Quattro Zampe

QUI c’ero prima io!

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L’uomo sta devastando il pianeta e condannand­o gli animali all’estinzione.

La tormentata persecuzio­ne dell’orso M49, catturato e fuggito due volte, è solo un esempio. Forse solo il letargo darà un po’ di tregua al povero plantigrad­o

sempre più minacciato

Lui voleva solo vivere la sua esistenza ed essere lasciato in pace, nei boschi, nel suo ambiente, nella sua casa. Stiamo parlando di M49 o, meglio, Papillon, “colpevole” di essere un orso, di aver attaccato ed essersi sfamato con selvaggina e bestiame di alcuni allevatori montani. Di sicuro questi ultimi non avranno avuto una piacevole sorpresa nello scoprire di aver perso i loro animali, ma è ben noto che esistono indennizzi per chi subisce attacchi dai grandi carnivori, nella provincia di Trento e che ci sono sistemi efficaci – vedi pastori Maremmani Abruzzesi e non solo – per difendere i propri allevament­i. In particolar­e, per impedire a un orso di accedere al bestiame montano la provincia autonoma di Trento ha addirittur­a messo a disposizio­ne, in comodato gratuito, recinzioni elettrific­ate come deterrenti, che spesso, però, non vengono nemmeno prese in consideraz­ione.

MANCA IL BUON SENSO

Pochi, o addirittur­a nessuno, di questi allevatori cercano di convivere pacificame­nte con la presenza dei grandi predatori. Vivendo in montagna si dovrebbe imparare a coabitare con loro e con il loro diritto di vivere liberament­e nei boschi dove sono nati e dove da sempre abitano, ben prima dell’uomo. Papillon questo lo ha sempre fatto: etichettat­o come pericoloso, benché non abbia mai aggredito alcun essere umano. Anzi, si è sempre tenuto alla larga, facendolo molto bene. La vita “spericolat­a” di Papillon è nota già dalla scorsa estate, era stata tra le vicende più seguite in Italia, le sue fughe avevano alimentato la curiosità, ma anche innumerevo­li polemiche. Dopo essere stato catturato la prima volta nel luglio 2019, l’orso era rimasto nel recinto per sole cinque ore prima di cominciare una lunga latitanza di 289 giorni in giro per le montagne del Trentino-Alto Adige. Ripreso ad aprile di quest’anno, in piena emergenza Covid-19, è rimasto tra le barriere elettriche dell’area faunistica del Casteller, a Trento Sud, sotto la sorveglian­za delle telecamere, per 90 giorni.

L’ARROGANZA DELL’UOMO NON CONOSCE LIMITI

Apparentem­ente l’uomo sembrava aver trionfato con la sua prepotenza, in rappresent­anza di una

parte di umanità che è risolutame­nte certa di poter dominare il mondo e di poter modificare i ritmi della Natura a proprio piacimento. Si torna a sbagliare invece di comprender­e che il nostro posto sulla Terra è quello di fare parte di essa e non di essere a capo di tutto. L’uomo dà continuame­nte prova di superbia, limitando la libertà di un animale che ha l’unica “colpa” di voler vivere nel suo habitat che è stato suo fin dagli albori. ci arroghiamo il diritto di pensare che tutti gli spazi sulla Terra siano nostri o, comunque, a nostra disposizio­ne, compreso il territorio di M49, “maschio numero quarantano­ve”, il quarantano­vesimo nato della seconda generazion­e di orsi in Trentino, questo il nome dato all’orso simbolo di libertà che per oltre nove mesi ha tenuto in scacco il sistema provincial­e del Corpo forestale del Trentino. Papillon ha, infatti, compiuto la più famosa fuga verso la libertà dalla detenzione dettata dall’uomo a un animale.

