“BACALÀ” ALLA VICENTINA (VICENZA)
PER 12 PERSONE
1 kg di stoccafisso già battutto e ammollato (bacalà) - 250 g di cipolle - 1/2 spicchio d’aglio 1/2 l d’olio extravergine d’oliva 4 sarde sotto sale - latte - farina - 50 di grana grattugiato 1 ciuffo di prezzemolo - sale - pepe
l 1 Pulite il bacalà, levate circa metà della pelle, apritelo, togliete le lische e tagliatelo a tocchetti piccoli. l 2 In un tegame, fate scaldare l’olio e fatevi rosolare le cipolle e l’aglio affettati; aggiungete le sarde dissalate e diliscate a pezzetti; spegnete e aggiungete il prezzemolo tritato. l 3 Infarinate i tocchetti di baccalà, bagnateli nel soffritto preparato, poi disponeteli uno accanto all’altro in una pirofila. Versate sul pesce il soffritto rimasto facendo in modo che si distribuisca anche sul fondo della pirofila; aggiungete il latte fino a quando il pesce risulta coperto in modo uniforme, poi spolverizzate con il grana grattugiato. Salate e pepate. Cuocete a fuoco basso per circa 4 ore e mezzo, muovendo ogni tanto il recipiente in senso rotatorio, senza mescolare, fino a quando il pesce risulta sfaldato in piccoli pezzi e diventa cremoso. Servite, se vi piace, con la polenta.
MEDIA
Preparazione 40 minuti Cottura 5 ore l 315 cal/porzione Ma non basta, perché questi pesci sono anche perfettamente conservabili e trasportabili: caratteristiche salienti in un’epoca in cui la deperibilità e il trasporto degli alimenti erano problemi quotidiani. Sappiamo poi che, prima di lasciare quelle gelide terre, il comandante Quirini riceve “una focaccia, tre grandi pani di segale e sessanta stoccafissi - scrive ancora Carla Coco - È assolutamente verosimile pensare che qualcuno dei sessanta stoccafissi sia giunto a Venezia”.
Ma a cosa è dovuta la notorietà che lo ha accompagnato fino a oggi? A garantire la celebrità al merluzzo sarà, circa un secolo dopo, il Concilio di Trento, stabilendo le regole di digiuno e i cibi da includere nella nozione di “magro”. Questo insieme di norme poté più di qualsiasi campagna pubblicitaria nello sviluppo del consumo di pesce in tutta l’italia e dunque anche in Veneto. I cuochi dell’epoca iniziarono a codificare le ricette a base di pesce per i giorni in cui era proibito mangiare carne e grassi animali: ce lo raccontano Massimo Montanari e Alberto Capatti nel libro “La cucina Italiana. Storia di una cultura”, a proposito di Bartolomeo Scappi, celebre cuoco di papa San Pio V e autore del più grande trattato di cucina di quei tempi, che elenca nell’apposita sezione dedicata alle ricette di pesce molteplici preparazioni a base di stoccafisso, definendolo “merluccia”. Torniamo a Venezia, dunque, che oltre ad aver fatto del baccalà una colonna portante della sua cucina di pesce, come nel caso del Baccalà alla Cappuccina, ha contagiato con l’uso del merluzzo essiccato o salato le aree circostanti.
Nella Marca Trevigiana se ne fanno polpette con la mollica di pane e il prezzemolo; nel Polesine il baccalà viene arrotolato insieme alle acciughe e aromi; nella zona di Bassano del Grappa, invece, con il baccalà (che è sempre in verità lo stoccafisso) si prepara un gustoso pasticcio di cui si legge nel ricettario casalingo della famiglia dell’ammiraglio Zarpellon: “Sto piato tradissional de la cusina bassanese, el ga l’andà de essar na… fantasia de’l nostro venessianissimo bacalà mantecato”. Anche il celeberrimo baccalà alla vicentina è in realtà uno stoccafisso; la sua ricetta trabocca di storia al punto che esiste una “Confraternita del Bacalà alla Vicentina” (vedi a pagina 102) che si impegna a tutelarne e tramandarne l’autenticità. Non manca nemmeno in questo caso un corto circuito linguistico: il “bacalà” a Vicenza è lo stoccafisso, mentre il “baccalà”, scritto con due “c”, è proprio il baccalà. Più facile a mangiarsi che a dirsi.