SAVE THE DOGS SALVA ALIDA
Alida è stata salvata in extremis da Save the Dogs che finora ha recuperato e trovato casa a 8000 randagi in Europa. Un’avventura d’amore che ora è diventata anche un libro
Dalla discarica romena all’adozione in Svezia
Romania, discarica di Cernavoda: qui da tempo vive Alida, una cagnolina malata di rogna e in precarie condizioni. Per disperazione si è adattata a sopravvivere di stenti in condizioni igienico-sanitarie terribili. I morsi della fame nera la consumano, il freddo pungente la debilita, deprivazioni che la costringono a soluzioni disgraziate, rovistando tra i rifiuti del quartiere più povero della città. Una vita improbabile in un tunnel che sembra non lasciare via di scampo. Finché nel febbraio 2020, a due anni di età, arriva la svolta di Alida grazie a Sara Turetta, presidente di Save the Dogs, in perlustrazione con alcuni suoi collaboratori nella favela di Cernavoda, la cittadina romena che ospita la sede della nota associazione animalista.
MALATA E CON LA SCABBIA GIACE TRA L’IMMONDIZIA
Alcune persone comunicano a Sara che una cagnolina molto malata si aggira tra l’immondizia. Il team si mobilita all’istante, raggiunge la discarica, la cerca e la trova. È una femmina, poi chiamata
Alida, nascosta sotto un rudere fatiscente, in mezzo alla sporcizia, molto debole e affetta dalla scabbia. “Per tirarla fuori da lì abbiamo faticato molto: era terrorizzata”, racconta Sara a Quattro Zampe, “alcuni abitanti del quartiere, che ci conoscono e ci stimano, si sono offerti di tirarla fuori. Così è stata estratta, l’abbiamo caricata sul nostro furgone e ricoverata nella nostra clinica, in isolamento, perché la scabbia è una zoonosi”. Alida è risultata anche positiva alla filariosi - infezione trasmessa da un parassita - quindi è rimasta ricoverata per molti mesi. “Le abbiamo fatto anche molti bagni medicati per contrastare la scabbia”, continua la presidente di Save the Dogs, “oggi Alida sta bene, è una cagnolina eccezionale, equilibrata, dolcissima, affettuosa, è in attesa di partire per la Svezia dove una famiglia adottiva individuata dal nostro partner locale, Hundhjalpen, la sta aspettando. Siamo davvero emozionati. Purtroppo la pandemia ha rallentato tutto, i voli sono stati cancellati e il trasporto avverrà via gomma, una volta finito l’inverno. Probabilmente Alida, che oggi ha tre anni, arriverà nella sua nuova casa questo mese di marzo”.
2000 CANI E GATTI SOCCORSI OGNI ANNO
La storia di Alida è solo una delle tante. Ogni anno sono 2000 gli interventi a favore di cani e gatti che transitano dalla clinica veterinaria sociale di Save the Dogs, dei quali 1300 sterilizzazioni, 200 pronto soccorso salva-vita di randagi e 500 visite gratuite di animali di persone che altrimenti non avrebbero saputo a chi rivolgersi. Nella clinica lavorano a tempo pieno quasi 50 persone assunte da Save the Dogs.
8000 ANIMALI ADOTTATI IN EUROPA
Di più. Finora, grazie a Save the Dogs, sono 8.000 i randagi (cani e gatti) dati in adozione in Europa, 38.000 quelli sterilizzati in Romania e oltre 420 quelli sterilizzati in Italia. E, quindi, centinaia di migliaia quelli non nati, salvati da un destino di stenti, di prigionia o di morte certa.
TUTTO HA INIZIO NEL 2001
L’avventura di Sara inizia nel lontano 2001. “Il 14
maggio leggevo della strage di randagi a Bucarest”, racconta, “ad agosto partivo per portare degli aiuti, e dal quel momento non mi sono più fermata. A ottobre 2002 mi sono trasferita in Romania, dopo aver lasciato il mio lavoro. Ci sono rimasta quattro anni. Sentivo una spinta fortissima a fare qualcosa per quella tragedia, una spinta a cui non potevo resistere. Ci è voluto coraggio, ma ne sarebbe servito ancora di più a continuare la mia vita come prima, con il pensiero fisso di ciò che avevo visto”. Sara è stata davvero eroica dimettendosi da un prestigioso posto di lavoro a Milano – era manager alla Saatchi & Saatchi - per dedicarsi anima e corpo a questi poveri animali senza speranza.
GIOIE E SODDISFAZIONI IN UN LIBRO
Da questo momento in poi la sua vita si riempie di emozioni, gioie, dolori e tante soddisfazioni, al punto di scrivere un libro con Edizioni Sonda i cui diritti d’autore sono interamente devoluti a Save the Dogs. “Sono stata incoraggiata da molte persone a scriverlo”, precisa commossa, “ma anch’io sentivo il bisogno di condividere questi diciotto anni così pieni di esperienze: volevo che le persone scoprissero il cuore che batte dentro a Save the Dogs e i valori che la animano. Questo libro è una carta d’identità di un’associazione che per me è come un figlio, alla quale mi dedicherò finché sono qui su questa terra”. La prima storia del libro è dedicata a Porthos, il primo cane della famiglia Turetta, arrivato quando lei aveva 17 anni, che ha il merito di aver aperto il cuore di Sara, donna piemontese di 47 anni cresciuta a Milano, adottata
dalla Romania ma, in realtà, cittadina d’Europa, facendole scoprire il meraviglioso mondo del cane. È grazie a Porthos che Sara ha iniziato a impegnarsi in questa nobile causa. “Credo fermamente in una giustizia sociale che includa la giustizia per gli animali”, assicura lei, “in una società fondata sull’empatia e sulla tutela dei deboli, e in un noprofit trasparente e al servizio del bene”.
