tutto portando avanti la sua passione tra fornelli e pentole, con piatti e sperimenta­zioni culinarie che si alternano a prove di arringhe e articoli di cronaca locale. Con il passare del tempo però la cucina si afferma come primo amore e Salvatore, rimanendol­e fedele, decide di approfondi­re tecniche e nozioni girando l’Europa e facendo esperienze tra Francia, Svizzera ed Inghilterr­a. La propria storia Salvatore ha deciso di scriverla però nella sua Campania, aprendo il Ristorante Cetaria a Baronissi (Salerno): un omaggio al suo paese d’origine e a quelle tradizioni tramandate dalla nonna, la prima maestra. Salvatore, da cosa è nata questa passione culinaria e quando hai capito che sarebbe potuta diventare un lavoro?

Sembrerà scontato ma tutto è iniziato nella cucina di mia nonna materna. Poi durante il periodo estivo, libero dagli impegni scolastici, ho iniziato a frequentar­e le cucine dei ristoranti salernitan­i e successiva­mente, una volta all’università, quelli napoletani. Da passione diventò esigenza, visto che mi manteneva gli studi in giurisprud­enza ed ero fuori casa. Lì iniziai a capire che era diventata il mio lavoro.

Vari tuoi colleghi, intervista­ti nei mesi scorsi, ci hanno confessato di aver trovato l’ispirazion­e culinaria nel bel mezzo di un altro percorso, sia di studi che profession­ale. Per te è stato lo stesso?

Ho sempre studiato tutt’altro. Nonostante la mia vena artistica e letteraria, ho fre

quentato l’istituto tecnico per ragionieri programmat­ori, poi sono stato quasi obbligato a iscrivermi a Giurisprud­enza a Napoli.

Per mantenere studi e affitto ho avuto l’esigenza di iniziare a lavorare seriamente nelle cucine. Il resto è storia: oggi qui, domani lì mi sono ritrovato a girare l’Europa. Non ho mai avuto un vero maestro, perciò ho colmato le mie carenze con molto studio, libri, cene e pranzi in ristoranti importanti e soprattutt­o ore e ore di cucina.

Parlaci della tua cucina. A chi, e a cosa, ti ispiri?

La mia è una cucina semplice, sana, profumata e colorata; segue la stagionali­tà ed è fatta di grande materia prima. Non sono un cuoco “fissato” per il chilometro zero ma scelgo personalme­nte il miglior prodotto sul mercato per realizzare il miglior abbinament­o. Non sono estremista ma mi piace rivisitare i piatti della tradizione, alleggeren­doli e cercando di dare una interpreta­zione differente alle ricette classiche. L’ispirazion­e viene sempre dalla nonna, dai prodotti stessi e dai miei viaggi.

Secondo te ultimament­e c’è una tendenza in Italia, da parte dei clienti, a propendere più per cucine esotiche? Credi che queste contaminaz­ioni possano “danneggiar­e” la tradizione italiana?

Se la propension­e dei clienti verso le cucine esotiche è l’”all you can eat” cinese a 10 euro allora siamo decisament­e fuori strada. Se invece ci si riferisce alla sacralità dei gesti e al rispetto dei prodotti della cucina esotica, che ben vengano attività in grado di replicarne le gesta. La stessa cucina italiana è fatta di millenarie contaminaz­ioni. Pensiamo al pomodoro, alle melanzane e al latte di bufala, tutti elementi importati più o meno recentemen­te da altri mondi e senza i quali non potremmo replicare il mio piatto preferito: la parmigiana.

Curioso è anche il tuo trascorso da cronista. Come mai questa scelta?

Durante il periodo universita­rio la mia naturale vocazione per la scrittura mi ha portato a frequentar­e l’ambito giornalist­ico. È iniziato per gioco e alla fine tale è rimasto. Non ho mai pensato che scrivere potesse diventare realmente il mio mestiere. La scelta di fare il cuoco è stata sì dettata dalle esigenze ma è sicurament­e viscerale, lo sentivo e basta.

Tu hai anche esperienze televisive. I numerosi programmi di cucina che popolano il palinsesto hanno avvicinato anche i “profani” al settore, ma in molti pensano che in un ristorante si replichino le scene viste in tv. Quanto è lontano quello che vediamo sul

piccolo schermo dall’effettiva realtà?

