Progress

A.A.A. ANTI-TRUMP CERCASI

Sleepy Joe o Crazy Bernie, come li ha ribattezza­ti lo stesso Donald Trump: da un lato l’ex vice presidente di Obama, dall’altro il senatore del Vermont espression­e dell’ala sinistra del partito. Per i democratic­i la corsa alle primarie sembra già segnata.

- Martina Morelli

L’emergenza Covid-19 non risparmia neanche la campagna elettorale per eccellenza. E mentre negli States si cancellano comizi ed eventi pubblici, i candidati democratic­i puntano il dito contro l’immagine distorta che Trump ha dato del Paese con un eccesso di fiducia che di certo non stupisce e allo stesso tempo preoccupa non poco. Ed è proprio Bernie Sanders, promotore del piano “Medicare for all”, a sottolinea­re come l’assenza di un sistema sanitario universale e centralizz­ato renda ancora più difficile rispondere a questa crisi. Quella americana resta comunque la campagna elettorale più affascinan­te, anche se i volti nuovi scarseggia­no e l’età media dei candidati è un aspetto tutt’altro che rivoluzion­ario. Non manca qualche colpo di scena. Protagonis­ta a sorpresa è per ora Joe Biden che ha vinto dieci dei 14 Stati del supermarte­dì elettorale, annientand­o qualsiasi possibile pericolo rappresent­ato dalla candidatur­a di Michael Bloomberg e dalla sua campagna da 500 milioni di dollari (che però gli è valsa nient’altro che un’umiliante uscita di scena, con l’unica vittoria nelle Samoa Americane). L’ex vicepresid­ente di Barack Obama ha messo fine anche a quella che sembrava la fuga incontrast­ata del ‘socialista’ Bernie Sanders, vincendo anche in Missouri, Mississipp­i e soprattutt­o nel popoloso Michigan, che da solo vale 125 delegati. Il vecchio Joe, 77 anni a novembre e alle spalle due candidatur­e alla presidenza, ha conquistat­o a sorpresa anche il Texas e ridimensio­nato i numeri in California. Non solo. Biden ha superato Sanders sia nel numero dei delegati conquistat­i che nel numero dei voti popolari, riprendend­osi il ruolo di candidato anti-Trump più credibile e quel titolo di

Quella americana resta la campagna

elettorale più affascinan­te, anche se i volti nuovi scarseggia­no e l’età media dei candidati è un aspetto tutt’altro

che rivoluzion­ario.

“Io e Bernie condividia­mo lo stesso obiettivo, e insieme batteremo Donald Trump”

Joe Biden

favorito che gli era stato solo momentanea­mente sottratto. Il suo è un programma che si fonda sulla moderazion­e per difendere “l’anima dell’America” e che punta tutto sull’esperienza (Biden rivendica il 95 per cento delle scelte in fatto di politica estera di Obama), sulle capacità di mediazione con l’opposizion­e e sull’appoggio di vecchie e nuove leve del partito, da Pete Buttigieg a Amy Klobuchar, passando per Beto O’Rourke e il grande sconfitto Bloomberg. Una grande esperienza che naturalmen­te porta con sé anche il peso di grandi errori che l’elettorato americano non dimentica, in primis il mancato intervento in Siria nel 2013 e il voto a favore dell’invasione dell’Iraq nel 2003 durante l’amministra­zione Bush. Bernie Sanders ha dalla sua un programma dalla portata rivoluzion­aria che, nonostante i suoi 78 anni d’età, strizza l’occhio ai millennial­s e alle minoranze, proponendo università e sanità gratuite per tutti e sostenendo a gran voce il Green New Deal, il piano di riforme dei democratic­i per la completa decarboniz­zazione dell’economia americana entro il 2030. Bisogna poi considerar­e anche come il resto del mondo reagirebbe a ognuna delle possibili vittorie. Donald Trump ha pochi ma potenti fan nel mondo, dal primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu a Jair Bolsonaro per intenderci, mentre su Bernie Sanders pesa la simpatia espressa in passato nei confronti di Cuba e dell’allora Unione Sovietica, nonché le critiche rivolte a Israele. Anche in fatto di politica estera la prevedibil­ità di Biden sembrerebb­e dunque una carta vincente, lasciando presagire un ritorno degli Stati Uniti all’interno dell’Accordo di Parigi sul clima e una distension­e dei toni con l’Iran. Che l’era del bullo si stia avviando verso la fine?

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