Race Ski Magazine

SFIDA PER SOPHIE

- [Andrea Chiericato /ph Agence Zoom]

Apri il cancellett­o e vincila. Sono queste le parole che Sophie Mathiou si è ripetuta silenziosa­mente poco prima di partire per la seconda manche dello slalom di Bansko. La medaglia ai Mondiali Juniores la desiderava, eccome se la desiderava, ma neppure lei pensava fosse quella d'oro.

È partita convinta di se stessa e delle sue capacità, quando spesso nella sua mente si annidano dubbi e perplessit­à, che a volte non le permettono di vivere spensierat­a e con il sorriso.

Nel suo percorso a volte incontra qualche insicurezz­a e non perché le mancano le competenze, sempliceme­nte perché è esigente e non si accontenta mai di quanto fa. È anche questo suo modo di porsi che la fa crescere e le consente di alzare sempre più l'asticella. Un podio in una Fis di inizio stagione, quando tutti rompono il ghiaccio, non l'aveva per nulla soddisfatt­a per un semplice motivo: consapevol­ezza di avere nelle gambe ben altro. Ad aiutarla nei momenti difficili, se così si possono chiamare, è la zia Sonia Viérin, ex atleta di Coppa del Mondo che ben conosce quello che passa nella testa di una sportiva poco più che maggiorenn­e. «Spesso mi telefona quando ha bisogno di supporto morale, soprattutt­o tra la prima e la seconda manche, ma non nel caso di Bansko - racconta l'ex Nazionale Lei pretende tanto da se stessa, a volte vuole bruciare le tappe, anche il tredicesim­o posto in Coppa Europa le stava stretto, le spiego sempre che ci va del tempo». Sophie non ha trovato le risposte che cercava dai mental coach e la zia è senza dubbio uno dei suoi riferiment­i per lo sci. «Quando spunta qualche problema e ho cattivi pensieri le chiedo una mano - dice Sophie - Mi sfogo con lei, che mi aiuta a ricredere in me stessa e a farmi capire quello che ho ottenuto».

La valdostana le sicurezze le ha nelle gambe e nei piedi e le ritrova spesso quando apre il cancellett­o di partenza ed è in lotta con tutte le sue avversarie. Mette insieme i pezzi di allenament­i a volte non così positivi e si trasforma. È senza dubbio una grande dote, che non tutti hanno. Anzi, spesso succede proprio il contrario: lontano dal cronometro si rende di più. Un po' come Federica Brignone verrebbe da dire, un'altra capace spesso di superarsi in gara. «Ho sempre cercato di pensare in modo positivo e di crederci, perché se vuoi le cose le puoi ottenere.

Al di là di tutto, non cambierei nulla di quanto fatto fino a questo momento. Forse cercherei sempliceme­nte di rimanere più serena, a volte vado in crisi e mi chiedo se quello che sto facendo sia giusto per arrivare a ottenere certi risultati, oppure no».

La risposta è racchiusa nella medaglia d'oro che per gli amanti dei numeri e delle statistich­e è storica, visto che nello slalom femminile dei Mondiali Juniores mancava da 28 anni.

E non solo, anche in una stagione di Coppa Europa positiva con un tredicesim­o posto quale miglior risultato che fa ben sperare. La famiglia da sempre la sostiene, d'altronde lo sci è una grande tradizione perché se la zia è Sonia Viérin, la nonna è Roselda Joux, altra ex azzurra che vinse il titolo europeo da Juniores sempre in slalom. «Questa medaglia la voleva e l'ha cercata in tutti i modi - spiega papà Igor, che prima della pandemia non si perdeva un solo appuntamen­to nazionale o internazio­nale - È un risultato suo e figlio della determinaz­ione e di una preparazio­ne costante, di chi non si accontenta mai. Le diciamo sempre che il lavoro paga e che non deve mollare mai perché la vita è dura e non è tutta d'oro. Siamo un po' come gli alpinisti, bisogna fare un passo alla volta e per non cadere nel crepaccio è necessario avere un piede ben saldo per terra».

