SIAMO IL NOSTRO NOME
È sinonimo di identità e influenza la crescita. Se a tuo figlio il suo non piace, aiutalo così
“Il tuo nome è la tua essenza”, sosteneva lo psicoanalista Karl Gustav Jung. Mai affermazione è stata più vera perché grazie a esso veniamo chiamati, riconosciuti, caratterizzati. In positivo o in negativo. «Attribuendo un nome a un figlio, gli diamo il permesso di esistere e di vedere affermata la propria individualità», conferma Giuseppina Mura, psicoterapeuta e analista. «Infatti, il nome è l’estensione vocale dell’identità ed esercita un’influenza diretta sulla formazione della personalità e sulle scelte di vita».
È UN PROGETTO ESISTENZIALE
«Il nome può portare con sé un copione che affidiamo al bambino, talvolta anche senza volerlo», prosegue l’esperta. Per esempio, è il caso dei nomi beneaugurali (Benedetta, Letizia, Felice...) che infondono sicurezza e fanno sentire desiderati, o di quelli storici o ideologici (Michelangelo, ecc.) che possono spingere a un’identificazione e, quindi, essere vissuti come una pressione a raggiungere traguardi molto ambiziosi. Poi, ci sono quelli che contengono un’eredità pesante (il nome del nonno, per esempio) o quelli eccessivamente strani che sembrano imporre al bambino l’obbligo di distinguersi a ogni costo. «L’eccesso di originalità può compromettere l’autostima del bambino», avvisa la dottoressa Mura. «Che potrebbe non sentirsi mai all’altezza delle aspettative dei genitori. Al contrario, il bimbo che porta un nome alla moda o comune (adesso vanno per la maggiore Francesco e Sofia) difficilmente si sentirà diverso o fuori luogo, anche se potrebbe avere la tendenza a omologarsi troppo».
COME PORTARLO BENE
Visto che ogni nome ha un effetto su chi lo porta, si dovrebbe insegnare a un figlio a portare il suo con orgoglio. Il filosofo Duccio Demetrio, fondatore della Libera Università d’Autobiografia di Anghiari ci insegna come trasmettergli questa sicurezza.
la scelta,
raccontando a tuo figlio come è avvenuta