Dal 2018 Sara ha smesso di fare la pendolare tra l’Italia e la Romania e si sposta solo 4 o 5 volte all’anno. La sua base è Milano, ma segue regolarmente il progetto “Non Uno di Troppo”, un programma di contrasto al randagismo tra Napoli e Caserta. La pandemia, comunque, ha limitato molto, negli ultimi mesi, tutti i suoi spostamenti. Da un anno Sara vive con Amelie, una cagnolina che ha trovato, ancora cucciola, legata alla catena in un cortile di una poverissima famiglia Rom, in Romania. “È sempre con me ed è una vera portatrice di gioia”, assicura, “che mi riconnette costantemente con ciò a cui sto dedicando la mia vita. È adorabile”.
Sara, qual è stato il momento più difficile in cui hai pensato di non farcela?
Che sacrifici hai dovuto affrontare, specie all’inizio?
Dopo il quarto tradimento da parte di una persona, in Romania, in cui avevo avuto riposto la mia fiducia per la gestione del canile: lì ho pensato davvero di mollare tutto. Ho vissuto in appartamenti fatiscenti, senza riscaldamento e spesso senza acqua calda, o persino senza acqua del tutto… È stato terribile.
Errori che hai fatto di cui ti rammarichi?
Dare fiducia – in Italia e in Romania – a persone senza scrupoli, ma molto abili nel camuffarsi. Lasciar raccogliere fondi sul conto corrente di un’associazione italiana senza un accordo scritto e un conto separato. L’ho pagata carissima. Di più. Aprire troppi progetti, in Romania, nel 2010, lanciando il cuore oltre l’ostacolo e avendo fiducia nelle promesse delle amministrazioni comunali.
Un consiglio a chi sogna di aprire un centro di recupero o struttura di accoglienza per animali?
Di non farlo, a meno che non si abbia un business plan ben definito, un piano di raccolta fondi o un patrimonio consistente ereditato. Ho visto troppe persone rovinarsi la vita per mantenere strutture che sono letteralmente “esplose” tra le loro mani,
piene di animali e di debiti. Il mantenimento di un rifugio è estremamente costoso e servono ottimi manager e professionisti competenti che lo gestiscano: non basta amare gli animali. L’improvvisazione può fare grossi danni.
Il tuo più grande dolore?
Entrare nei canili pubblici e vedere gli occhi supplicanti di centinaia di cani condannati a morte, che non ho potuto salvare.
E la tua gioia più immensa?
Realizzare “Footprints of Joy” (Impronte di gioia), il meraviglioso centro per animali abbandonati che comprende anche una grande e moderna clinica veterinaria, in Romania, sede principale di Save the Dogs.
Se tornassi indietro rifaresti tutto?
Sì, ma non ripeterei alcuni errori di valutazione con le persone e studierei molto di più prima di buttarmi a capofitto nell’operatività. Se non avessi imparato dai miei sbagli, sarei una sciocca.
In questo tuo ricco percorso di crescita, quali sono le realtà che più di tutti ti hanno aiutata?
L’associazione svedese Hundhjalpen che ci ha permesso di sistemare in famiglia ben 4.000 cani, ma anche il partner finlandese, quello tedesco e i rifugi italiani che per alcuni anni ci hanno aiutato. Come anche Dogs Trust, la grande organizzazione inglese che con la sua conferenza internazionale mi ha insegnato moltissimo, aprendo i miei orizzonti
sul randagismo e spiegandomi l’importanza della raccolta fondi professionale.
Ti sono mai arrivati aiuti pubblici?
Abbiamo ottenuto un finanziamento del Ministero degli Esteri grazie all’allora Ministro Frattini, prima che la Romania entrasse in Europa, nel 2004. Poi c’è il 5x1000, un contributo “ibrido” che eroga lo Stato, ma sono i cittadini italiani a donarlo, scegliendoci tra 30mila enti del terzo settore.
Come vi finanziate?
Con le donazioni di privati cittadini, le adozioni a distanza, qualche contributo di aziende sensibili e inviando richieste a fondazioni straniere per realizzare progetti specifici. In Italia il settore dei diritti animali è ancora “fanalino di coda” snobbato, purtroppo, dalla maggior parte del mondo corporate e dalla filantropia. C’è molta strada da
fare e molti pregiudizi da abbattere.
In quanti siete a lavorare per Save the Dogs?
Nella sede di Milano, che si occupa della raccolta fondi e della comunicazione, siamo otto donne, quattro delle quali part time, per agevolare la gestione della famiglia. In Romania ci sono circa 45 operatori, quasi tutti romeni tranne 4-5 stranieri, mentre a Pozzuoli abbiamo un partner locale che si avvale di tre collaboratori.
Quali sono le vostre strutture oggi, in Italia e all’estero?
In Romania il nostro quartier generale è Footprints of Joy (www.footprintsofjoy.eu/), mentre in Italia, oltre alla sede di Milano, siamo attivi all’interno del canile di Licola Mare (Napoli) dove sterilizziamo gratuitamente randagi e cani di proprietà insieme a un partner locale, l’associazione animalista Oreste Zevola.
Il salvataggio che più ti inorgoglisce?
Difficile trovarne uno, sono tantissimi. Nel mio libro, “I cani, la mia vita”, ne racconto diversi. Minny, la cucciola cieca gettata sulle rotaie nelle campagne romene, che ora vive tra Bologna e Modena, è uno dei salvataggi più commoventi.
Progetti futuri?
Sto lavorando a un secondo progetto di sterilizzazioni gratuite in una regione del Sud Italia, ma non posso ancora anticipare nulla. Stiamo selezionando i partner locali. Sarà una cosa grandiosa.