Parla Dino Muto, presidente Enci: “Pedigree, arma contro il traffico dall’Est”
Il certificato di iscrizione, come sottolinea il presidente Dino Muto, garantisce tracciabilità e provenienza, ma anche il divieto di cessione prima dei sessanta giorni di età, a garanzia del benessere psico-fisico del cucciolo. È solo una delle battaglie dell’Enci che mira a valorizzare il ruolo del cane nella società, in famiglia, accanto al conduttore e in tutte le attività sociali, ludiche e sportive
“Di recente il Consiglio direttivo ha avviato un percorso di riforma dei propri regolamenti che vieterà l’accesso alle manifestazioni ufficiali dell’Enci a soggetti allevati in Italia sottoposti a conchectomia, ossia il taglio delle orecchie, anche se provvisti di certificazione medico veterinaria”. Ad anticipare, in esclusiva, a Quattro Zampe questa interessante novità è il presidente Enci, Dino Muto, da sempre molto sensibile a simili problematiche. “Su questo tema il corpo degli esperti giudici ha condiviso in modo competente e responsabile la politica Enci”, ha aggiunto, “l’esperto giudice è, innanzitutto, un cinofilo e un allevatore che si dedica in prima persona allo studio delle razze canine, con una particolare sensibilità verso il benessere animale. E se mai ci fossero stati degli episodi enfatizzati in passato, appartengono, appunto, al passato”. Il riferimento è alle polemiche innescate anni fa da Striscia La Notizia secondo la quale certi giudici continuavano a premiare cani amputati. Per fortuna oggi non è più così, anche e soprattutto grazie alla valorizzazione del cane all’interno della società promossa dall’ente in tutte le sue forme. “Enci ha rispettato le norme emanate con la legge 201 del 4 novembre 2010 che ha ratificato e dato esecuzione della Convenzione europea per la protezione degli animali da compagnia” prosegue il presidente, “monitorando, in accordo con Anmvi e Fnovi, l’applicazione e il rispetto della legislazione europea e nazionale, della deontologia medico-veterinaria e delle norme tecniche e professionali che ispirano le attività cinofilo-cinotecniche e medico-veterinarie a principi di etica, salute e benessere animale”.
VITA DI CAMPAGNA CON CINQUE CANI
Ma chi è Dino Muto? Intanto è un uomo che ha il privilegio di vivere in campagna con spazi ampi e verdeggianti dove è felicemente “circondato” da ben cinque cani, quattro ricevuti da amici allevatori, oltre a un meticcio adottato. “Dedico a loro, purtroppo, solo il tempo che il lavoro e i tanti impegni Enci mi concedono. Ma ho la fortuna di avere una famiglia che nutre un forte legame sia con le nostre piccole Luna, Sole e Angel, sia con Evita e Joe di taglia decisamente più grande”. La professione di Dino Muto è, da sempre, legata al mondo agricolo. Consulente su questo tema per la politiche comunitarie, dal 2002 è Direttore di un Centro di assistenza agricolo. In cinofilia dal 1991 ha iniziato
il percorso prima come espositore, poi come allevatore della razza Dalmata con affisso Saude di Boezia. Tra i fondatori del Club Amici Dalmata, attualmente ne è anche il presidente. Componente del Comitato esposizioni Enci dal 2002 al 2010 e, successivamente, rappresentante Enci in seno al Comitato esposizioni Fci, dal 2003 fa parte del Consiglio direttivo Enci e del Comitato Esecutivo e, dal 2014, è presidente dell’Enci, che lui definisce “una splendida realtà ed eccellenza che oggi ho l’onore di rappresentare”.
Presidente, di recente lei è stato riconfermato a capo dell’Enci. Lo scorso anno sono stati iscritti nel Libro genealogico Enci circa 170.000 cuccioli e organizzate oltre 2.000 manifestazioni. La sede nazionale è a Milano, i soci sono oltre 70.000, tra cinofili e allevatori. Quanto è impegnativo e delicato questo ruolo? E quante persone lavorano all’Enci?
