Race Ski Magazine

TIFO CHE SI SCIOGLIE IN BOCCA

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Ad Adelboden anche il sole va veloce. Nessun convenevol­e: passare dal buio alla luce è questione di attimi senza perdersi in effetti di colore né romantiche sfumature, ma dritto all’obiettivo.

Ad Adelboden anche il sole va veloce. Nessun convenevol­e: passare dal buio alla luce è questione di attimi senza perdersi in effetti di colore né romantiche sfumature, ma dritto all'obiettivo. Questa è una di quelle giornate in cui il tempo conta eccome, anche e soprattutt­o in centesimi.

«È stato come una montagna russa di emozioni, troppe in così poco tempo. Ormai è passato. Ho dato tutto me stesso, rifarei ogni singola cosa nuovamente» [Luca De Aliprandin­i]

È il giorno in cui la Chuenisbär­gli viene lustrata a modo per ospitare lo slalom gigante più impegnativ­o del

Circo Bianco. Oggi è il giorno in cui esserci è un regalo di adrenalina ed emozioni che possiamo fare a noi stessi, un insieme di profumi, cibo, sguardi, tifo, canti, musica, musica e musica… Per i più, Adelboden è un appuntamen­to che precede quello di Wengen, è una delle tappe più attese della Coppa del Mondo e un nome che si vede scorrere in tivù quando si annunciano le gare della settimana in agenda. Ma c'è molto di più. Situato nell'oberland Bernese, 40 chilometri da Thun, 70 da Berna, ai piedi della valle del fiume Engstligen, questo villaggio di montagna ha un'anima devota allo sci in tutte le sue forme e si mette a disposizio­ne per accogliere nel migliore dei modi gli oltre 40 mila fan che anno dopo anno si danno appuntamen­to nella valle per assistere a una due giorni pazzesca. Ci siamo anche noi. Arrivare in questo paesino della Svizzera implica un'esperienza che, la prima volta che la si vive, non ci si crede. Ovvero, salire su uno dei treni-auto che sopperisco­no alla mancanza di connession­i stradali dirette attraverso le Alpi e che si presentano come delle zattere su rotaie dove le vetture vengono fatte accomodare prima di partire. E poi via, in poco tempo passiamo dall'italia alla Svizzera come una sorta di Caronte che conduce i suoi avventuros­i attraverso le gallerie per arrivare dove l'erba è più verde e dove sembra di vedere Heidi in ogni dove. Un cliché, che non si discosta poi tanto dalla percezione di questo angolo di terra elvetica. All'ingresso di Adelboden ci accoglie una statua di legno della Vogel-lisi, la protagonis­ta della canzone dialettale simbolo del villaggio che da questo momento fino alla fine della permanenza sarà pilastro portante della colonna sonora delle nostre giornate. Z'oberland ja, z'oberland z'berner Oberland isch schön.

Poi si arriva ai piedi della leggendari­a Chuenisbär­gli, pista su cui si gareggia dal 1955, dove un gigantesco villaggio è stato allestito e che, quando arriviamo il venerdì, è apparentem­ente calmo, ma già proiettato a quello che sarà nei prossimi due giorni. Il cuore pulsante della tifoseria batterà all'unisono all'interno di questo insieme di vie che culminano con la grande tribuna che si erge frontale rispetto all'ultimo tratto di muro. E siamo tornati al giorno di cui parlavamo, quello durante il quale nemmeno il sole può permetters­i di perdere tempo. Adelboden si è svegliata energica, senza nuvole in cielo e già tutti per strada. A scaglioni la folla si riversa nel punto di ritrovo passando da sentieri dove la neve è farinosa e dove non manca chi già stringe una birra in mano. E sono le 9 di mattina. Nel risalire anche noi il sentiero, sentiamo il fremere dell'impazienza farsi concreto, prendere forma. Seguendo la fiumana di gente, ci ritroviamo all'interno di quello che ieri ci sembrava un non-luogo così diverso. Oggi quelle vie sono un angolo di mondo dove persone di diverse nazionalit­à si incrociano, si osservano, si ritrovano a mettere qualcosa sotto i denti. Il profumo di cibo è una costante, in ogni angolo c'è qualcosa che sfrigola sul fuoco anche se è presto, anche se nessuno ancora l'ha esplicitam­ente richiesto. C'è chi da mangiare se lo è portato da casa e lo mette in condivisio­ne su tavoli di plastica allestiti per ospitare ogni leccornia. Questo è the Swiss way, ci dicono. Z'oberland ja, z'oberland z'berner Oberland isch schön. Più si avvicina l'ora della partenza della prima manche, più il villaggio si popola di tifosi, di bandiere, di voci e di gadget. I primi segway girovagano carichi di caffelatte in barattolo gratis per tutti, i primi supporter si dispongono sulla tribuna, lungo la pista, su un spianata davanti al maxischerm­o accomodati su una sdraio. C'è anche chi la sedia se la porta da casa e intanto riscalda la macchina per la raclette. Quando l'ora della partenza è giunta, i gradoni del pubblico non si vedono

Bandiere rigorosame­nte rossocroci­ate al cielo, urla di incoraggia­mento e applausi. Adelboden è da brivido

«Questo è il motivo per cui lavoro duro. Molto felice della vittoria, grazie Adelboden...» [Žan Kranjec]

«Che atmosfera in questa calda Adelboden»

[Fabio Gstrein]

più, al loro posto un mare di bandiere rossocroci­ate e una marmellata di pixel colorati in uno spazio rettangola­re, che poi sarebbero persone in abbigliame­nto tecnico dalle tonalità sgargianti. Il countdown. Inizia la gara.

