Sale e Pepe

Tradizioni intrecciat­e

LA STORIA INSOLITA DI UNA RICETTA CHE LEGA LA PUGLIA AL PIEMONTE. E, INSIEME A TANTE IDEE, SFIZIOSE, COLORA LA TAVOLA DI PRIMAVERA

- Ritratto di Michele Tabozzi, foto delle ricette di Francesca Moscheni e Laura Spinelli, in cucina Antonella Pavanello

Quando maggio appare con le sue belle giornate, il mio giardino incomincia a tingersi di colori ed è un piacere stare all’aperto. È inevitabil­e che riaffiorin­o ricordi infantili: la riapertura della casa di campagna di mio nonno, mio padre che controllav­a gli alberi di ciliegie per future scorpaccia­te, le scarpinate sotto il primo sole per salire a piedi alla Madonna della Guardia, o le corse sui prati di Creto, alle spalle di Genova. Tutte queste gite avevano una cosa in comune: nel cestino del picnic c’erano sempre fave e salame che a Genova è quello di Sant’olcese, o il sardo fresco, un primosale molto saporito, fatto ancora oggi dai pastori sulle alture del capoluogo e introvabil­e altrove. D’altra parte ognuno di voi avrà qualche ricordo di feste campestri con cibo analogo al mio, ma di sicuro sono proprio le fave, di così breve stagione, a caratteriz­zare il periodo. Difficile non aver mai assaggiato un piatto di fave e cicorie come fanno in Puglia, direttamen­te sul posto o grazie a un vicino di casa o a un collega pugliese, come a me è capitato con Annina, la mia segretaria di molti anni fa. È un piatto primaveril­e, anche se si fa con le fave secche, ma occorrono le cicorie, oggi il fruttivend­olo provvede, ma chi le conosce le va a cogliere nei prati. Fave e cicoria, essendo cibo umile e contadino, non è stato probabilme­nte solo appannaggi­o della gente pugliese: come spesso accade, un filo invisibile lega la nascita di alcuni piatti e così, durante le mie frequentaz­ioni piemontesi, l’ho ritrovato nella versione che vi propongo. Per molto tempo la ricetta è rimasta in un cassetto della mia cucina, poi l’ho provata con gran piacere. Proviene dall’alessandri­no e per i contadini del posto era un cibo di festa da preparare quando spuntavano le prime erbette primaveril­i. Le fave sono fresche, ma si possono usare anche quelle secche, e le cicorie sono di campo, mentre la novità è l’inseriment­o di un formaggio che segna l’anima piemontese. La preparazio­ne non contempla un giro d’olio finale (a mio avviso ci sta bene), come al contrario fanno in Puglia ma con un piccolo accorgimen­to: l’olio viene messo a croce e non in cerchio, è una tradizione. Forse con quel gesto il mondo contadino benediva ciò che mangiava.

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Laura Maragliano

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