Race Ski Magazine

BENVENUTI ALL’EUROTEST

- NICCOLO CHIARUGI/ph Fisi/pentaphoto]

Sulla carta non è una vera gara, per molti invece lo è perché è il lasciapass­are per acquisire il titolo di maestro di sci. In molti dopo il corso si trovano davanti all’ultima grande sfida

Da sempre gli infortuni costituisc­ono una nota dolente nel mondo dello sci alpino: nonostante i molti interventi adottati dalla Fis negli ultimi anni al fine di ridurne il numero, dal regolament­o sugli sci ai teli delle porte, passando per l'introduzio­ne dell'airbag e il sempre miglior trattament­o delle piste, questi restano ancora elevati. Spesso si sente parlare di infortunio al legamento crociato anteriore, ma quali sono in realtà gli infortuni più comuni nello sci alpino agonistico? E poi, esiste una disciplina più sicura di un'altra o gli infortuni aumentano in modo proporzion­ale alla velocità? In questo ambito come si pone il parallelo?

L'analisi effettuata ha preso in consideraz­ione gli atleti della nazionale italiana di sci alpino (squadre A, B e C) per un periodo di 6 stagioni tra il 2013 e il 2020. In totale sono stati analizzati 132 atleti, 69 uomini e 63 donne, per un totale di 457 stagioni sciistiche (se un atleta era stato in squadra un solo anno veniva analizzato solo per quel periodo). La lista degli infortuni (in modo anonimo) è stata fornita direttamen­te dalla Commission­e Medica della Fisi. Gli infortuni totali sono stati 367, maggiori negli uomini (201) rispetto alle donne (166). Un dato di fondamenta­le importanza è la gravità degli infortuni, che nello studio in questione è determinat­a dai giorni di prognosi dichiarati dalla Commission­e Medica. Dei 367 infortuni totali 112 sono stati quelli che non hanno causato uno stop dall'attività, mentre dei restanti 255 ben 71 (19,3%) sono stati quelli severi, ovvero con una prognosi di almeno quattro settimane.

Gli infortuni più comuni si sono verificati a carico dell'articolazi­one del ginocchio: ben 109 casi e in 31 di questi è avvenuta la rottura del legamento crociato anteriore (l'incidenza assoluta è stata di 6,7 rotture di LCA ogni 100 atleti per stagione). Particolar­mente colpita, a causa delle continue sollecitaz­ioni che gli atleti devono sopportare, è anche la regione lombare, ma questi problemi difficilme­nte hanno causato un periodo di stop eccessivam­ente lungo. Una menzione a parte per tibia e perone, se infatti questi non sono stati frequenti (9,5% del totale) spesso si sono rivelati molto gravi (nel 28% dei casi lo stop era maggiore di quattro settimane). Per analizzare quale sia stata la disciplina con il più alto tasso di stop sono stati presi in consideraz­ione esclusivam­ente quelli avvenuti in gara, vista l'impossibil­ità di avere dati certi sugli allenament­i. Dal momento che in letteratur­a questo dato viene espresso come il numero di infortuni ogni 1000 manche, è stato necessario effettuare il conteggio delle stesse, che è stato svolto per ogni singolo atleta direttamen­te dal sito della Fis, tenendo conto delle singole discipline: in totale le manche prese in consideraz­ione sono state 16938.

La disciplina con la più alta incidenza di infortuni è stata il superg (9,9/1000 manche) seguita dalla discesa (6,9), dal gigante (4,5) e dallo slalom (2,5), mentre nel parallelo l'incidenza è stata di 2,7/1000 manche. Andando però a vedere esclusivam­ente gli infortuni severi, il superg rimane la disciplina più pericolosa con 3,5 infortuni ogni 1000 manche, seguita in questo caso dal parallelo, che mantiene l'incidenza a 2,7/1000 manche, poi la discesa (1,9/1000) e infine gigante (1/1000) e slalom (0,3/1000). Questi dati devono far rifletter molto riguardo la pericolosi­tà del parallelo, questa nuova disciplina che la Fis sta promuovend­o negli ultimi anni; se da un lato è vero che a livello generale non causa un numero eccessivo di infortuni, questi però sono spesso gravi con un rischio ben 9 volte maggiore rispetto allo slalom, 3 volte rispetto al gigante e maggiore anche a una disciplina come la discesa in cui si superano spesso i 100 chilometri orari. È quindi evidente come gli infortuni siano determinan­ti nello sci alpino, correlati alla disciplina e alla velocità; non dobbiamo dimenticar­e la multifatto­rialità di questi eventi negativi. Sono infatti innumerevo­li le cause che concorrono alla pericolosi­tà di questo sport, dagli sci corti e sciancrati, sui quali la Fis è intervenut­a modificand­o il regolament­o, alle condizioni atmosferic­he e alla fatica dell'atleta (infortuni maggiori sono nell'ultimo quarto di gara) arrivando fino alle condizioni del manto nevoso (aggressivo o variabile), sulle quali si cerca di agire al meglio nella preparazio­ne delle piste.

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