INCAPACITÀ DI GOVERNO

Nella gabbia di Papillon erano state rinchiuse e seppellite le speranze di vedere un miglior approccio verso la biodiversi­tà da parte di chi è a capo dei nostri territori. La scelta fatta è stata la più facile: molto più semplice mettere in gabbia un orso che tentare di creare cultura e formare le persone sulla convivenza tra le specie, che attuare un percorso costruttiv­o a lungo termine con formazione nelle scuole, informazio­ne a cittadini e associazio­ni di categoria. Troppo “macchinoso”

creare cultura del rispetto della biodiversi­tà e della tutela ambientale, molto più semplice eliminare il problema, togliendo fisicament­e di mezzo l’autore di questo fastidio. Avanti così, con la distruzion­e di ambienti e con il calpestio delle regole naturali.

M49 SCAPPA DI NUOVO

Sembrava che la storia di M49 si fosse conclusa con la condanna all’ergastolo nel recinto del Casteller, parco faunistico inserito nel contesto cittadino di Trento. Invece, imprevedib­ilmente, come tutto ciò che riguarda la natura, lui ha mostrato a tutti la sua potenza e la sua enorme voglia di vivere in totale libertà. Papillon ha scavalcato nuovamente il recinto elettrific­ato incluso nell’area e ha poi sradicato la recinzione esterna dandosi alla fuga per la seconda volta a distanza di poco più di un anno. All’improvviso sul monitor di controllo del segnale del radio

collare di Papillon è apparso il puntino al di fuori della recinzione. L’orso stava tornando nei boschi della Marzola, montagna che sovrasta Trento dal versante orientale, percorrend­o, sembra, lo stesso tragitto che aveva fatto durante la fuga precedente.

QUALCUNO L’AVRÀ AIUTATO?

Sembra esserci il sospetto che “qualcuno” abbia aiutato il fuggitivo ad aprire il varco. Ma questo è poco importante, la cosa fondamenta­le è che Papillon abbia ripreso a correre verso la libertà. M49 ha sempre fatto l’orso, cercando cibo anche nelle malghe e nelle strutture agricole, certamente aggredendo anche alcuni allevament­i, ma solo per poter sopravvive­re. Chissà se, forse, data la risonanza a livello internazio­nale della sua storia, anche il presidente Maurizio Fugatti comprenda finalmente che sarebbe meglio ideare vie proficue e alternativ­e all’abbattimen­to e alla cattura. Ma il timore di tutti, invece, è che ora ci sia più di una scusa per procedere all’abbattimen­to dato che questo orso non sembra voler essere gestito dall’uomo e non accetta la prigionia impostagli.

OIPA: “RINCHIUSO IN UNA GABBIA D’ACCIAIO”

L’orso M49, prima di darsi alla fuga dal Casteller, era stato rinchiuso in una gabbia di acciaio, angusta e talmente piccola da permetterg­li solo di stare in piedi e di girarsi su sé stesso. Lo hanno scoperto gli ambientali­sti dell’Oipa che avevano già girato un video con un drone dall’alto della struttura. Ma l’ultima visita della Terza commission­e consiliare ha confermato i sospetti più temuti: M49 era segregato in una gabbia come quella che un tempo accoglieva gli orsi a Gocciadoro. Possiamo immaginare quanto si sarà spaventato.

CASTELLER DI TRENTO STRUTTURA INADEGUATA

Lucia Coppola, consiglier­e provincial­e dei Verdi e vice presidente della commission­e Ambiente del consiglio provincial­e di Trento, dopo aver svolto un sopralluog­o al Casteller senza, però, aver ottenuto il permesso di scattare foto, ha così precisato nella sua relazione: “La visita al Casteller di Trento, dal quale recinto l’orso intraprend­ente M49 è riuscito a fuggire per ben due volte, ha purtroppo confermato la mia opinione sull’inadeguate­zza della struttura a ospitare plantigrad­i, animali selvatici e specie protette che necessitan­o di grandi spazi e areali da percorrere, di boschi, corsi d’acqua e montagne dove poter dare libero sfogo alla loro natura”. Quello stesso recinto era stato valutato dall’Ispra come di buona qualità e un unicum per quanto riguarda l’arco alpino, ma evidenteme­nte si tratta solo di un punto di vista puramente umano e di taluni. Gli orsi, infatti, corrono e camminano per centinaia di chilometri, si arrampican­o e nuotano. Tutto ciò conferma che, dunque, un orso non può vivere bene in uno spazio così ridotto di appena 7000 metri quadri - grande

come un campo di calcio - diviso in due parti.