Come si può facilmente intuire dai numeri che ha anticipato, Enci con orgoglio si colloca ai vertici della cinofilia mondiale ed è rappresenta da decine di migliaia di appassionati cinofili, tra allevatori, addestratori, conduttori e proprietari di cani. La gestione stessa dell’organizzazione richiede non solo un interesse costante da parte di chi amministra, ma anche grande collaborazione e impegno da parte degli uffici, negli ultimi anni aumentato di pari passo alla crescita delle attività. A tal proposito approfitto per ringraziare tutti i collaboratori Enci, dai direttori agli impiegati, protagonisti con il consiglio direttivo di Enci di questa grande attenzione a valorizzare l’allevamento italiano. Enci, oggi, oltre a sviluppare servizi e attività di supporto agli allevatori e alla valorizzazione della selezione morfo-funzionale, si pone come interlocutrice primaria verso le Istituzioni e lavora costantemente per valorizzare il cane di razza in tutti i settori della nostra società, a partire dal suo ruolo come stabile membro della famiglia, fino a quello di co-protagonista, assieme al conduttore, in tutte le attività sociali, ludiche e sportive. Il futuro del nostro ente non può che essere legato a questo percorso di valorizzazione del cane all’interno della società.
Dalla tutela dell’ambiente al sociale, quali sono i vostri programmi futuri?
Negli ultimi anni Enci, grazie anche a partenariati e convenzioni con Ispra, Legambiente e Federparchi, ha aperto la strada a progetti e attività di ricerca, pionieristiche e lungimiranti nel nostro Paese, che hanno consentito di delineare e dimostrare le potenzialità dei cani specializzati, proprio nell’ambito della tutela dell’ambiente e anche della protezione di specie faunistiche a rischio. In ambito sociale Enci, tramite i suoi comitati, sta lavorando sia al potenziamento dei progetti che si sviluppano nell’ambito degli accordi con i Provveditorati dell’amministrazione penitenziaria, che prevedono l’utilizzo di unità cinofile specializzate per attività a favore sia dei detenuti che del personale di polizia penitenziaria, sia alla promozione di progetti di ricerca sull’utilizzo dei cani negli interventi assistiti con gli animali.
Fra i vostri più importanti impegni c’è quello contro l’importazione illegale di cuccioli. Voi stessi, in passato, vi siete anche costituiti parte civile contro i responsabili
del traffico illegale di migliaia di cani dallo Slovacchia. Che sviluppi e risultati avete ottenuto? Cosa si può fare per arginare questa piaga?
Vede, per inquadrare correttamente un problema, è necessario individuarne anche le cause. Il traffico illegale di cuccioli viene alimentato da un commercio irresponsabile, a sua volta sostenuto da richieste. Per questo motivo tale situazione di grande danno per gli allevatori italiani deve essere combattuta su più fronti. Enci, per contrastare il traffico, ha una collaborazione attiva e trasparente con le forze dell’ordine che si occupano della repressione di questi reati. Ma è necessaria anche un’opera di sensibilizzazione delle Istituzioni e di tutti gli attori che possano affiancare Enci.
Quanto può aiutare il pedigree?
Altro tema è la sensibilizzazione dei nuovi proprietari, principalmente sulle buone pratiche di allevamento, a loro volta connesse con il benessere animale. Non è sempre facile comunicare con interlocutori non cinofili, far comprendere che il pedigree garantisce non solo tracciabilità e provenienza, ma anche altri livelli di controllo, pure in relazione al divieto di cessione prima dei 60 giorni di età, a garanzia proprio del benessere psico-fisico del cucciolo. La comunicazione di argomenti così delicati non è semplice, perché troppo spesso chi acquista il cane è condizionato da fattori emotivi e non razionali. È importante far capire cosa c’è dietro l’acquisto di un cane importato illegalmente, quali sono le condizioni in cui vivono le fattrici e quali sono gli stress fisici e psichici ai quali sono sottoposti questi cuccioli, nella completa mancanza di cure. Tale percorso di sensibilizzazione è stato intrapreso da Enci anche su programmi televisivi come “Quattro Zampe in Famiglia” su Rai 2, appena concluso, per far conoscere non solo il cane di razza, ma soprattutto, le basi dell’allevamento responsabile. Solo trasformando la richiesta da inconsapevole a consapevole, parallelamente alla lotta di confine già egregiamente e con ogni sforzo svolta dalle forze dell’ordine, si potrà dare una risposta forte di contrasto a questo fenomeno.
Da poco avete riconosciuto il Pastore del Lagorai - che molti definiscono il “Border Collie italiano” - divenuto la prima razza trentina riconosciuta dall’Enci. Questo antichissimo tipo di cane che da sempre accompagna mandrie e greggi al pascolo lungo le transumanze del Triveneto è stato ufficialmente inserito nel Libro genealogico delle razze canine riconosciute.
Che lavoro c’è dietro al riconoscimento di una razza? Quanto tempo ci vuole e quante persone sono coinvolte? Come funziona, in parole semplici, il meccanismo?
