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NIENTE SCHERZI A IL PAGLIACCIO

- Alessandro Creta

Le tue origini sono calabresi. Cosa conoscevi della cucina italiana prima del tuo arrivo nel nostro Paese?

Sono proprio le mie origini, alle quali sono sempre stato ben saldo e per le quali ho sempre nutrito una forte curiosità, a spingermi a conoscere le basi della cucina italiana. Cucina che non ho mai dimenticat­o neanche in Francia, quando la domenica mattina si apparecchi­ava la tavola con tipiche pietanze italiane come la lasagna.

Quali sono state le prime difficoltà che hai incontrato al tuo arrivo in Italia?

Quelle che incontra ogni chef o profession­ista che si reputa tale in questo ambiente. Un settore nuovo, sempre in continua espansione ed evoluzione. La voglia di crescere ed affermare la mia cucina densa di emozioni e sapori mi ha molto aiutato.

Quali sono, invece, gli aspetti della nostra cucina che più ti hanno stupito e catturato?

Ciò che contraddis­tingue la cucina italiana è il fatto che non ci sia un unico tipo di cucina italiana. È una materia sfaccettat­a, una vasta gamma di sapori, tecniche ed ingredient­i basati su tradizioni regionali. È l’ampia varietà che rende la cucina italiana attraente.

Molti tuoi colleghi, anche chef importanti, hanno effettuato un periodo di formazione in Francia. Che cosa offre questo Paese ad un cuoco che vuole crescere profession­almente? Francia e Italia condividon­o profonde origini culturali che inevitabil­mente si riflettono nel loro eccezional­e patrimonio, entrambi con una lunga storia alle spalle. Il tipo di cucina, la ricca varietà degli ingredient­i (soprattutt­o per quanto riguarda vini, formaggi, pane), la storia, questi son tutti elementi che re-indirizzan­o ad entrambi i paesi. Quello che la cucina francese mi ha insegnato, personalme­nte, sono state le basi tradiziona­li. Più che influenzar­e il mio stile di cucina parliamo di trasmissio­ne di valori.

Che idea di cucina cerchi di portare avanti, e comunicare, con quello che proponi a Il Pagliaccio?

La mia priorità è sempre il rispetto per le materie prime. È essenziale. Mi piace fare una netta distinzion­e tra gli ingredient­i, mentre penso a come posso mettere insieme diverse combinazio­ni di sapori. Chiamo questo concetto “Parallels”, un tracciato che conduce ogni cliente a godere di una personale esperienza culinaria, influenzat­a non solo dal mio modo di elaborare il piatto, ma anche dall’impatto positivo della sala qui a Il Pagliaccio e dal vissuto personale di ogni ospite.

Circus e Charivari sono delle tratte culinarie del nostro ristorante: sorprese che cambiano e si evolvono con il tempo, senza dare tutte le spiegazion­i e soluzioni già pronte nei menu.

C’è un motivo particolar­e per il quale hai dato questo curioso nome al tuo ristorante?

Il Pagliaccio prende il nome da un quadro che mi è stato dato da mia madre e che ora occupa un posto d’onore all’interno del ristorante. Il Pagliaccio si riferisce alla padronanza delle diverse emozioni che questo personaggi­o circense è capace di suscitare. La più recente incarnazio­ne del menu di degustazio­ne de Il Pagliaccio è chiamato Circus, e cerca non solo di soddisfare gli ospiti con squisiti piatti, ma di stimolare emozioni come gioia, curiosità e nostalgia attraverso le varie portate.

“Ciò che contraddis­tingue la cucina italiana è il fatto che non ci sia un unico tipo di cucina italiana. È

una materia sfaccettat­a, una vasta gamma di sapori”

Tra i numerosi piatti che uno chef propone, ce ne è qualcuno al quale ci si “affeziona” di più e al quale si rimane più legati?

Ricciola e foie gras, un piatto tipico de Il Pagliaccio che si è evoluto nel corso degli anni.

Come si svolge il tuo processo creativo nella realizzazi­one di un nuovo piatto?

Da cosa ti lasci ispirare?

La creazione di un piatto è un processo che si sviluppa in diversi modi. Di base la mia cucina segue le stagioni, quindi elaboro piatti che sono legati al momento dell’anno in cui ci troviamo. Mi lascio ispirare anche dalla combinazio­ne di sapori che ho scoperto durante i miei viaggi. Facciamo delle prove nella cucina, parlo con il mio sous chef e con la mia brigata sempre prima di far uscire un piatto. Il gioco di squadra è molto importante nel mio lavoro perché ogni palato e ogni esperienza può portare e condurre all’idea giusta.

Quanto è importante per uno chef, oggi, avere anche competenze imprendito­riali e managerial­i?

Sono due competenze che vanno ad integrare la figura di questo mestiere, ma credo che non vada mai dimenticat­o che sono appunto competenze complement­ari e che comunque uno chef rimane colui che crea, vive e respira la sua cucina nella sua cucina!

Il Pagliaccio

via dei Banchi Vecchi 129/A

00186 - Roma

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Anthony Genovese, chef de Il Pagliaccio
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