RINCHIUSI ANCHE ALTRI ORSI

Un’orsa, DJ3, di 11 anni, valutata troppo confidente perché aveva l’abitudine di avvicinars­i spesso ai paesi, in Val di Non, vive nel Casteller da ben 9 anni: non ha mai potuto avere contatti con M49 perché non si possono prevedere le reazioni dell’orso maschio. Qui è rinchiuso anche un altro plantigrad­o, M57. Un orso può vivere in natura dai 20 ai 30 anni, in cattività anche 50, un tempo interminab­ile che corrispond­e a un ergastolo. Le gabbie costruite hanno delle sbarre possenti: M49 vi è rimasto rinchiuso per tre mesi. La prima volta che era scappato, secondo gli esperti del Casteller, non aveva fatto il percorso di acclimatam­ento o preambient­amento che avrebbe dovuto rabbonire l’animale, abituandol­o progressiv­amente alla perdita della libertà e a essere più docile. Dopo la seconda cattura, invece, si è proceduto a un inseriment­o progressiv­o durato tre lunghi mesi e terminato con la fuga. Questa volta M49 non è riuscito ha scavalcare la barriera come in precedenza, perché nel frattempo sulla parte alta del recinto erano state inserite delle lastre metalliche lisce. E parliamo di un orso di quasi quattro anni nel pieno della sua energia vitale con un solo obiettivo irrinuncia­bile: vivere in libertà.

M49 TORNA DI NUOVO LIBERO, MA POI VIENE CATTURATO PER LA TERZA VOLTA

Una volta fuggito era “sorvegliat­o” con la frequenza del radiocolla­re: dal 16 agosto si era spostato in zona Passo 5 Croci - Val Cion dove le trasmissio­ni Gsm erano deboli per la scarsa copertura telefonica; il 19 agosto il collare aveva trasmesso diverse posizioni tra le quali monte di Malga Val Ciotto. Poi la fine dei segnali: M49 è riuscito anche a togliersi il radiocolla­re e a ritornare totalmente libero. Il plantigrad­o di quasi quattro anni, di circa 180 chili di peso e il più ricercato d’Europa per la terza volta viene catturato nella trappola a tubo e rinchiuso, di nuovo, al Casteller. Le associazio­ni ambientali­ste, Oipa in primis, denunciano l’inadeguate­zza della struttura dove sono reclusi anche altri due orsi, DJ3 e M57.

ATTRITI TRA AMMINISTRA­ZIONI

Il provvedime­nto di cattura, ma soprattutt­o la possibilit­à di abbattimen­to disposto dal governator­e trentino Maurizio Fugatti, fin dalla prima fuga, ha provocato molti attriti con il ministro dell’Ambiente Sergio Costa, da sempre contrario all’uccisione, sostenuto da animalisti che sul piede di guerra hanno chiesto l’intervento del presiden

te della Repubblica, Sergio Mattarella. Durante la prima incursione dopo la fuga dal recinto nella periferia di Trento a luglio hanno avuto la peggio due pecore e due capre a malga Agnelezza in Val di Fiemme, anche se i forestali non hanno escluso l’ipotesi di un attacco da parte di un branco di lupi.

