Caviale dove non te l'aspetti
In Lombardia virtuose realtà locali hanno rilanciato la produzione delle pregiate uova di storione
Cosa c'è, nell’immaginario collettivo, di più prezioso e seducente di una portata a base di caviale? Raffinate e gustose, queste piccole perle color lavagna, si possono definire tali solo se estratte dallo storione, pesce che appartiene al genere Acipenser, rimasto pressoché immutato negli ultimi 200 milioni di anni. I biologi lo definiscono "pesce anadromo", cioè che vive in mare, ma risale i fiumi per riprodursi. Infatti lo storione è stato presente nel Po (ma anche nel Tevere) fino a quando le dighe ne hanno impedito la risalita (e l’inquinamento ne ha pregiudicato le sorti). In altre parti del mondo, come nel Mar Caspio, la pesca indiscriminata ne ha ridotto drasticamente la quantità, tanto che lo storione è stato dichiarato una specie protetta a livello internazionale. Di conseguenza il caviale proveniente da animali selvaggi è praticamente inesistente. L’acquacoltura ha contribuito a sopperire la mancanza di caviale selvaggio e l’italia è sul podio delle nazioni che allevano lo storione per trarne uova. Tra le 24 maggiori specie di Acipenser, gli amanti del caviale si sono concentrati secondo tradizione su Huso huso e Gueldenstaedtii (da cui si ricava rispettivamente caviale beluga e osetra), e le specie Persicus e Stellatus, dai quali si trae il sevruga. Gli esperti li sanno distinguere per dimensione, colore e sapore. La regola aurea per un prodotto eccellente è evitare l'aggiunta eccessiva di sale per la conservazione.
"Anche in Italia, ci si avvale di maestri salatori, spesso d’origine iraniana, che sanno dosare questo ingrediente", spiega Matteo Giovannini titolare di Salmo Pan a Pandino (CR). Qui dal 2012, è ripresa la produzione di caviale naccarii, una varietà che prende il nome dall’omonimo storione che abitava i fiumi italiani". Un’altra capitale del caviale italiano è Calvisano, al centro della pianura bresciana. Agroittica Lombarda è il maggiore allevamento di storioni in Europa, dove si produce la più grande varietà di caviali al mondo. Le origini di Agroittica Lombarda risalgono agli anni '70, quando i soci di un’acciaieria intuirono la possibilità di sfruttare il calore residuo della produzione dell’acciaio per ottimizzare l’allevamento ittico. “Ancora oggi l’integrazione tra industria, allevamento ittico e agricoltura circostante costituisce un modello ideale di utilizzo responsabile delle risorse idriche e dell’energia” rimarca Giovanni Pasini, il presidente della società. Agroittica Lombarda vende all’estero quasi il 90% delle 30 tonnellate di caviale prodotte ed è nota per avere raggiunto il primato mondiale nel 2007. La vocazione sperimentale dell’azienda bresciana nell’allevamento di storione ha introdotto la crescita in cattività dell’acipenser transmontanus (lo storione bianco), acclimatatosi bene alle acque pure delle risorgive. In verità, la tradizione culinaria legata al caviale risale al Rinacimento, presso la corte di Ferrara: una prima citazione sulla preparazione compare nel 1549 nel Libro Novo di Cristoforo di Messisbugo, cuoco degli Estensi, che indica la cottura come metodo di conservazione delle uova". Di quelle righe è missionaria Maria Cristina Maresi nella sua elegante guest house Le Occare, nella campagna Ferrarese.
Nel 2009 il caso ha voluto che Maria Cristina incontrasse Giuseppina Bottoni, un'elegante signora ferrarese che conosceva l’arte di conservare il caviale secondo le istruzioni di Benvenuta Ascoli; quest'ultima, proprietaria di un negozio di gastronomia a Ferrara negli anni '40, seguiva il metodo di conservazione del caviale in voga nel Rinascimento. "Da quegli incontri è nata una passione per il caviale, che mi ha spinto ad approfondirne la storia", spiega Maria Cristina. Secondo il cuoco di corte degli Estensi, infatti, le uova di storione devono essere lasciate sotto sale per una notte e messe in un forno “honestamente caldo” per un periodo di tempo “di due Paternostri” ed eseguendo l’operazione di cottura sino a quando “non schiopperanno sotto il dente”, momento in cui si potranno conservare sottolio “per uno anno o due”. “Le uova di storione sono delicate, se si sbaglia temperatura si rischia di rovinarle", spiega. Insomma, accomodarsi a un tavolo de Le Occare è come assaporare un po' di storia.