Finocchiona
TIPICAMENTE TOSCANA, HA CARATTERE PUNGENTE E CONSISTENZA MORBIDA. CON UN GUSTO DECISO, SPEZIATO E AROMATICO
È una delle più giovani Igp italiane (aprile 2015) ma anche uno dei salami più antichi del nostro Paese: la finocchiona è documentata già nel Medioevo nel Chianti fiorentino e da allora non è mai mancata sulle tavole dei fiorentini, degli aretini, di senesi e lucchesi. Oggi, sotto la supervisione del Consorzio di tutela (finocchionaigp.it), viene prodotta in tutta la Toscana, di cui è probabilmente l’insaccato più tipico: per gli ingredienti ma anche per il suo carattere pungente e schietto.
La finocchiona è frutto di due materie prime prettamente locali: la carne di maiale, utilizzata in norcineria dai tempi di Etruschi e Latini, e il finocchio selvatico, che per secoli ha rappresentato il surrogato locale e a basso prezzo del più esotico e pregiato pepe. Tanto da venir usato non solo per conservare gli insaccati ma anche per coprirne gli eventuali difetti: da qui il termine “infinocchiare” che usiamo ancora oggi. La finocchiona Igp dei nostri giorni non è molto diversa da quella di allora, poiché il processo di produzione è rimasto sostanzialmente lo stesso. Si parte dalla carne fresca di suini pesanti di genealogia italiana, anche di cinta senese. I diversi tagli (in particolare spalla, rifilature del prosciutto, gola, pancetta e pancettona) vengono rifilati e macinati a grana media, per essere poi impastati con sale, pepe, aglio, semi o fiori di finocchio. Alcuni produttori aggiungono anche vino rosso, com’è tradizione. L’impasto è poi insaccato nel budello, con una legatura fatta a mano. La finocchiona viene ricoperta con una miscela di sugna, pepe e farina di riso (che rimarrà come un velo bianco sul salume) e lasciata asciugare per 7-10 giorni. Segue una breve stagionatura (15-45 giorni).