La mia dentista lascia sempre che della rimozione del tartaro e dello sbiancamento si occupi l’assistente alla poltrona,
che peraltro è molto brava. Ma può farlo?”
Bianca, Trieste
«No: l’assistente alla poltrona dell’odontoiatra non può effettuare l’ablazione del tartaro e la lucidatura delle arcate dentarie, ma neppure ispezionare il cavo orale o rilevare le impronte dentarie del paziente. Se lo fa, si rende responsabile del delitto di esercizio abusivo della professione», risponde Salvatore Frattallone, avvocato del Foro di Padova. «Il reato sussiste anche se l’assistente effettua tali manovre in presenza del titolare dello studio medico-dentistico che risponde, quale concorrente del delitto, dello stesso reato.
Solo un medico odontoiatra può effettuare manovre strumentali sui denti di un paziente. La rimozione del tartaro e lo sbiancamento, invece, possono essere effettuati legittimamente anche da un igienista dentale: è un professionista abilitato che ha conseguito una laurea triennale in igiene dentale, per il quale è previsto anche un esame finale universitario, e ha quindi le carte in regola per metterti “le mani in bocca”».
«Sì, perché il ritardo con cui ti è stato comunicato l’esito della villocentesi ha leso il tuo diritto all’autodeterminazione e ti ha impedito di scegliere se interrompere la gravidanza», risponde Paola Tuillier, avvocato del Foro di Roma. «Superati i 90 giorni di gestazione, infatti, per legge la donna può richiedere di accedere ugualmente all’aborto terapeutico, ma solo se la gravidanza, il parto o le malformazioni da cui è affetto il feto, comportano un grave pericolo per la sua vita. La lesione del tuo diritto all’autodeterminazione è stata riconosciuta anche dalla Corte Suprema (cassazione, sez. III, sentenza 31.3.2015 n. 6440) e puoi quindi avviare un’azione legale nel confronti del medico che ha effettuato l’esame per la diagnosi prenatale, e anche nei confronti della struttura sanitaria in cui questo opera. Al piccolo, nato disabile, non viene invece riconosciuto nessun danno, neppure sotto il profilo dell’interesse ad avere un ambiente familiare preparato e accogliente, perché l’ordinamento non tutela il “diritto a nascere se non sano”».