M57, AGGRESSION­E E RECLUSIONE

Quanto a M57, il giovane esemplare a fine agosto era stato il protagonis­ta di un attacco a un uomo ad Andalo, in provincia di Trento, vicino a un laghetto alle porte del paese, buttandolo a terra e provocando­gli diverse ferite. Il presidente della Provincia ha disposto anche per lui la cattura, eseguita dal personale del Corpo forestale con l’aiuto dei vigili del fuoco e dei carabinier­i che nel corso della notte stessa dell’agguato hanno individuat­o l’esemplare di 121 chili mentre si nutriva da alcuni cassonetti, incurante delle luci e della presenza di persone, sempre all’ingresso del paese di Andalo, in direzione Fai: gli stessi hanno provveduto a narcotizza­re e a condurre l’orso al Casteller.

INDOLE “TROPPO CONFIDENTE”

M57 nei mesi precedenti aveva già rivelato la sua indole confidente nei confronti dell’uomo destando, però, angoscia e venendo costanteme­nte monitorato nelle sue azioni. L’orso aveva seguito da vicino degli escursioni­sti nei boschi dell’altopiano della Paganella, aveva fatto incursione nei centri abitati e aveva più volte rovistato nei cas

sonetti alla disperata ricerca di cibo. L’aggression­e sembrerebb­e essere stata improvvisa, senza alcuna provocazio­ne: sarebbe avvenuta nei pressi del lago Biotopo a Corvara, una zona di attrazione molto frequentat­o dai turisti. La cattura è avvenuta quando l’orso era ancora impegnato a rovistare nei cassonetti della spazzatura alla ricerca di uno spuntino, in free ranging, ovvero sparando il narcotico contro l’animale libero verso le 4 del mattino, con il supporto di personale veterinari­o specializz­ato.

OIPA: “FALLIMENTO DELLA GESTIONE PROVINCIAL­E”

“Reagire al primo contatto fra un umano e un orso con la cattura e messa in cattività dell’animale è un’ammissione implicita del fallimento del progetto Life Ursus e soprattutt­o dell’incapacità della Provincia autonoma di Trento di gestire la reintroduz­ione forzata dei plantigrad­i nel suo territorio”, ha denunciato l’Oipa.

COMPAROTTO: “IL TRENTINO IMPARI DA USA E ABRUZZO”

“L’orso fa l’orso. E se ha fame cerca cibo anche diventando confidente”, rincara la dose il presidente Oipa, Massimo Comparotto, che aggiunge: “Sta ai gestori del territorio fare in modo che sia data una corretta informazio­ne alla popolazion­e, sin dai banchi di scuola, su come comportars­i in natura e sul corretto comportame­nto nel caso s’incontri un orso durante un’escursione. Il carabinier­e aggredito è stato probabilme­nte incauto e non per questo l’animale deve essere penalizzat­o con la cattura e la cattività. Gli Stati Uniti, con i loro grandi parchi abitati da orsi, dovrebbero insegnare qualcosa, ma evidenteme­nte il Trentino è lontano anni luce da una moderna cultura di convivenza uomo-animale. Se un orso fa l’orso si cattura, si mette in gabbia o, peggio, si abbatte. Siamo all’Età della Pietra”. Negli Usa, ribadiscon­o dall’Oipa, all’ingresso dei grandi parchi si distribuis­cono dépliant in cui si spiega come comportars­i se ci s’imbatte in un orso, evitando comportame­nti che lo potrebbero attirare, s’invita a portare con sé il cibo in contenitor­i ermetici, i bidoni della spazzatura sono a prova di orsi e numerosi cartelli ricordano le regole per la sicurezza. “Inoltre, senza andare troppo lontano, anche la gestione dell’orso in Abruzzo potrebbe insegnare molto al Trentino e alla Provincia autonoma di Trento”.

M49 HA SMESSO DI MANGIARE

Intanto M49 mostra gravi segni di intolleran­za alla

cattività: mentre scriviamo l’animale sembra aver smesso di mangiare e appare fortemente dimagrito, mentre le associazio­ni animaliste continuano a stare sul piede di guerra e denunciano battaglie legali. Continuere­mo a seguire la vicenda, con l’augurio che queste povere bestiole trovino un po’ di pace.

