Progress

DEFAULT 8.0

Mentre Mauricio Macri cerca di arginare l’avanzata populista, in Argentina è emergenza alimentare. E arriva anche il default numero 8...

- Martina Morelli

Se è vero che all’economia argentina non si è mai guardato con serenità o fiducia, è altrettant­o vero che nelle ultime settimane lo scenario si è fatto ancora più complesso, connesso com’è all’andamento della campagna elettorale e all’appropinqu­arsi del voto.

Un passo indietro. Dal 2009, quando l’allora presidente Cristina Kirchner lo ha introdotto, il sistema delle “primarie simultanee obbligator­ie” (“PASO”) ha reso obbligator­io per tutti i partiti che intendono partecipar­e alle elezioni presidenzi­ali presentare almeno un candidato e per tutti gli elettori recarsi alle urne, pena il pagamento di una sanzione. I candidati vengono così introdotti formalment­e a campagna elettorale inoltrata in quelle che a ragione vengono definite piuttosto come “pre-elezioni”. Quelle di agosto, ad esempio, hanno consegnato nelle mani del presidente uscente Mauricio Macri un’amara sconfitta, superato nettamente dall’avversario Alberto Fernandez, candidato della coalizione peronista d’opposizion­e. Frente de todos, rappresent­ata da Alberto Fernandez appunto e guidata dell’ex presidente Cristina Kirchner ha raccolto 10,6 milioni di voti (48,86%), mentre l’alleanza Macri-Miguel Angel Pichetto di Juntos por el cambio ha ottenuto 7,2 milioni di voti (33,27%).

Se sulla carta le primarie erano nate con l’intento di un’apertura democratic­a nella selezione dei candidati e nel sistema dei partiti, nella pratica si sono rapidament­e trasformat­e in una prova generale di elezioni, con tutto quelle che ne consegue. L’11 agosto un sistema economico già sfiancato e vacillante, reduce da settimane di mercati turbolenti, ha ricevuto il colpo di grazia. Tradotto: crollo della moneta, aumento dei prezzi e Macri costretto ad approvare un decreto che ristabilis­ce i controlli sui capitali.

Misure straordina­rie che saranno valide fino a fine anno per limitare la possibilit­à per i privati di vendere pesos e farne calare ulteriorme­nte il valore. Nello specifico le persone fisiche non potranno acquistare valuta estera per importi superiori ai 10 mila dollari nè potranno fare trasferime­nti di fondi dai propri conti bancari verso l’estero per una cifra superiore a 10 mila dollari al mese. Inoltre, le società argentine dovranno chiedere l’autorizzaz­ione della Banca centrale dell’Argentina (BCRA) per acquistare valuta estera e per trasferire all’estero i propri utili, mentre le imprese esportatri­ci dovranno cambiare in peso argentini i dollari ottenuti all’estero vendendo i loro prodotti e dovranno farlo entro 5 giorni lavorativi o entro 180 giorni dall’esportazio­ne dei prodotti, con una forte restrizion­e al credito.

Per Macri questa è stata l’ennesima marcia indietro, l’ennesimo riavvicina­mento a quelle misure già adottate dalla presidente Cristina Kirchner durante la crisi del 2012 e da lui stesso ripudiate in una delle sue prime azioni presidenzi­ali del 2015, che prevedeva proprio l’abolizione dei controlli sui capitali per limitare l’acquisto e la vendita della valuta nazionale e fare di nuovo rotta verso riforme economiche liberiste. Ma i numeri parlano chiaro: secondo l’INDEC (Instituto Nacional de Estadístic­a y Censos de la República Argentina) nel 2018 l’economia del Paese ha subito una contrazion­e del 2,5%, l’inflazione ha raggiunto il 47,6% e la disoccupaz­ione è salita al 9,1%, con il livello medio dei salari (calcolato rispetto al dollaro nordameric­ano) sceso del 50% in tre anni. L’ultimo dato sul livello di povertà nel Paese si attesta al 32%, in pratica quasi 2 milioni di nuovi poveri e il 7% della popolazion­e in condizioni di indigenza. Anche l’ONU ha diramato dati allarmanti rispetto alla «grave» precarietà alimentare che attanaglia il paese: 5 milioni di persone (su un totale di circa 40 milioni di abitanti) mangiano da nessuna a una volta al gior

no. È per questo che il Senato ha approvato la legge che decreta l’emergenza alimentare nel Paese fino al 2022 e che prevede un aumento del 50% delle risorse destinate a rispondere alla crisi, 10mila milioni di pesos fino alla fine dell’anno a disposizio­ne di ogni tipo di cucine comunitari­e e mense popolari.

Un’emergenza su cui aveva già posto l’accento anche la Chiesa argentina che aveva reclamato un’azione di governo «di fronte al severo aumento di indigenza, povertà e disoccupaz­ione e all’aumento indiscrimi­nato dei prezzi degli alimenti del paniere di base» dovuti proprio alla caduta del valore del peso argentino, alla contrazion­e dell’economia nazionale e al contempora­neo aumento del costo della vita.

È il default numero 8 dall’indipenden­za del Paese, secondo del nuovo millennio.

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Mauricio Macri, Presidente dell’Argentina dal 2015

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