BEN 13 ORDINANZE anti-aggressioni
Le Istituzioni ignorano del tutto il mondo dei professionisti della cinofilia, compresi i laureati
Sono 13 le ordinanze ministeriali per la tutela dell'incolumità pubblica dal rischio di aggressioni da parte di cani potenzialmente pericolosi, emanate in Italia dal 2003 a oggi. Il già citato Sirchia ridusse le razze pericolose a 18 nel 2004, l'anno dopo il ministro Storace mise fine all'uso del collare elettrico, nel 2006 la ministra Turco eliminò il taglio di coda e orecchie per le sole finalità estetiche. Nello stesso anno si definisce nero su bianco chi sono i soggetti con “aggressività non controllata” e diviene obbligatorio per le Asl detenere il registro di questi soggetti considerati “a rischio potenziale elevato”; sempre alle Asl viene affidata la totale gestione del fenomeno, a ciascuna sul proprio territorio, dai criteri per la rilevazione del rischio ai percorsi di controllo e rieducazione, contribuendo, così, a creare un grande divario da una zona all'altra. Nel 2009, a opera del sottosegretario Martini, scompare definitivamente la black list delle razze pericolose, si parla esplicitamente di responsabilità penale dei proprietari e per la prima volta si fa riferimento ai patentini, immaginando una virtuosa collaborazione tra le Aziende sanitarie locali, i medici veterinari e i Comuni. Peccato che questo trinomio non vedrà mai la luce nella stragrande maggioranza dei Comuni d'Italia, non essendo obbligatorio. Nel testo si fa riferimento solo a medici veterinari e ad associazioni di volontariato, senza mai citare i professionisti di riferimento, cioè educatori, istruttori e addestratori cinofili. Lo Stato – che nel momento della visita comportamentale si identifica nella Asl di riferimento – suggerisce “una gestione cauta del cane” al proprietario, ma non gli fornisce strumenti pratici per poterla mettere in atto. Nel 2015 il sottosegretario De Filippo aggiunge che “i percorsi formativi su base volontaria possono essere promossi e organizzati autonomamente anche da medici veterinari liberi professionisti nel rispetto dei criteri sopra indicati, informando il Comune, il Servizio veterinario dell'Azienda sanitaria locale e l'ordine professionale”. Ancora una volta le Istituzioni decidono di ignorare completamente il mondo dei professionisti della cinofilia, ivi compresi noi laureati.