Consideri che quando si arriva al riconoscimento ufficiale di una razza italiana, per tutta la struttura Enci è un momento di grande emozione e soddisfazione. Perché, guardando oltre, non è solo un patrimonio zootecnico che siamo riusciti a tutelare, ma è tutta la tradizione e la cultura stessa, spesso agricola e rurale, e molto antica, legata alla provenienza di quella razza che viene valorizzata, promossa e preservata. Il riconoscimento di una razza passa attraverso il lavoro di anni, per la selezione dei soggetti, l’individuazione delle famiglie, la redazione dello
standard. Commissioni di esperti si coordinano in Enci affinché ogni tassello possa andare al suo posto.
Presidente, cosa rappresenta il riconoscimento di una nuova razza italiana? E come si rapporta con il territorio di riferimento?
Al pari di monumenti e opere d’arte, le antiche razze italiane rappresentano la nostra cultura e identità. In esse si riflettono le storie delle popolazioni locali che le hanno create, i loro stili di vita, le asperità stesse di alcuni territori, soprattutto per le razze da conduzione e protezione delle greggi. Fa parte della mission di Enci mappare queste razze autoctone e intraprendere tutte le azioni utili al loro riconoscimento, ove ci siano le condizioni, perché è proprio attraverso il riconoscimento ufficiale che si avranno maggiori strumenti e garanzie, nonché opportunità di preservarle per chi verrà dopo di noi.
Quali misure vengono adottate contro gli allevatori superficiali che non rispettano le linee di sangue e che fanno venire al mondo cani con gravi patologie che si potrebbero, invece, evitare?
Come detto in precedenza, negli ultimi anni Enci ha intrapreso una politica, su più fronti, di valorizzazione dell’allevamento responsabile. Oggi l’allevatore ha a disposizione sempre più strumenti non invasivi di indagine genetica per il controllo delle patologie ereditarie, che Enci sostiene e promuove fortemente. Agli allevatori con affisso è richiesto, inoltre, la sottoscrizione di un codice deontologico che impegna proprio al rispetto delle buone pratiche di allevamento e che lo espone a una serie di provvedimenti disciplinari in caso di inadempienza. Ma anche il potenziamento delle verifiche morfofunzionali e dei test morfo-caratteriali, sempre più richiesti per l’impiego dei cani in una serie di attività, ha un effetto riflesso sulla valorizzazione dell’allevamento di qualità. Anche il Master allevatori, realizzato in collaborazione con Fnovi, rappresenta un elemento di specializzazione e qualificazione degli allevatori, proprio al fine di guidarne la crescita e favorire dei percorsi di eccellenza.
In Germania, se un cane morde viene avvisato subito l’allevatore che può sia evitare di far riprodurre soggetti non idonei, sia segnalare l’eventuale proprietario incapace di gestire cani, per fare in modo che non ne adotti di nuovi. Come abbiamo riportato nel dossier di Quattro Zampe di agosto, il più delle volte le morsicature sono frutto di mala-gestione.
Cosa si può fare per controllare maggiormente questi
aspetti così delicati e strategici? Le stesse Istituzioni, a riguardo, sono molto deficitarie…
Come giustamente ha osservato, la maggior percentuale degli incidenti deriva da errori gestionali o di comunicazione fra cane e uomo. Gli schemi comportamentali del cane sono diversi dai nostri e, soprattutto, le modalità di comunicazione. Anche questi aspetti, che sono cruciali per la corretta convivenza fra uomini e cani nella società, hanno bisogno di una politica forte e capillare di educazione e sensibilizzazione, in cui un ruolo fondamentale può essere svolto dalla categoria degli addestratori che rappresentano la figura professionale deputata all’educazione e all’addestramento dei cani, ai fini, prima di tutto, proprio del corretto inserimento sia nel nucleo famigliare che nella comunità. È senza dubbio da promuovere e potenziare l’accesso dei proprietari a percorsi di educazione con i professionisti, affinché non solo il cane possa acquisire competenze utili alla vita nella comunità, ma lo stesso proprietario possa apprendere le regole base di gestione e comunicazione fondamentali per prevenire episodi tanto spiacevoli quanto spesso involontari da parte dei cani.
Che consigli può dare ai nostri lettori per evitare di prendere un cucciolo con patologie gravi come la displasia? Come ci si può difendere e fidare?
Gli esami e i test per il controllo delle patologie ereditarie sono svolti da laboratori che rilasciano ufficialmente gli esiti, alcuni dei quali sono visionabili sul Libro genealogico online, nella sezione avvenimenti, per singolo soggetto, oppure può essere richiesto all’allevatore di produrre la documentazione relativa (https://bit.ly/LibroGenealogicoOnline).