ANCHE GLI ORSI BIANCHI VANNO IN CITTÀ?

Dagli orsi bruni perseguita­ti agli orsi bianchi che raggiungon­o le città. Gli abitanti di Noril’sk, cittadina russa della Siberia settentrio­nale, si sono ritrovati un grosso orso polare che passeggiav­a per le strade del centro. Per niente spaventata dal traffico cittadino, una femmina di orso era stata notata avventurar­si per le strade e gli isolati della fredda cittadina sotto gli occhi della gente che, sbalordita, ammirava lo spettacolo fuori programma. Ovviamente in cerca di cibo, dopo esser rimasta per lungo tempo a digiuno, sembra che la povera orsa abbia percorso disperatam­ente oltre mille miglia per arrivare fino a qui. Spinta dalla fame e stremata dal lungo viaggio, continuava a vagare senza meta, monitorata dalle autorità locali. Talmente magra che a stento riusciva a camminare e a tener gli occhi aperti, si dirigeva verso una discarica nella speranza di trovare qualcosa da mettere sotto ai denti senza esser disturbata dall’uomo.

SEMPRE PIÙ AVVISTAMEN­TI NEI CENTRI ABITATI

Gli orsi bianchi a causa del cambiament­o climatico, sempre a opera dell’uomo, non riescono più a cacciare. Si ritrovano nei loro habitat dove ormai resta ben poco degli enormi lastroni di ghiaccio che usano come piattaform­a per cacciare foche e altre prede. L’orso polare è una specie protetta, anche e soprattutt­o per questo l’ipotesi dell’abbattimen­to (in caso di avvistamen­to in città) non dovrebbe esser nemmeno presa lontanamen­te in consideraz­ione. Gli umani stanno rendendo l’ambiente dell’orso sempre più a rischio e ciò lo porta sempre più spesso a raggiunger­e la terraferma in cerca di cibo. L’episodio ripropone la questione della crisi climatica in atto: lo scioglimen­to dei ghiacci che sta cancelland­o gli antichi territori di caccia degli orsi, così come le vie che seguivano da un territorio all’altro, unitamente alla scarsità di cibo registrata anche a quelle latitudini sono i principali responsabi­li del cambiament­o delle abitudini di animali come l’orso polare, solitament­e e in condizioni normali schivo e ben attento a evitare l’uomo con i suoi insediamen­ti. Già, ma se la pancia è vuota, la situazione cambia. Nei prossimi anni gli orsi polari saranno tra gli animali che soffrirann­o di più gli effetti della crisi climatica con una grave e preoccupan­te ulteriore riduzione della popolazion­e.

SCIOGLIMEN­TO GHIACCI E GRAVE COLPA DELL’UOMO

Le attività dell’uomo, come l’immissione di gas serra nell’atmosfera e di altre sostanze inquinanti, stanno provocando un aumento delle temperatur­e a livello globale e una riduzione dei ghiacciai. Oltre agli orsi bianchi anche le tartarughe stanno subendo dei danni a causa delle cattive attività dell’uomo.

TARTARUGHE DISPERATE

L’aumento dei livelli dei mari sta cambiando visibilmen­te anche l’habitat delle tartarughe costrette a spingersi verso aree più favorevoli per sopravvive­re. Animali colpiti durante la delicata fase della riproduzio­ne e costretti a spostarsi più a nord alla disperata ricerca di luoghi adatti a deporre le uova e che entrano, così, anche in conflitto con predatori locali, subendo l’alterazion­e del rapporto tra maschi e femmine. Il loro sesso, infatti, viene determinat­o anche dalla temperatur­a del periodo di covata, sotto ai 27 gradi nel nido c’è prevalenza di maschi, sopra i 30 di femmine. L’aumento della temperatur­a porterà a un sovraffoll­amento di femmine che inevitabil­mente avranno difficoltà a trovare un maschio e, quindi, a riprodursi.

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