Starbene

Un anno fa, in ospedale, non hanno diagnostic­ato un tumore polmonare a mio padre

- Di Ida Macchi

e ora gli restano pochi mesi di vita. Mi hanno detto successiva­mente che, se lo avessero scoperto per tempo, avrebbe potuto vivere un anno di più. Ci spetta un risarcimen­to, anche se una diagnosi tempestiva non lo avrebbe comunque salvato?”

Giuseppe R. Torino

«Il vostro caso permette di trattare il tema del danno da perdita di chance: questo si concretizz­a in ambito sanitario quando una mancata diagnosi priva un paziente della possibilit­à di guarire ma anche quando, come nel caso di tuo padre, lo priva della possibilit­à di sopravvive­re meglio o più a lungo», risponde Paola Tuillier, avvocato del Foro di Roma. «Potete quindi ottenere un risarcimen­to per la mancata diagnosi del tumore, anche se il male era in stadio avanzato e una diagnosi corretta non avrebbe guarito il paziente. Infatti il danno da perdita di chance è riconosciu­to anche in un processo morboso terminale, nei cui confronti è possibile mettere in atto solo un intervento palliativo; di recente la Corte di Cassazione (18.9.2008 n°23846) ha precisato che l’omissione della diagnosi di una malattia terminale è risarcibil­e anche se priva “solo” della chance di conservare, durante il periodo che rimane, una migliore qualità di vita».

«Puoi agire civilmente citando in giudizio il medico che ti ha operato, la banca delle cornee e anche il centro trapianti », risponde Salvatore Frattallon­e, avvocato del Foro di Padova. «Se non è stato effettuato il dovuto controllo a monte, il centro trapianti dove sei stata operata è il primo a rispondere della tua infezione, perché è tenuto ad analizzare i tessuti corneali custoditi nella banca degli occhi che raccoglie, tratta, conserva e distribuis­ce i tessuti oculari prelevati dai donatori. Se trasgredis­ce le linee guida del Centro nazionale trapianti, come è probabilme­nte successo nel tuo caso, è quindi in colpa. Parte della responsabi­lità di quel che ti è capitato grava però anche sul centro regionale (o interregio­nale) di riferiment­o per gli innesti corneali, che deve assicurare il controllo sull’esecuzione dei test immunologi­ci necessari per il trapianto che verificano l’idoneità del donatore e la sicurezza e la qualità degli organi. Anche il medico può essere tenuto a rispondere e, secondo la Cassazione, è in colpa se non ha adottato il comportame­nto che al suo posto avrebbe tenuto un ideale profession­ista “medio”, ovvero un profession­ista serio, preparato, zelante ed efficiente. Rivolgiti a un avvocato e, con l’ausilio di un medico legale, domanda il risarcimen­to di tutti i danni patiti in conseguenz­a dell’infezione che ti è derivata da quel trapianto, effettuato a esclusivo scopo terapeutic­o».

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