SERIAL FEELLER
LA SERIE TV SULLE ORIGINI DEL VOGUEING (E TANTO ALTRO)
Pose
Nonè detto che la vedremo tanto presto in Italia, anche se i ben informati sussurrano che sul web è già disponibile da tempo, in versione coi sottotitoli. Segno ulteriore che Pose è una serie imperdibile. Scritta e prodotta da Ryan Murphy, deus ex machina di American Horror Story e American Crime Story (ne abbiamo scritto nel numero precedente), racconta, in forma romanzata, il dietro le quinte dei mitologici “ball” (balli) newyorkesi degli anni 80, dove - tra le altre cose - prese forma il vogueing. Resa celebre dal documentario del 1990 Paris is burning (disponibile su Netflix), la ball culture è stata a lungo la valvola di sfogo della comunità lgbt nera newyorkese: sfilate a ritmo di musica dove, smessi gli abiti da lavoro, i partecipanti fingevano di essere qualcun altro, quanto meno ricco e famoso. Come racconta proprio uno degli intervistati in Paris in burning, nella New York reaganiana, per un afroamericano fingere era l’unico modo di migliorare il proprio status. I ball erano organizzati come gare a cui si partecipava in gruppi, chiamati “case”. Ogni casa si dava un cognome altisonante, spesso preso a prestito da una topmodel o da uno stilista. Vogue insomma era il faro.
Pose racconta i retroscena di questa eclettica e coloratissima guerra tra bande, soffermandosi sulla casa che Blanca ( MJ Rodriguez), transgender di origine portoricana, mette su assieme ad Angel (la bravissima attrice transgender Indya Moore), Damon (Ryan Jamaal Swain), un giovane ballerino di belle speranze cacciato via di casa quando i genitori scoprono che è gay, il bel “marchettaro” Ricky (Dyllón Burnside) e lil Papi, unico etero della sgangherata compagnia, che presto assume l’aspetto di una famiglia decisamente atipica ma accogliente. Come in ogni favola che si rispetti, non manca la regina cattiva, che in questo caso risponde al nome di Elektra Abundance (la “divina” Dominique Jackson). In realtà, ma non vogliamo svelarvi nulla, tanto cattiva non è… Trattandosi di una serie ambientata nella New York di metà anni 80, Pose è attraversata in lungo e largo dai fantasmi dell’epoca: la diffusione dell’Hiv, il razzismo, l’omofobia e il primato del denaro su tutto, che in Pose si manifesta anche con numerose citazioni a Donald Trump, che in quegli anni muoveva i primi passi da palazzinaro di lusso. Ma non c’è solo questo. Basta guardare i primi due episodi per comprendere che Ryan Murphy in Pose ha voluto soprattutto dare digni- tà postuma alle misere esistenze dei “ragazzi del molo di Christopher Street”, giovani senzatetto, spesso omosessuali, costretti e vivere ai margini della pur ricchissima New York. Furono loro a inventarsi il vogueing, che ispirerà uno dei migliori dischi di Malcolm McLaren e, in seguito, anche Madonna. Senza la loro energia dirompente e creativa la Grande Mela avrebbe brillato un po’ meno, e sempre delle stesse luci. Pose insomma va guardata perché è una bella serie, scritta e girata con cura. Ma anche perché ci racconta qualcosa di “noi”, che (forse) ancora non sapevamo.