VITA DA CROSSDRESSER
Il caso Weinstein
Ènotizia recente che la Svizzera si è adeguata agli altri paesi d’Oltralpe in tema di diritti civili, sancendo che anche le discriminazioni omofobe devono essere vietate e punite come quelle riguardanti l’etnia, la razza o la religione. In Italia questa legge non c’è, è ferma da anni in Senato. I tentativi di introdurre nel nostro codice penale il reato di omofobia si sono infranti contro il presunto rischio di ledere la libertà d’espressione. Vulgo: se ho voglia di insultarti perché sei gay devo poterlo fare, così come tu sei libero di praticare la tua omosessualità. Atteso che la libertà d’espressione è sacrosanta, cosa c’è che non torna nella sintesi di cui sopra? Primo: non torna l’appiattimento di tutto a un diritto. Se è un diritto insultare, allora, a valanga, dovrebbe diventarlo anche diffamare o denigrare, e sappiamo bene che, per fortuna, così non è. Diffamazione e denigrazione sono reati puniti dalla legge, come l’ingiuria del resto. Dunque per quale motivo gli epiteti volgari, se riferiti alla sessualità, non sono considerati da codice penale? Secondo: non torna nemmeno il velato richiamo alle opinioni. Sbagliano i relativisti a negare l’assoluto. L’assoluto c’è eccome. Per esempio, uno più uno fa due, e se mi dite che fa tre io, con rispetto, vi invito a tornare sui banchi della prima elementare. Allo stesso modo, chi mi parla di diritto al razzismo avrebbe bisogno come minimo di una rispolverata di educazione civica. Ed è proprio questo il punto. Cos’è il razzismo? Forse che l’epiteto razzista è riferibile in esclusiva a chi massacra di botte un uomo perché è nero? No. Esistono forme di razzismo incruente e subdole, che di primo acchito potrebbero anche essere scambiate per libere espressioni del pensiero. Per esempio: non assumere una persona perché si veste diversamente dagli altri, o sbarrargli l’accesso a un luogo pubblico, è razzismo? Sono forse razzisti i buttafuori delle discoteche quando respingono al mittente chi non è vestito come vogliono loro? Risposta: non sono razzisti laddove non tocchino la sfera del gender, e ciò semplicemente perché razzismo significa discriminare od offendere una persona in forza di caratteristiche che essa non può modificare. Se una multinazionale informatica non mi assume perché non ho le competenze fa la cosa giusta. Sta a me, se voglio essere assunto, acquisire quelle competenze. Ma se non vengo assunto perché, per mie tendenze intime, non riesco a vestirmi da uomo, o perché sono di colore, o perché ho l’accento di chissà dove e via dicendo, ecco, allora subisco un trattamento razzista. Per quanto mi impegni, infatti, non riuscirò mai a diventare bianco da nero, e non è detto che riesca a passare da gay a etero, da crossdresser a normodresser ecc. Ci sono forme transitorie di omosessualità o di disforia di genere, ma questa transitorietà non dipende da una libera scelta. Se non c’è libertà non c’è neanche responsabilità, e di conseguenza non possono esserci punizioni. Ci riflettano, quanti parlano – spesso a vanvera – di libertà d’espressione.