QUEI BRAVI RAGAZZI
Una giornata in pista al fianco dei giovani della squadra nazionale C italiana.
«Un giorno ti alzerai e non ci sarà più tempo per poter fare le cose che hai sempre voluto fare. Perciò falle adesso»
[Giovanni Franzoni]
Ai miei tempi era diverso! È il grido di battaglia che scandisce il passaggio delle generazioni, un monito accusatorio nei confronti dei giovani che ci succedono. Fa parte della natura credere che la nostra generazione sia migliore delle altre, ma questo non ci aiuterà di certo a crescere gli sciatori del futuro. Ora è arrivata la Generazione Z, anche nelle nazionali di sci alpino: si dice che abbiano un attention span di 8 secondi, che siano più pratici, realisti e più competitivi rispetto alla generazione precedente. Non abbiamo più a che fare con atleti che ascoltavano musica rock o pop, adesso è arrivata la trap e le diverse evoluzioni della rap music. Abbiamo di fronte a noi ragazzi che hanno usi e costumi totalmente differenti rispetto al passato e dunque è più che normale che si debba comunicare in modo diverso con i nuovi giovani. Ma c'è un elemento comune che non deve mai essere dimenticato quando si ha a che fare con loro e che sarà imprescindibile negli anni a venire: la pazienza.
A 18 anni si conosce ben poco della vita, figuriamoci dello sci. È il periodo della sperimentazione, dei primi infortuni, delle prime difficoltà a scuola, delle prime delusioni sportive e dei primi innamoramenti. È il periodo dove si inizia veramente a crescere come persone e come atleti.
Eppure il processo di maturazione che si affronta nel nostro sport è ben diverso rispetto ad altri ambiti. Nello sci non esiste la categoria Under 23, non si può lavorare a lungo termine fino all'età delle massime capacità fisiche e mentali: sei portato a imparare velocemente, con poco margine d'errore, quando hai solamente 18 anni. Se nella maggior parte degli sport la prima vera e drastica selezione avviene verso i 23 anni, nello sci alpino avviene con almeno tre stagioni di anticipo. E dunque è in quell'età che gli sciatori italiani vogliono concentrare le loro forze: o si entra in Nazionale o finisce il proprio cammino agonistico. È così che viene interpretata la categoria Giovani
nella maggior parte dei casi. La squadra C è il primo piccolo sogno di ogni sciatore, è il primo step da raggiungere se si vuole andare avanti nel cammino che porta verso la Coppa del Mondo. È la rampa di lancio per i campioni del futuro, anche se può rivelarsi qualcosa di troppo grande per alcuni ragazzi: portare la giacca azzurra a 18 anni è bello, bellissimo, ma può pesare troppo. È quasi normale che si senta il dovere di dimostrare qualcosa in più e che si voglia convincere chiunque delle proprie capacità, soprattutto quando si è ancora adolescenti. E tutto questo è controproducente e anti performante: l'azione sugli sci diventa più contratta e la voglia di rischiare si trasforma in paura di sbagliare. Serve più di una gara per metabolizzare il passaggio dal Comitato alla C.
È anche una delle cose più stimolanti e adrenaliniche che si possano sperimentare. Può capitare che i tuoi idoli, quelli che prima guardavi in televisione e che analizzavi per ore e ore su Youtube, diventino i tuoi compagni di allenamento per qualche giorno. E allora guardi con attenzione come calzano gli scarponi, come si riscaldano, ascolti le parole dell'allenatore, che battute scambiano con i propri compagni di team, analizzi ogni gesto e ogni sguardo perché sai che loro hanno compiuto il tuo stesso cammino e vuoi capire e sentire come hanno fatto ad arrivare fino a lì. Ci vuole pazienza anche per questo, perché serve tempo per rubare il mestiere e per diventare scaltri. Un giovane atleta deve capire cosa sia necessario e cosa invece superfluo e inutile.
La nazionale giovanile di sci alpino è molto differente rispetto a quelle di tutti gli altri sport, dove l'essere in Nazionale viene semplicemente dettato da una selezione per alcuni eventi e gare. La squadra deve essere il tuo club, il tuo appoggio per allenamenti, gare, trasferte, preparazione atletica. La tua famiglia a partire dai primi raduni estivi sui ghiacciai fino all'ultima gara della stagione agonistica.
Magari sei costretto a condividere la stanza da letto con un ragazzo che ha le tue stesse ambizioni, la stessa voglia di emergere e lo stesso spot disponibile per andare avanti in Coppa Europa e magari in Coppa del Mondo. È la tua famiglia, ma è anche il primo luogo di scontro con i tuoi avversari. Si vive in competizione per una stagione intera, ogni prova cronometrata, ogni ripetuta di corsa, ogni squat in palestra.
Dare un ultimatum a un giovane di 18 anni significa negargli il tempo per apprendere e per sbagliare. A volte basta anche una sola stagione storta per veder sfumare il proprio sogno. Una telefonata a fine stagione può dissolvere tutti i tuoi sogni di gloria: «Purtroppo non sei confermato». È un momento che ti segna, in positivo e in negativo: è uno schiaffo che ti sveglia, è la prima grande delusione della tua vita. Un giorno sei una giovane promessa dello sci, il giorno dopo sei un buon atleta che però non trova più spazio per andare avanti. Questo è lo sci alpino, specialmente in Italia: si compete per pochi, pochissimi posti, in un lasso di tempo relativamente breve. Anzi, in pochi, pochissimi minuti. Nel tempo si sono persi troppi atleti dalle grandi capacità per la troppa frenesia, per la voglia di cambiarli subito con altri pari età dopo una sola stagione deludente. Ma forse stiamo imparando che ci vuole tempo, forse i ragazzi della Generazione Z hanno la possibilità di sbagliare. Forse dobbiamo solamente smettere di pensare che le nostre generazioni siano state migliori e provare a credere un po' di più negli sciatori del futuro.