Vorrei fare la spesa con un algoritmo
Qualche giorno fa, la Coldiretti ha reso pubblica la blacklist dei cibi più pericolosi. E tutti noi abbiamo guardato con terrore nella nostra dispensa. Io ci ho trovato la curcuma indiana, che compare addirittura sul podio della pericolosità, poiché spesso contiene tracce di pesticidi sopra i limiti. Della frutta e verdura che riempiono i cassetti del mio frigo non conosco la provenienza, ma potrebbero arrivare dalla Turchia o dall’Egitto, anch’essi non a norma per i pesticidi. E chissà, probabilmente anche il pesce che mangerò stasera proviene dalla Spagna, sotto accusa per il contenuto fuori norma di metalli pesanti.
Insomma, uno sostituisce il sale con la curcuma per tenere a bada l’ipertensione, mangia cinque porzioni di frutta e verdura al giorno per seguire la dieta mediterranea e tanto tanto pesce per fare incetta di Omega 3, ma poi? Poi c’è da stare attenti alla filiera, perché non è detto che tutto ciò che fa bene sia anche buono. A ciò si aggiunge l’attenzione alla sostenibilità. Sempre più persone vorrebbero mangiare in modo da rispettare i ritmi biologici della natura, senza danneggiare l’ambiente, come rivela un sondaggio di Greenpeace a pag. 20.
Ci vorrebbe un algoritmo che tenga in considerazione tutto ciò quando si fa la spesa. Ma purtroppo non esiste. Così come non esiste un bollino di qualità unico, che ci garantisca di acquistare cibi-bingo, che fanno bene alla forma, alla salute e all’ambiente. Non ci rimane che affidarci alla corretta informazione e alla consapevolezza che ne deriva.