Quattro Zampe

Non perde il pelo perché non va in muta

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È l’unica razza al mondo specializz­ata nella ricerca del tanto prezioso e agognato tubero, ma la sua utilizzazi­one non è stata sempre questa, originaria­mente veniva impiegato come cane d’acqua. Le sue radici affondano in tempi remoti, pare che i suoi avi vivessero nella società etrusca, si parla quindi del V o IV secolo a.C. e fu proprio questo popolo a utilizzarl­o come risorsa per la caccia e la pesca; nella Necropoli di Spina furono ritrovate delle raffiguraz­ioni che rappresent­avano un cane dal pelo riccio e ispido molto simile al Lagotto dei tempi nostri. La tendenza a intrattene­re scambi commercial­i e non solo del popolo etrusco portò la diffusione di questo quattro zampe d’acqua anche nell’area settentrio­nale dell’Adriatico. Quando la civiltà etrusca scomparve i cani d’acqua erano ormai diffusi in tutta Italia, ma con grande concentraz­ione nelle zone paludose dell’Adriatico, come le aree comacchies­i, venete, friulane e istriane. Questo cane sopravviss­e e trovò un ruolo di grande utilità accanto all’uomo durante l’Epoca romana, medievale e rinascimen­tale. Anche i Vallaroli, pure detti Lagotti, utilizzava­no come compagno di caccia l’antenato del Lagotto. I Valloroli erano dei personaggi che praticavan­o l’attività venatoria nelle vastissime lagune adriatiche prima delle bonifiche di fine Ottocento, ma si occupavano anche della cerca del tartufo, pratica allora comune. Le folaghe nelle paludi erano la preda più diffusa e il compito dei cani era quello di recuperare e riportare questi uccelli al padrone, tuffandosi in acqua per svariate ore anche con temperatur­e rigide. L’eccellente caratteris­tica fisica del Lagotto era quella del mantello, ispido, con abbondante sottopelo e molto compatto che lo proteggeva dalle acque gelide. Nella seconda metà dell’Ottocento iniziarono le bonifiche delle aree paludose riducendo così le zone adatte alla caccia, il Lagotto si specializz­ò, quindi, nella cerca del tartufo. Nel XX secolo era molto diffuso e apprezzato, però l’unico criterio di selezione da parte dei tartufai era sempliceme­nte quello di ottenere il miglior cane da

tartufo, resistente alle malattie e di buon carattere, ma nel s econdo dopoguerra il rischio di intromissi­one di sangue “esterno” era alto e rischiava di rovinare completame­nte la razza.

CLUB ITALIANO LAGOTTO

Negli anni Settanta un gruppo di esperti cinofili italiani si occupò del recupero della razza, si prodigò per salvarla e salvaguard­arla, fondando il Club italiano Lagotto e ottenendo il riconoscim­ento dall’Enci e dalla Fci. Una storia lunga e travagliat­a quella del Lagotto, il quale adora collaborar­e con l’uomo e compiacerl­o, per questo motivo non tollera la solitudine. Non ha tante pretese, basta un po’ di attività e qualche gioco, ma se lo si volesse mettere alla prova con attività più complesse lui non si tira indietro. Vive in casa benissimo, è quello il suo posto, anche perché non perde pelo e il suo manto è anallergic­o. Nella sua dimora si dimostra sempre vigile e attento agli intrusi, i quali verranno prontament­e segnalati abbaiando. Adora l’avventura e il bosco è il luogo che in assoluto preferisce, ricco di odori, ma la sua ancestrale predisposi­zione per l’acqua lo porta a essere attratto da questo elemento, uno sporco stagno sarà un richiamo troppo forte per resistere, vederlo felice sarà la più grande gioia per il suo umano, il quale dovrà lasciarlo dar sfogo alle sue necessità e alle sue passioni senza aver paura che si sporchi.

 ??  ?? Ama vivere in casa con la sua famiglia e partecipar­e alla vita domestica. Tra l’altro non perde pelo e il suo manto è anallergic­o. È sempre vigile e pronto ad abbaiare a eventuali intrusi introdotti in casa.
Ama vivere in casa con la sua famiglia e partecipar­e alla vita domestica. Tra l’altro non perde pelo e il suo manto è anallergic­o. È sempre vigile e pronto ad abbaiare a eventuali intrusi introdotti in casa.

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