CONTROEDITORIALE Alessio Virgili Alessandro Cecchi Paone
Mentrescrivo sono in quarantena, come tutti. Le previsioni dicono che quando mi leggerete saremo appena usciti dalla prima fase d’emergenza e staremo gradualmente riprendendo in mano vite che comunque non saranno più come prima.
Per ora vi confesso che non riesco a non dare al mio articolo un’impronta diversa, perché di colpo tutti i temi legati ai diritti civili, al crossdressing ecc mi paiono quasi inezia. E sapete per quale motivo? Perché mi sembra che da quando il virus ha colpito le libertà di tutti nessuno abbia più voglia di mettere il becco sulle libertà altrui. Dell’omosessualità non si parla più, come se fosse – e lo è, vivaddio – una cosa normalissima. Nessuno ha più da ridire sulle nozze gay, salvo le pochissime voci fanatico religiose che, facciamocene una ragione, non si spegneranno mai (ma sono appunto pochissime, no?).
Prima che le strette governative si facessero più severe uscivo tutti i giorni, con un motivo serio ovviamente, per andare da mio padre, e i rari passanti che incontravo passavano oltre, come se imbattersi in un crossdresser non fosse lo scandalo da prima pagina che sino a ieri era ritenuto.
Nel 2005, quando visitai l’isola di Langkawi, in Malesia il crossdressing era reato penale. Dal 2014 non lo è più, per cui dovessi tornarci di sicuro non rischierei di imbattermi nel poliziotto che quindici anni fa mi chiese conto del mio vestito, né di dovergli la ridicola risposta che gli diedi («Sir, it’s a male skirt») per scampare il carcere. Però qualcosa mi dice che, a questo punto, il rischio non l’avrei corso nemmeno senza la benedetta legge di depenalizzazione. Così come nei miei frequenti viaggi a Roma ormai da tempo non prendevo sfottò alla stazione Termini, né – ne sono certo – più li prenderò. Anzi, lasciatemi sognare che tutto il mondo, in futuro, divenga bello, grande e cosmopolita come New York, la città delle città, l’avanguardia internazionale alla lotta contro le discriminazioni di genere.
Non so quando potremo riprendere a viaggiare. So solo che, quando lo faremo, ci divertiremo di più. E, per dirla con Virgilio, forsan et haec olim meminisse iuvabit, forse un giorno gioverà ricordare anche queste cose.