Lontanissi­mo. In TV si recita un copione più o meno veritiero. C’è chi scrive una parte e chi la recita. Punto. L’eccessiva mediaticit­à del cuoco oggi ha iniziato a stancare gli addetti al settore ma anche i clienti. Spenti i riflettori si accendono i fornelli, e caspita quanto è dura! Altro che telecamere e fard…

Credi che un concorrent­e di un talent di cucina, una volta conclusa la trasmissio­ne, sia in qualche modo “facilitato” nell’entrare in questo mondo?

Il primo mese. Ci sarà sempre uno pseudo imprendito­re disposto ad assoldare il personaggi­o del momento per farsi pubblicità e basta. Una volta ultimato il copione poi si deve cucinare, il cliente si aspetta un piatto buono, bello e veloce. Non si scherza in cucina né si recita. Se sbagli il piatto non hai possibilit­à di tagliare la scena e rifarla. La cucina è one shot!

Rispetto a 20 o 30 anni fa ora è più semplice o complicato farsi largo in questo mondo?

Difficile, soprattutt­o in Campania o nelle regioni con una vocazione ristorativ­a importante. Lo vivo sulla mia pelle. Ormai la concorrenz­a è tanta, conosco giovani cuochi che hanno idee davvero innovative eppure non sfondano e vecchi cuochi che campano di rendita. È brutto da dire, non mi sento migliore di nessuno ma nemmeno peggiore di tanti altri. Ho il mio ristorante costruito da zero e con enormi sacrifici, il fatto di essere qui a raccontare queste cose è già un’immensa soddisfazi­one.

Fino a qualche anno fa la maggior parte dei bambini, parlando delle proprie aspirazion­i, ambiva a diventare calciatore. Ora in molti sognano di entrare nel mondo della cucina. Secondo te come si è riusciti a dare un’immagine “rock” agli chef?

La maggior parte di questi bambini non immagina nemmeno cosa sia stare in cucina. Caldo asfissiant­e, ore ed ore in piedi, pasti irregolari, vita privata ridotta ai minimi termini, stress, pressione… Superato questo però c’è la soddisfazi­one di presentare un piatto perfetto e prenderti i compliment­i, la visibilità, il successo anche per il singolo cliente. I meriti sono dei grandi maestri che hanno iniziato a far capire che la cucina è fatta di tanti sacrifici ma enormi soddisfazi­oni. Poi è arrivata la TV ed il gioco è fatto.

Cosa ti ha spinto ad unirti all’Associazio­ne Italiana Ambasciato­ri del Gusto? A quali progetti state lavorando?

Ho visto in ADG uno spirito diverso, una squadra di grandi profession­isti che lavorano uniti per portare alti i valori della cucina italiana nel mondo. Tutti gli associati sono cuochi che hanno fatto e faranno la storia della nostra cucina. Con l’associazio­ne stiamo lavorando al progetto ‘Ricette golose per giovani chef’, promosso da Helpcode e realizzato in collaboraz­ione con l’Università di Genova, l’ospedale Gaslini e la cooperativ­a OcchiApert­i di Scampia. L’idea è quella di creare menù gustosi, attraenti e correttame­nte bilanciati dal punto di vista nutriziona­le rivolti a ragazzi tra i 13 e i 19 anni. Piatti di grandi firme che speriamo aiutino a sensibiliz­zare i ragazzi ad adottare sane abitudini alimentari.

 ??  ?? L’avventura di Salvatore Avallone affonda le radici nel suo amore per la cucina che coltiva sin da quando inizia a lavorare nel campo per mantenersi agli studi.
L’avventura di Salvatore Avallone affonda le radici nel suo amore per la cucina che coltiva sin da quando inizia a lavorare nel campo per mantenersi agli studi.
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 ??  ?? Sopra: sgombro affumicato, spinaci, mandorle e riduzione di porto. Al centro: linguine con carciofi alla griglia, ricciola e lemongrass
Sopra: sgombro affumicato, spinaci, mandorle e riduzione di porto. Al centro: linguine con carciofi alla griglia, ricciola e lemongrass
 ??  ?? Sopra: spaghetton­i ai datterini confit e alici di Cetara
Sopra: spaghetton­i ai datterini confit e alici di Cetara
 ??  ?? Linguine al gambero rosso con zucca, limone e liquirizia
Linguine al gambero rosso con zucca, limone e liquirizia

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