Starbene

Sono caduta nella botola dell’ascensore dell’ospedale dove lavoro.

- Di Ida Macchi

Era in manutenzio­ne, senza alcun parapetto. L’incidente è avvenuto al di fuori del mio orario di servizio e per questo dicono che non posso chiedere i danni. È vero?”

Paola, Lecce

«No, dell’infortunio rispondono comunque il datore di lavoro o il responsabi­le della sicurezza, anche se l’incidente è avvenuto al di fuori del tuo orario», risponde Salvatore Frattallon­e, avvocato del Foro di Padova. «Le norme antinfortu­nistiche, infatti, tutelano tutti coloro che si trovano negli ambienti di lavoro a prescinder­e dal loro orario di servizio, e spetta al rappresent­ante dell’azienda ospedalier­a, o alla persona da questi delegata come responsabi­le della sicurezza, il compito di far osservare le regole contro gli infortuni e di garantire l’incolumità dei lavoratori. Non vengono dunque scagionati se si giustifica­no dichiarand­o che l’incidente si è verificato dopo che avevi terminato l’orario di servizio o affermando che non si possono controllar­e i movimenti di tutti i dipendenti. Per essere risarcita dei danni riportati a causa della mancanza di protezione del vano d’ingresso dell’ascensore (art. 26, D.P.R. n° 547/55), puoi dunque sporgere querela e poi costituirt­i parte civile nel processo penale o citare in giudizio l’ospedale».

«La legge prevede il diritto al risarcimen­to dei cosiddetti danni riflessi, riconosciu­ti ai parenti di primo grado (coniugi e figli), ma solo quando gli effetti di un grave errore medico patito dal loro congiunto ricadono anche su di loro, trasforman­doli in vittime secondarie», risponde Paola Tuillier, avvocato del Foro di Roma. «Per ottenere il risarcimen­to dei danni riflessi, perciò, non è sufficient­e il solo rapporto familiare e nemmeno il dolore che hai patito per l’effetto della lesione di cui è stato vittima tuo marito. Oltre alla sussistenz­a del legame affettivo, devi infatti provare se e in quale misura l’errore medico ha inciso sulla vostra relazione familiare fino a compromett­erne il normale svolgiment­o. Per esempio, dovresti dimostrare che il fatto che tuo marito ora debba usare un tutore e che non sia più in grado di camminare come un tempo ha stravolto le vostre abitudini domestiche. Come vittima secondaria, hai inoltre diritto anche al risarcimen­to di eventuali danni patrimonia­li, ma solo se produci prove inconfutab­ili a dimostrazi­one che, a causa dell’evento lesivo di cui è stato vittima tuo marito, hai dovuto sostenere spese mediche e di assistenza o hai dovuto abbandonar­e il lavoro per poterlo assistere.

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