QUANDO LA REALTÀ supera la fantasia
Da sempre Madre Natura gioca con forme e colori, ed eccolo qui: un incredibile cane bianco a pois neri. Che può essere anche color fegato. Perché i Dalmata sono molto più di quello che abbiamo sempre creduto: distinti da tutti gli altri, perfino diversi tra di loro
Dei meravigliosi cani bianchi a pois neri. Come al solito, la fervida immaginazione di Madre Natura aveva superato qualsiasi aspettativa e loro non avrebbero potuto fare di meglio. Anzi, sceneggiatori e illustratori li fecero entrare negli Studios per osservarli da vicino, con l’intento di non tradire tanta fantasiosa perfezione, desiderando piuttosto assecondare quello che era l’aspetto più incredibile di creature così belle: esistevano davvero. Perché, dunque, non approfittarne per raccontare, finalmente, un’avventura più realistica? E fu così che, con disappunto di Walt Disney, che non ne colse da subito tutto il valore, “La carica dei 101” fu il primo dei cosiddetti “grandi classici” a brillare per modernità e realismo, tra ambientazione – per la prima volta, la vicenda si svolse in una città riconoscibile e contemporanea: la Londra dei tempi – nuove tecniche grafiche e personaggi, a cominciare dalla cattiva della storia Crudelia De Mon, in un inedito antagonismo senza più traccia di poteri magici. Il 25 gennaio 2021 “La carica dei 101” ha compiuto 60 anni e oggi rappresenta un fondamentale capitolo, più o meno felice, della storia del Dalmata, cane tanto antico quanto moderno, se non sempre uguale a sé stesso, davvero molto simile a quello che era all’alba dei tempi. I primi cani macchiati, per la cronaca, potrebbero risalire all’epoca degli antichi faraoni, o forse prima (già 13.000 anni a.C.), molto somiglianti a quelli poi dipinti e descritti in pitture e cronache tra il 16° e il 18° secolo, e la razza avrebbe avuto origine nella regione del Mediterraneo orientale, nelle vicinanze della costa della Dalmazia, da cui avrebbe preso il nome. Ma è indiscutibilmente dell’Inghilterra il merito di averla apprezzata per prima, tanto per il gradevole aspetto estetico quanto per l’impagabile versatilità. Tra le sue doti, una su tutte era gradita ai britannici, popolo dall’irraggiungibile sensibilità equestre: il Dalmata dimostrava un innato feeling nei confronti dei cavalli e per questo fu addestrato a seguire le carrozze, con il duplice scopo di cane da guardia (di pura segnalazione) contro i malfattori e di elegante status symbol della nobiltà. Fu circense, guardiano dei castelli, guida per non vedenti e in guerra si trasformò perfino in portatore di fucili.
Quindi un libro, il cartone animato, un film con tanto di sequel. Gli hanno riconosciuto addirittura il valore di mascotte e, dopo decenni di onorato servizio in azione al fianco dei cavalli, oggi non può mancare nelle moderne caserme statunitensi dei pompieri, pur con il solo ruolo di fantastico animale da compagnia. Insomma, ha trottato a fianco all’uomo per millenni senza mai tirarsi indietro, con uno spiccato spirito d’avventura. Eppure lui è quello di sempre: uno scanzonato eroe moderno, che al giorno d’oggi, nell’era di un’incalzante iperspecializzazione (anche cinofila) tenta di far valere la sua più grande virtù (dopo l’autoironia): saper fare di tutto. Un po’.