SPECIALE DISPLASIA
Un cane su quattro ne soffre, come prevenirla
Un cane su quattro ne soffre: ecco come riconoscerla, quali sono le cause e come arginarla, a partire da una dieta ad hoc
La displasia dell’anca (nota anche come Chd, acronimo dei termini inglesi Canine hip dysplasia) è una delle patologie ortopediche più diffuse tra la popolazione canina. Fu descritta per la prima volta nel XX secolo, per l’esattezza nel 1935, da Schenelle che la definì come “una turba dello sviluppo che causa un’insufficiente stabilità dell’articolazione”. Colpisce molte razze canine e può avere evoluzione artrosica spesso di grave entità. La displasia è stata la prima patologia scheletrica ereditaria studiata nel cane e può essere individuata nel corso della crescita del cucciolo.
CHE COS’È LA DISPLASIA?
La displasia dell’anca (dal greco Dys = anormale e Plassein = formare) è una patologia ortopedica non traumatica molto frequente del periodo dell’accrescimento. L’anca è un’articolazione molto delicata formata dalla testa del femore e dall’acetabolo:
la testa del femore di forma sferica viene accolta nell’acetabolo del bacino. Quando si sviluppa la displasia si ha una malformazione a carico dell’articolazione coxo-femorale che si forma tra la testa del femore e l’osso del bacino, dove esso si inserisce. È una malattia che può provocare dolore e instabilità articolare per cui il soggetto può presentare difficoltà di deambulazione e, in base alla sua gravità, subire la compromissione della qualità della vita e, di conseguenza, anche delle sue prestazioni fisiche. L’articolazione coxo-femorale, infatti, sorregge tutto il tronco posteriore ed è per questo motivo che è necessario riconoscerla per tempo e intervenire tempestivamente.
QUALI RAZZE SONO PIÙ PREDISPOSTE?
L’incidenza della displasia è sicuramente maggiore nelle razze di taglia grande e gigante, in quelle molto pesanti, ma anche in cani di taglia media con una crescita piuttosto rapida. Difficilmente i cani di piccola taglia possono esserne colpiti, tuttavia questi rari casi sono più difficili da diagnosticare perché mostrano pochi segni clinici. La Fsa ha stilato un elenco ufficiale di razze per cui è altamente consigliato il monitoraggio della struttura dell’anca. L’età indicata per la valutazione è di 14-16 settimane per tutte le razze e di 16-18 settimane per quelle giganti (Terranova, Alano, S. Bernardo, ecc.). Essendo una patologia ereditaria, non congenita, i cani displasici hanno una elevatissima probabilità di trasmetterla alla prole per questo, per ridurre la sua incidenza, i club di razza hanno imposto limiti per l’accoppiamento: possono essere riprodotti solo cani con un grado di displasia idoneo.
QUALI SONO LE CAUSE DELLA MALATTIA?
La displasia è una patologia multifattoriale, non dipende, cioè, da un singolo fattore, ma da più motivi spesso combinati insieme. Fattori genetici, ambientali e nutrizionali entrano in gioco nel suo sviluppo e, in particolare, nel determinarne la gravità. I cani non nascono displasici e, quindi, non si tratta di una patologia congenita, come detto precedentemente, ma ereditaria. Infatti, può essere trasmessa da un genitore alla prole anche se quest’ultimo non presenta displasia. Il genitore risulta essere comunque portatore sano dei geni della malattia perché questo tipo di patologia non viene espressa in tutti i soggetti geneticamente colpiti, ma solo in una parte di essi. A contribuire all’espressione della malattia, e soprattutto alla sua gravità, contribuiscono anche fattori di tipo ambientale come, ad esempio, l’alimentazione, il tipo e la quantità di esercizio fisico, traumi subiti dal soggetto e malattie concomitanti.
QUALE ALIMENTAZIONE PER UN CANE CON DISPLASIA?
La prima cosa da tenere in considerazione è che in un cane con questo tipo di problema si deve porre maggiore attenzione al controllo del peso, in quanto il sovrappeso grava esageratamente sullo sviluppo delle giunzioni. Diverse ricerche sono state fatte per trovare una correlazione tra displasia e alimentazione e gli studiosi concordano nell’affermare che
una dieta non corretta e non equilibrata può avere gravi ripercussioni in un cane predisposto a questa patologia. Diete ipercaloriche e iperproteiche provocano, in genere, nei cuccioli di taglia grande e gigante un rapido incremento del peso corporeo rispetto a quanto previsto nello standard di razza. Nel contempo determinano un’accelerazione della crescita ossea non controbilanciata da uno sviluppo proporzionale dei necessari supporti muscolari e legamentosi. È, quindi, importante somministrare alimenti con materie prime di elevata qualità, senza additivi chimici, con bassa percentuale di grassi e commisurati all’età e al tipo di vita che conduce il cane. L’ipernutrizione comporta, infatti, gravi danni alle articolazioni in crescita in quanto gli squilibri di natura metabolica possono essere una causa della non corretta trasformazione della cartilagine in osso.
QUALI ACCORGIMENTI BISOGNA AVERE
CON UN CANE DISPLASICO?
Una diagnosi precoce della patologia aiuta a intervenire tempestivamente. Ribadiamo, è consigliabile sottoporre il cucciolo, soprattutto se appartenente a una delle razze predisposte, a una visita ortopedica specialistica a partire dalle 14-16 settimane per tutte le razze e 16-18 settimane per quelle giganti. L’attività fisica deve essere commisurata all’età del cucciolo evitando regimi di allenamento o impegni agonistici e/o di lavoro troppo intensi, in modo da ridurre l’uso eccessivo e incontrollato delle fragili articolazioni in crescita. Per un cucciolo displasico è consigliabile fare esercizi lenti e costanti evitando corse frenetiche e salti. L’ideale sarebbe far svolgere attività fisica in acqua per stimolare al meglio lo sviluppo muscolare senza gravare troppo sulle articolazioni, oppure lunghe passeggiate al guinzaglio.
È UTILE SOMMINISTRARE INTEGRATORI?
Prevenire l’artrosi è la chiave di un approccio di successo ai soggetti displasici o per quelli che hanno una predisposizione alla malattia. Ecco perché si consiglia l’utilizzo di condroprotettori. Si tratta di sostanze naturali in grado di migliorare la qualità del tessuto cartilagineo, promuovendone la rigenerazione, alleviare il dolore e ridurre l’infiammazione. I più utilizzati ed efficaci sono il solfato di condroitina e la glucosamina che possono essere utilizzati per lungo tempo senza effetti collaterali. Alcuni alimenti di elevata qualità contengono già condroprotettori nella loro formulazione.