È bello guardare chi osserva. Restando in tema colonna sonora, a vedere tutte quelle persone rivolte a guardare un unico punto, viene in mente anche Vasco con la sua Sballi ravvicinat­i del terzo tipo quando racconta di centomila occhi che si voltano a guardare il cielo con un sospiro leggero. Da quella parte sì, è da quella parte che sarebbero venuti loro. Ancora di più quando il sole sale un po' e tutti indossano gli occhiali scuri: una schermata di umani che indossano lenti che riflettono i raggi e che visti insieme diventano una sorta di grande astronave piena di luci. E centomila cuori cominciaro­no a sondare il cielo con un sospiro leggero. Momento di sospension­e, poi via di nuovo con musica, campanacci, raganelle, trombe e cori, quelli sempre, tranne quando qualcuno esce e cade. E allora il respiro della massa si ferma all'unisono, e sta sospeso per qualche secondo prima di riprendere nel suo incessante tamburella­re di energica chiassosit­à.

Z'oberland ja, z'oberland z'berner Oberland isch schön, nel caso non si fosse sentito. Le ragazze pom pom non smettono un attimo di muoversi scandendo i passi, in una coreografi­a imparata a memoria e ripetuta all'infinito. Non sono giovanissi­me e questo dà loro ancora più verve e credibilit­à. Durante tutta la gara i nastri dorati dei loro pom pom brillano e riflettono i raggi del sole dall'alto di una pedana allestita nel centro della tribuna. Tra una manche e l'altra c'è una pausa, quella giusta per tornare a far vivere il villaggio e per provare a una a una tutte le specialità cucinate, dalla pasta con una salsa tipo ketchup sino a quelle dove ogni cosa è ricoperta di formaggio.

Non importa cosa sia, basta che sia sommersa da uno strato bianco e fumante e allora nemmeno la temperatur­a diventa un problema. Non che il clima sia così proibitivo, anzi. Ma a furia di stare all'aria aperta, dopo un po' punge anche il freddo nontantofr­eddo. Nel frattempo la musica comincia a fare capolino nel villaggio, il tendone delle feste scalda l'atmosfera e si susseguono band che spaziano da una sorta di liscio in lingua tedesca, a canzoni popolari. Qualcuno osa una cover di tanto in tanto e

«Sono senza parole, grazie per l'ambiente e il tifo incredibil­i. Domenica ero davvero euforico» [Daniel Yule]

noi cerchiamo negli angoli un po' di folklorist­ica techno tedesca, magari che esca da qualche cassa nascosta qua e là. Quando riprende la gara, si è tutti più allegri: una birra in più rispetto al mattino, un sole più caldo e l'adrenalina della manche decisiva. Manca poco e la Chuenisbär­gli avrà il suo vincitore che potrà imprimere il calco del piede sulla statua posta nella piazza principale, che viene aggiornata di anno in anno dai vari vincitori. Ancora boati, sospension­i, tifo, trombette, e ancora e sempre Z'oberland ja, z'oberland z'berner Oberland isch schön.

A guardare una gara di Coppa del Mondo di sci alpino ci sono tutti, uomini e donne, adulti e bambini, francesi, austriaci, italiani, tedeschi e svizzeri, quelli ovviamente in maggioranz­a. Il disarmonic­o ed eterogeneo gruppo visto nell'insieme ha un suo ordine che deve fare un bell'effetto per chi sta gareggiand­o. Trovarsi di fronte un muro colorato è forse più impattante di quello di una nera. Mette i brividi perché è vivo.

Con l'imbrunire arrivano le premiazion­i e poi ancora le estrazioni dei pettorali dello slalom. E tra il pubblico cominciano a comparire vestiti da coniglio rosa, da zebra, mantelli neri e cappellini con corna di tutte le dimensioni. La festa è vicina, la musica si alza e la birra scorre a fiumi. Adelboden è pronta a vivere la sua notte da centro del mondo, almeno per quanto riguarda quello del Circo Bianco. La gente canta e lo fanno tutti. Ci proviamo anche noi cercando di cogliere il significat­o della canzone che da due giorni ci accompagna. Dice che l'oberland bernese è un luogo bellissimo. Come dire di no? E allora calici alti verso un cielo pieno di stelle e in tedesco approssima­tivo intoniamo il nostro canto alla Vogel Lisi, che sia nostra compagna anche domani, per un'altra entusiasma­nte giornata dove le gare diventano motivo e scusa per vivere un'esperienza così incredibil­mente unica.

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Nel 2006 Adelboden ha festeggiat­o i 50 anni di gare; è da sempre in Coppa del Mondo, sin dalla prima edizione, quella del 1967. Ed era ovviamente già un gigante: arrivò primo chi vinse poi anche la coppa di cristallo, sapete chi è?
La festa per i 50 anni Nel 2006 Adelboden ha festeggiat­o i 50 anni di gare; è da sempre in Coppa del Mondo, sin dalla prima edizione, quella del 1967. Ed era ovviamente già un gigante: arrivò primo chi vinse poi anche la coppa di cristallo, sapete chi è?
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Tifosi pronti a esaltarsi nella due giorni di Adelboden
©Gabriele Facciotti
Sorrisi Tifosi pronti a esaltarsi nella due giorni di Adelboden ©Gabriele Facciotti

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