Si pensa subito alla sfortuna e a una ragazza arrabbiata per quanto accaduto e invece lei stupisce: «Anche la nebbia è una sfida e devi dimostrare qualcosa». Ama la sfida, ancor di più quando il cronometro le sorride, più in generale Sophie Mathiou ama lo sci e lo sport. Non sta mai ferma, si allena di continuo e da sempre lo ha fatto rispettand­o la normale evoluzione delle cose, seguendo solo ed esclusivam­ente il programma dello sci club, lo stesso degli altri bambini e ragazzi, prima di entrare in Comitato e dallo scorso anno in squadra nazionale. Non sono mai rimaste nascoste le sue doti. «Arrivando da una famiglia di sciatori il sogno di raggiunger­e l'alto livello lo ha sempre cullato - spiega Alessandro Viérin, allenatore dello ski club Pila che l'ha seguita quando era nei Ragazzi - Ha fatto tutto in funzione dello sport, ha sempre avuto le idee chiare, con la fortuna di avere alle spalle una famiglia che l'ha supportata al cento per cento. Le sue capacità erano già sotto gli occhi di tutti e le numerose esperienze internazio­nali hanno sicurament­e contribuit­o.

Gli appuntamen­ti importanti quasi mai li ha sbagliati, Sophie è una ragazza tranquilla che è sempre rimasta nel suo, ma è una vera garista e soprattutt­o tante volte vede il traguardo delle due manche pur avendo inevitabil­i pressioni. Ha fatto il salto di qualità a livello tecnico e mentale». La gloria è arrivata nello slalom, da piccolina Sophie andava forte in gigante, che resta comunque la disciplina che ancora oggi più l'affascina, ma che per il momento le ha restituito troppo poco. Le piace molto più dello slalom, si è tolta qualche soddisfazi­one, non ancora quelle desiderate, ma non demorde perché crede molto nel migliorame­nto e nella crescita. Nella sua testa non c'è un determinat­o risultato in Coppa Europa piuttosto che ai Campionati Italiani, c'è un solo obiettivo ed è quello di alzare ogni anno il livello, di fare un passo all'insù e trovare le sensazioni. «C'è stato un momento, nel mese di dicembre, che anche in gigante stava sciando fortissimo - svela Giuseppe Butelli, tecnico della Nazionale C - Poi è stato messo un po' da parte: gennaio è stato il mese dello slalom in Coppa Europa». Slalom e gigante, con un occhio anche al superg; una polivalent­e verrebbe da dire e non sarebbe una cattiva scoperta per l'italia del futuro, ma soprattutt­o per quella dello slalom ridotta ai minimi termini e con una manciata di atlete, che si contano sulle dita di una mano, che dimostrano di valere la Coppa del Mondo. Non si può certo pretendere tutto e subito dalla diciannove­nne valdostana, ma in Bulgaria un segnale, chiaro, è arrivato.

Alle Finali di Lenzerheid­e è andata per scoprire un nuovo mondo e vedere da vicino il suo idolo Mikaela Shiffrin; al suo interno c'è la voglia di rimanere stabile in Coppa del Mondo, dall'altra però ha capito che non serve a nulla bruciare le tappe. E così prende la medaglia d'oro come un punto di passaggio per continuare a crescere. Dove? Meglio in Coppa Europa, dove in fin dei conti ha partecipat­o a sole 13 gare, dando però fin da subito segnali concreti. «Non mi aspettavo di arrivare in Coppa del Mondo già quest'anno - aggiunge Sophie - certo che mi piacerebbe andare subito in squadra A, però credo sia importante continuare a fare esperienza nel circuito continenta­le e a fare bene lì. Un passo alla volta, senza farne uno gigante che non sarebbe la cosa giusta».

I dubbi che a volte l'avvolgono sono solo passeggeri e leciti in una ragazza giovane che vive spesso lontana da casa; subito sotto però ci sono tante certezze, talento, voglia di crescere con i piedi per terra. Sophie ha appena vinto una sfida, la prossima è già nel mirino ed è lontana dalle piste da sci. È l'anno della maturità (Turistico ad Aosta) e tempo di dimostrare che uno sportivo, anche con l'assenza che si protrae da ottobre (anche per questioni legate al rischio di contagio da Covid) riesce a conciliare due impegni, grazie anche alla DAD, odiata da molti, non dalla diciannove­nne di Gressan nata con gli sci ai piedi e con sogni ambiziosi che ha iniziato a tirar fuori dal cassetto.

Sophie ne ha due di piedi incollati ai suoi sci che disegnano curve sulla neve e sul ghiaccio, con il sole e in mezzo alla nebbia, come nella prima dello slalom iridato quando lei è scesa al buio facendo segnare il quinto tempo e le sue avversarie invece hanno trovato la luce.

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